Niki Lauda sapeva di non essere una persona normale

Ed è proprio questa, forse, la vera forza del suo mito.

Niki Lauda era una persona consapevole, nel senso che conosceva se stesso e quindi era in grado di spiegare e raccontare il mondo in cui viveva, le persone che ne facevano parte. Nel giorno della sua morte, una delle cose più interessanti da fare è cercare di ricostruire e quantificare l’impatto reale della sua figura sulla Formula 1, sulla storia dello sport. E allora conoscere e approfondire questo aspetto della consapevolezza diventa fondamentale, perché serve a decifrare meglio il pilota, l’uomo.

In un’intervista rilasciata nel 2017, Lauda spiegava che la sua vita non era cambiata dopo l’incidente al Nürburgring (1 agosto 1976), anzi più che altro aveva avuto una conferma: «Ho vissuto bene prima e dopo l’incidente, semplicemente mi manca un orecchio. È una cosa che fa parte ogni giorno della mia vita, ma non per questo mi sento un eroe o una persona speciale. La Formula 1 è sempre stata interessante perché c’erano alcuni ragazzi che sapevano di essere diversi dalle persone normali, e che hanno deliberatamente preso questo rischio. Subito dopo l’incidente ero di buon umore perché sono sopravvissuto, sono tornato a correre perché ho capito che ero ancora disposto a correre determinati pericoli». Lauda è tornato alla guida della sua Ferrari per il Gran Premio di Monza del 12 settembre 1976. 42 giorni dopo l’incidente.

 

Jochen Mass è un ex pilota tedesco, duellava con Lauda, nel 1976 era la seconda guida della McLaren, condivideva il box con James Hunt. Rispetto a quella stagione ha le idee chiare: «Durante tutto il campionato si percepiva una sorta di pseudo-intensità, che è rimasta a far parte del carattere della Formula 1. Non è sempre presente, ma la si può creare rendendo le cose più importanti di quello che realmente sono. È questo il business dello spettacolo». È una conferma delle parole di Lauda, siamo di fronte a una concezione di sport e intrattenimento davvero particolare, viene da dire ultramoderna, postmoderna, eppure caratteristica di una generazione di piloti più antica, come se Lauda e i suoi rivali fossero proiettati in avanti nel tempo. In realtà Lauda-pilota sembrava ragionare in maniera diversa da Lauda-uomo, è una condizione evidente se leggi le sue parole, la sua storia. Proprio prima del Gran Premio del Nürburgring 1976, votò perché non si corresse su quella pista bagnata dalla pioggia, allora il circuito era lungo 22 km ed era un susseguirsi ininterrotto di curve, una situazione francamente ingestibile dal punto di vista della sicurezza. Gli altri piloti votarono contro questa mozione e la corsa ebbe luogo normalmente. Lo stesso Lauda, molti anni dopo, spiegò che il suo incidente era stato addirittura necessario: «Se le auto fossero state come oggi, la mia macchina non sarebbe mai andata in fiamme, non mi sarebbe successo nulla. Grazie a Dio, questo è lo sviluppo della Formula Uno». Sembra una posizione ragionevole.

La vita e le parole di Lauda sembrano incoerenti, in realtà non è così, mantengono la stessa linea. È una questione di convivenza forzata, da una parte c’è il mondo normale, dall’altra ci sono le corse, le macchine, le persone che vivono una vita disgiunta, che non può essere normale. Nel 2017, infatti, Lauda fu uno dei più forti oppositori del dispositivo di sicurezza Halo – una barra curva posta a protezione della testa del pilota, diventata obbligatoria in Formula 1 a partire dal 2018. Disse che si trattava di «un passo indietro, perché i rischi sono già bassissimi rispetto al passato», e che i piloti «devono sapere che il loro mestiere comporta un pericolo altissimo, il fascino è proprio questo, governare delle macchine velocissime e quindi pericolose, la sicurezza è solo un’illusione, andando avanti in questo modo distruggeremo il mito della Formula 1». È un concetto semplice eppure crudo, terribile se ci pensi, è una visione che sembra fuori tempo ma che forse descrive il vero Lauda, contraddittorio eppure pienamente consapevole, definisce il suo mito, che gli è sopravvissuto e continuerà a esistere.