Il Liverpool ha trovato i terzini perfetti

Robertson e Alexander-Arnold hanno esaltato il gioco di Klopp, e viceversa.

Le chiavi di lettura utili a spiegare la straordinaria stagione del Liverpool – 97 punti in Premier e seconda finale di Champions  consecutiva – sono numerose e di vario genere. Un mercato dispendioso che in un anno e mezzo ha accresciuto il valore assoluto della rosa; la consapevolezza crescente di trovarsi nel bel mezzo del ciclo giusto per riportare un grande trofeo ad Anfield; la marcata continuità del progetto tecnico, in antitesi alle rivoluzioni in casa di gran parte delle rivali; soprattutto, la valorizzazione di un gruppo di calciatori che ha raggiunto sotto la guida di Jürgen Klopp il proprio zenit professionale. È il caso di Van Dijk – eletto giocatore dell’anno dalla PFA – e di Fabinho, di Milner e di Firmino, nonché della coppia di capocannonieri Salah-Mane. Frutti, prima che di una modellazione diretta da parte del tecnico, della sua capacità di adattare i principi ai giocatori e, nella direzione inversa, i giocatori alla sua mentalità.

 

Tra i singoli che più hanno tratto beneficio dall’immersione nel contesto Liverpool, oltre a quelli già elencati, emergono due nomi su tutti, quelli dei terzini: Andrew Robertson da un lato e Trent Alexander-Arnold dall’altro. Il primo, prelevato due anni fa dai Reds, via Hull City, per appena otto milioni di sterline, ha disputato una stagione di altissimo livello, giocando quasi tutte le gare a disposizione nello slot di esterno sinistro di difesa; il secondo, cresciuto nel settore giovanile del Liverpool e già parte della rosa dello scorso anno, si è confermato come uno degli interpreti più talentuosi del calcio europeo nel ruolo di laterale basso a destra. In Inghilterra e non solo si è parlato molto di loro negli ultimi mesi, ossia da quando – all’incirca tra dicembre e gennaio – hanno iniziato la folle corsa che li ha portati al record di assist per una coppia di terzini nella storia della Premier League. Nessuna squadra del massimo campionato inglese aveva mai mandato in doppia cifra entrambi i suoi laterali: Robertson e Alexander-Arnold hanno chiuso il campionato con 11 e 12 passaggi decisivi, rispettivamente. «L’anno scorso – ha detto lo scozzese, 25 anni compiuti a marzo – abbiamo iniziato una gara tra di noi per vedere chi avrebbe servito più assist. Lo facemmo con un po’ di ritardo, quest’anno invece abbiamo iniziato fin da subito».

I 13 assist di Andrew Robertson in Premier League, tutti serviti con il mancino

Parlare di record, nel loro caso, significa iniziare dalla fine: i 23 assist – 29 se allarghiamo la questione a tutte le competizioni – non sono altro che l’effetto più immediato e riconoscibile della centralità che rivestono nello scacchiere offensivo dei Reds; sono fondamentali, gli assist, per mettere a fuoco il plusvalore generato da chi li ha serviti, ma non bastano per apprezzarlo in tutte le sue sfumature. Insomma, se Robertson e Alexander-Arnold sono stati la coppia di terzini migliore d’Europa, il motivo non è da ricondurre in via esclusiva al record di passaggi vincenti, ma anche e soprattutto ad una partecipazione costante e attiva alla fase di possesso del Liverpool. Secondo i dati di Understat, ad esempio, occupano il terzo ed il primo posto per expected assist tra i terzini della Premier League: tra Arnold (0,32 p90) e Robertson (0,22 p90) si infiltra il solo Lucas Digne, che con l’Everton ne ha messi a referto 0,25 ogni 90 minuti.

Un altro aspetto che esalta Robertson e Alexander-Arnold è la partecipazione alla risalita del campo, una fase di gioco che il Liverpool ha affrontato in questa stagione con un approccio meno ossessivamente verticale (non a caso i Reds hanno chiuso il campionato con la seconda percentuale di possesso tra le venti di Premier, dietro al solo City), e nella quale entrambi i terzini hanno svolto un ruolo di primo piano. Tra i giocatori in rosa ad aver disputato almeno 2300 minuti, circa i due terzi di quelli disponibili, Robertson e Alexander-Arnold sono stati il secondo e il terzo per passaggi completati ogni novanta minuti (67 e 62), dietro al solo Van Dijk. Il fatto che soltanto Walker e Azpilicueta abbiano registrato valori medi più alti tra i pari ruolo ci aiuta ad inquadrare quanto il loro contributo sia stato corposo in termini quantitativi, oltre che preciso in rifinitura. E, al contempo, i numeri relativi ai passaggi sono utili per distinguerli: più diligente e semplificatore Robertson (6 palloni lunghi p90, con percentuale di riuscita pari al 37%), più avvezzo al rischio Alexander-Arnold (10 palloni lunghi p90, quasi uno su due a buon fine), che ai tempi del settore giovanile – come ha raccontato in questa bella intervista a Gary Lineker – giocava anche da centrocampista. Lo stesso Lineker gli ha confessato che nel suo modo di giocare rivede alcune cose di Gerrard, e anche Rio Ferdinand e Frank Lampard hanno speso parole di stima verso di lui a questo proposito: a Sky UK, commentando la gara di ritorno tra City e Liverpool in Champions di un anno fa, il primo disse che «la sua capacità di trovare il compagno è superba per un ragazzo così giovane»; il secondo si lasciò andare ad un meravigliato: «The boy is so comfortable with the ball!».

I 12 assist serviti da Trent Alexander-Arnold in Premier League

Alexander-Arnold e Robertson siano considerati all’unanimità due terzini talentuosi, ma hanno raggiunto un così alto livello in così poco tempo anche perché fanno parte di un sistema che funziona egregiamente. Recuperare il discorso sugli assist è utile per chiarire questo aspetto: secondo i dati di WhoScored, ad esempio, il Liverpool è per distacco la squadra che ha segnato più reti in valore assoluto da calci piazzati, 20. Una cifra che testimonia le abilità di Van Dijk, Mane, Salah e tutti gli altri nel colpo di testa e nella prontezza dei riflessi in area; abilità che a loro volta si combinano perfettamente con la predisposizione al cross tagliato, veloce, dei due terzini. In un altro contesto è probabile che molti di quei 29 passaggi chiave diventati assist sarebbero rimasti al loro stadio iniziale. Se Robertson e Alexander-Arnold hanno brillato così tanto, insomma, una fetta non marginale del merito va a chi di fianco, dietro e davanti gli ha consentito di esprimersi e di dare concretezza alle loro iniziative.

Allo stesso modo, contemporaneamente a trarre vantaggio dal contesto, il ruolo che hanno recitato durante questa stagione è stato fondamentale per incrementare i giri del motore del Liverpool e supportare il rendimento dei compagni. Klopp ha avuto bisogno dei suoi terzini sin dall’inizio della stagione per ovviare al problema principale della rosa: un centrocampo carente in termini di qualità. Senza Oxlade-Chamberlain per tutto l’anno, e con Naby Keita che ha avuto bisogno di qualche mese per ingranare in Inghilterra, i Reds non potevano prescindere dal contributo dei due laterali a supporto della manovra e soprattutto del tridente, che rischiava di restare isolato. I loro movimenti hanno spinto indietro gli avversari, consentendo al Liverpool di guadagnare campo e imporre il suo gioco. Con due giocatori di fascia più statici e più dotati difensivamente difficilmente i Reds avrebbero segnato così tante reti (113 in stagione).

Se il terzino moderno è mobile, tecnicamente valido e partecipa alla manovra come un centrocampista a tutti gli effetti, Alexander-Arnold e Robertson ne sono stati quest’anno la migliore espressione in Europa. « [Quello del terzino] È diventato il ruolo più impegnativo e tatticamente significativo», ha osservato il Telegraph in questo articolo di alcune settimane fa. «Se Robertson non facesse il lavoro per due a sinistra, Mane non potrebbe avere la libertà di convergere verso il centro. E lo stesso vale per Salah, il cui utilizzo da ala è possibile soltanto perché Alexander-Arnold corre i cento metri su standard olimpionici». I laterali del Liverpool sono da record per gli assist, per il fatto che da entrambe le corsie i Reds hanno costruito una quota significativa delle proprie reti, ma abbiamo visto come lo siano stati anche per una seconda ragione che è altrettanto importante: la partecipazione. È successo perché incarnano, ciascuno, l’identikit del terzino moderno, perché Klopp lo ha capito per primo e ha dato loro la possibilità di mostrarlo a tutti gli altri.