Tre cose sulla ventinovesima giornata di Serie A

La sostanza della Lazio, la Roma in crisi, la grinta del Bologna.

Una Lazio formato Champions

Non più di un anno fa, la Lazio si lasciava sfuggire dalle mani una qualificazione in Champions che sembrava blindata, scavalcata dalla caparbietà dell’Inter. Ora, per tornare nell’Europa delle big, c’è ancora tanta strada da fare, ma la super prova dei biancocelesti al Meazza – una vittoria di sostanza e qualità – fa ben pensare per il prosieguo del campionato della Lazio. Al momento il quarto posto è lontano tre punti, ma virtualmente la Lazio potrebbe già averlo in tasca: ha una partita da recuperare, contro l’Udinese, e la versione deluxe vista a Milano è formazione capace di battere chiunque. Come al solito, a pagare per Inzaghi è stata la grande qualità in avanti: basti vedere l’azione del gol, con l’uscita palla al piede dalla propria trequarti che ha mandato in frantumi le linee di pressione avversarie e il delizioso assist di Luis Alberto per Milinkovic-Savic, finalmente tornato ai suoi livelli di eccellenza. Anche con la resa di Correa per problemi fisici, la Lazio ha continuato a spingere – già in vantaggio, Inzaghi ha inserito Caicedo: messaggio forte per la squadra – e, se il risultato non è stato più rotondo, il merito è stato di uno straordinario Handanovic. L’Inter non è stata assolutamente arrendevole e nella parte finale del match ha attaccato con grande intensità, ma la Lazio ha difeso con grande ordine, senza mai andare in crisi e alla fine rischiando molto poco: merito delle puntuali chiusure dei centrali – Acerbi invincibile nei duelli aerei – e di un monumentale Lucas Leiva – un vero trattato di intelligenza tattica applicato alla realtà. Da tre stagioni Inzaghi propone un calcio pratico e bello da vedere, ora è il momento di raccoglierne i frutti.

La Roma è crollata

La netta vittoria del Napoli all’Olimpico ha aggravato la crisi d’identità della Roma. Il punteggio finale è eloquente, ma non basta a restituire compiutamente la distanza percepita tra le due squadre in campo: quella di Ancelotti non ha disputato la miglior partita del suo campionato, soprattutto nel primo tempo gli azzurri sono apparsi slegati, distratti, spesso superficiali. Eppure hanno messo in crisi la difesa di Ranieri ad ogni accelerazione, e solo l’imprecisione degli attaccanti ha evitato che il risultato si chiudesse già nel primo tempo. La Roma è mancata nell’organizzazione di gioco, nelle individualità, ma la cosa più grave è che non si è avvertita una risposta emotiva alle difficoltà di una sfida decisiva per la corsa alla Champions. Il cambio in panchina avrebbe dovuto dare una scossa all’ambiente, invece la situazione sembra essersi evoluta in senso opposto: Ranieri non è (mai stato) un allenatore dal gioco sofisticato, è molto più bravo a lavorare sulla psiche, sulla motivazione dei suoi uomini, eppure i giocatori giallorossi sembrano svuotati, privi di stimoli, ed è un discorso tattico che incide direttamente sull’atteggiamento in campo. Uno scenario cui vanno aggiunte le cervellotiche scelte di formazione, ieri la Roma è scesa in campo con un 4-3-3 ibrido, con Schick esterno e Zaniolo in panchina. Le numerose assenze hanno condizionato le decisioni di Ranieri, ma la sensazione è che che manchi un reale progetto tecnico cui poter attingere nei momenti difficili. Mai come stavolta, la Champions sembra davvero lontana per i giallorossi.

La rinascita del Bologna

Sinisa Mihajlovic è arrivato al Bologna il 28 gennaio, allora i rossoblu avevano 14 punti in classifica. Otto partite dopo, i punti conquistati sono 27. Basterebbe questo dato a certificare il potere taumaturgico dell’allenatore serbo, ma la realtà è necessariamente più sfumata: il Bologna di Mihajlovic è una squadra più aggressiva e quindi anche più ambiziosa rispetto a quello di Inzaghi, gli acquisti di gennaio hanno aiutato a cambiare il volto dei felsinei, ma la sensazione è che non sia solo una questione tattica, ma di forza mentale, di attitudine proattiva rispetto alle difficoltà della lotta salvezza. La partita contro il Sassuolo è stata esplicativa, in questo senso: quattro uomini offensivi in campo dal primo minuto (Orsolini, Soriano e Sansone con Palacio), un vantaggio meritato e poi una risposta emotiva convincente dopo il pareggio degli avversari. Il gol decisivo è arrivato solo nel finale – tra l’altro con Destro, un calciatore da tempo emarginato dal progetto tecnico –, ma ha portato il Bologna alla terza vittoria consecutiva, difficile pensare che tutto questo possa essere un caso, soprattutto dopo aver registrato i progressi di gioco di una squadra che ha trovato una nuova identità. E che si ritrova fuori dalla zona retrocessione per la prima volta dopo sedici giornate.