Il futuro è di João Felix

La gemma più preziosa della nuova generazione di giocatori portoghesi.

C’è stato un momento, durante la partita d’andata dei quarti di Europa League tra Benfica e Eintracht Francoforte, in cui João Felix ha dimostrato di essere un giocatore “vero”. O, comunque, molto più del “solito” fenomeno da YouTube tutto skills e apparenza poi destinato a perdersi nei meandri del calcio contemporaneo, uno sport in cui gli spazi continuano a restringersi e il dilatarsi del rapporto tra azione e reazione fa tutta la differenza del mondo.

Al minuto 42′ del primo tempo, Franco Cervi, spostato sul centro-sinistra di spalle a una porta distante non più di 25 metri, riceve da Grimaldo un pallone che appoggia di prima all’accorrente João Felix. Il giovane trequartista del Benfica, però, ha letto male la copertura dello spazio da parte del compagno di squadra e si trova leggermente avanzato rispetto al punto di ricezione ideale: a quel punto il numero 79 effettua un contromovimento all’indietro per ricoordinarsi e mettersi in condizione di controllare e calciare di destro nello spazio di una frazione di secondo. La naturalezza e la velocità con cui avviene il tutto fa passare quasi in secondo piano la pulizia assoluta del gesto tecnico: tra il passaggio di Cervi e il pallone che si insacca, potente e preciso, alla destra di Trapp, non passano più di tre secondi. João Felix ha toccato la sfera appena due volte.

Un gol decisamente bello

Quello della velocità – di piede, di pensiero, di adattamento – è uno dei topos narrativi che meglio spiegano la brutale ascesa del nuovo fenomeno del calcio portoghese. Si tratta di un’estremizzazione di quel “bruciare le tappe” che pure sembra un’espressione fin troppo abusata quando si parla di grandi giocatori in potenza. Non è questo il caso: tra il suo primo gol con i professionisti (negli ultimi minuti del derby contro lo Sporting, alla sua terza presenza stagionale) e la tripletta contro l’Eintracht passano non più di otto mesi. Per dare una dimensione statistica alla precocità di João Felix: grazie ai tre gol realizzati una settimana fa al Da Luz grazie, è diventato il giocatore più giovane di sempre (19 anni e 152 giorni) a realizzare tre reti in una singola gara di Europa League, oltre che il secondo teenager a riuscirci nella storia della competizione dopo Marko Pjaca.

Prima e dopo la sfida all’Eintracht c’è una stagione in cui segna o fa segnare una rete ogni 104 minuti, tra realizzazioni personali (15) e assist vincenti (7), e in cui il “salto di categoria” sembra essere un concetto astratto o comunque non riferibile a un diciannovenne che, dopo la doppietta al Rio Ave ad inizio gennaio, risultava essere già il secondo miglior marcatore della squadra dopo Jonas e Seferovic. «A volte avverto chiaramente la velocità con cui tutto sta accadendo», ha detto João in una recente intervista a Marca. «La verità è che non ho ancora avuto il tempo di fermarmi e pensare a tutto quello che mi sta succedendo. Appena accade qualcosa arriva subito un’altra partita e quasi mi dimentico di quello che è stato poche ore prima». In pratica la leggerezza inconsapevole della gioventù al servizio della predestinazione di chi è già il centro di gravità permanente della sua squadra, che tra l’altro è una delle più importanti d’Europa.

Un saggio di qualità in velocità, assecondato bene dai compagni di squadra

«Nel calcio giovanile bisogna crescere in fretta» dichiarava a The Players’ Tribune due settimane dopo quella partita, anticipando quel suo essere sempre stato tecnicamente sovradimensionato che costituisce un altro caposaldo della sua narrazione. È una condizione che si percepisce guardando qualche video dei tempi in cui militava nelle squadre giovanili del Benfica o nella squadra B, con cui ha raggiunto la finale della Youth League nel 2017 (persa con il Salisburgo) e ha stabilito il record di giocatore più giovane ad aver segnato una tripletta nella seconda divisione portoghese, oltre che di più giovane marcatore in assoluto. Il tutto dopo aver esordito, non ancora diciassettenne, nel settembre 2016. Il passaggio in prima squadra non ha diminuito l’hype, piuttosto l’ha alimentato: l’impressione è sempre quella di trovarsi di fronte ad un giocatore superiore o, comunque, appartenente alla categoria immediatamente successiva a quella di riferimento. Un “nato pronto” per definizione, un uomo tra i bambini lui che di un bambino ha le fattezze fisiche e la spensieratezza nel modo di stare in campo e al mondo: «Crescendo come uomo e come giocatore mi sono progressivamente reso conto di ciò che ho sempre amato: avere la palla tra i piedi e giocare un calcio bello e felice. Ed è quando lo faccio che sono al mio meglio, che sono io».

Dal punto di vista strettamente tecnico, João Felix aderisce perfettamente alla multidimensionalità tipica dei giocatori offensivi moderni, una condizione che li rende difficilmente inquadrabili non solo in un ruolo ben definito ma anche all’interno di un gioco preciso: la controintuitività delle giocate e la capacità di pensare e agire costantemente in verticale porterebbero ad accostarlo naturalmente a Rui Costa;  la capacità di svariare sull’intera trequarti partendo dall’ormai celebre zona 14, avrebbero in Bernardo Silva un modello di riferimento nel calcio contemporaneo. Tuttavia l’elasticità nella corsa in progressione, il tocco di palla in conduzione come espressione di tecnica in velocità e la facilità di calcio con entrambi i piedi, fanno di João Felix un naturale epigono del Kakà prima maniera. Valga, comunque, ciò che a suo tempo disse Hélder Cristóvão, allenatore della seconda squadra del Benfica, passato dal 4-2-3-1 al 4-3-1-2 perché «João Felix ha bisogno di giocare dove si sente a suo agio, dove posso usare la sua creatività».

João tira bene anche di sinistro

Tuttavia quel futuro nel calcio ad alti livelli che adesso sembra facilmente pronosticabile dovrà passare per uno sviluppo fisico e mentale del suo gioco (diminuendo la naturale istintività per aumentare l’efficacia), per un lavoro costante sulla struttura muscolare (in modo da evitare  gli stessi equivoci che spinsero il Porto a scartarlo quando non aveva ancora compiuto dieci anni), per la scelta del contesto tecnico e tattico adeguato alle proprie caratteristiche quando si tratterà di fare il grande salto. In pratica ciò che attende anche gli altri membri della promettentissima classe ’99 del calcio portoghese – vincitrice degli Europei Under-17 del 2016 e Under-19 del 2018, e che comprende tra gli altri Trincão, Gedson, Diogo Dalot, Rafael Leão e Diogo Leite – di cui João Felix è certamente l’esponente più iconico, riconosciuto e riconoscibile. Dopo la prima convocazione, a marzo, il prossimo passo sarà l’approdo in Nazionale. Poi si tratterà di capire fino a che punto – nel senso di cifra da investire per il suo cartellino – le big europee saranno disposte a spingersi per assicurarselo. Del resto, quella clausola da 120 milioni parla chiaro. Eppure nessuno sembra spaventato all’idea: proprio come João Felix, il “nato pronto” che si è preso il Benfica in meno di una stagione.