L’acquisto di Manolas è una svolta per il Napoli e per la Serie A

Un'altra mossa del Napoli per creare e occupare un livello intermedio, tecnico ed economico, tra la Juventus e gli altri club di Serie A.

Nelle ultime stagioni la Roma ha utilizzato il player trading in maniera intensiva, come strumento per sistemare i conti e rispettare i parametri imposti dal Fair Play Finanziario. Le cessioni più importanti e remunerative sono avvenute in direzione di club stranieri – Salah, Rüdiger, Parédes, Alisson, Strootman –, con due eccezioni: Pjanic alla Juventus e Nainggolan all’Inter. Due operazioni diverse, per due giocatori in momenti diversi della carriera: Pjanic ha lasciato Roma a 26 anni, al termine della sua miglior stagione in giallorosso e dopo il versamento della clausola rescissoria da parte della Juventus; Nainggolan, invece, si è trasferito all’Inter nell’ambito di una trattativa complessa e che ha coinvolto molti calciatori, a trent’anni compiuti e senza molti rimpianti da parte dello staff tecnico – Di Francesco aveva avuto diversi problemi nel collocare il belga nel suo sistema di gioco. Il trasferimento di Manolas in direzione Napoli somiglia molto di più all’operazione-Pjanic: il difensore greco ha compiuto da poco 28 anni, probabilmente si trova all’apice del proprio percorso di evoluzione tecnica, quindi il costo d’acquisto da parte del nuovo club – circa 36 milioni di euro –  sembra al ribasso rispetto alle cifre che caratterizzano il calciomercato contemporaneo.

La Roma versa in una condizione finanziaria che da tempo la obbliga a vendere prima di acquistare, tra l’altro anche secondo particolari scansioni temporali. Solo che ora c’è una differenza netta rispetto al passato: la società giallorossa è stata forzata a cedere uno dei suoi migliori calciatori a una squadra italiana non marcatamente superiore per forza tecnica ed economica. Numeri alla mano, il Napoli è una diretta competitor dei giallorossi alle spalle della Juventus: la Roma è terza dietro gli azzurri nella classifica perpetua degli ultimi 5 campionati, con un gap di punti non così ampio (401-380); inoltre, il monte ingaggi dei due club è praticamente identico, anzi la Roma 2018/19 ha stanziato un budget stipendi leggermente più elevato (100 milioni) rispetto a quello del Napoli (94 milioni). Nonostante queste distanze minime, Manolas si trasferirà in azzurro.

L’arrivo di Manolas rappresenta una svolta importante per il Napoli, e quindi anche per la Serie A. L’investimento di De Laurentiis sul difensore greco – al netto di eventuali contropartite tecniche – sarà il secondo più costoso nella storia del club partenopeo (al primo posto c’è l’affare-Higuaín dell’estate 2013, 39 milioni al Real Madrid). Ma l’elemento di novità più significativo riguarda l’incursione e l’impatto sul mercato interno: il Napoli non ha mai speso tanto per un giocatore di Serie A, finora l’operazione domestica più cara è stata l’acquisto di Simone Verdi dal Bologna, esattamente un anno fa (24,5 milioni di euro). La distanza tra Verdi e Manolas è certamente tecnica, ma anche filosofica e progettuale: Verdi era un calciatore da valorizzare e senza esperienza internazionale, un investimento in prospettiva vicino alla politica attuata dal Napoli negli ultimi anni; Manolas ha uno status diverso, decisamente superiore, è un giocatore riconoscibile all’estero, ha disputato da protagonista una semifinale di Champions League e un Mondiale, conta 69 presenze nelle competizioni europee.

Kostas Manolas con la maglia della Roma (Cooper Neill/AFP/Getty Images)

Con questo affare in via di definizione, il Napoli ha deciso di dare un segnale rispetto all’avanzamento del suo progetto: al netto delle differenze tecniche e fisiche, Ancelotti sostituirà Raúl Albiol con un elemento dello stesso livello, avrà un partner potenzialmente perfetto per esaltare la difesa aggressiva di Koulibaly, un giocatore già formato da inserire subito in squadra. E poi c’è il discorso extracampo, altrettanto importante: grazie alla sua politica virtuosa, il Napoli ha creato le condizioni perfette per sfruttare una grande occasione di mercato – la mancata qualificazione in Champions della Roma ha un peso determinante nella scelta/obbligo di cedere Manolas. Evidentemente De Laurentiis ha intenzione di consolidare il secondo posto nelle gerarchie del campionato alle spalle della Juventus, di creare e occupare una sorta di livello intermedio tra i bianconeri e le altre squadre di Serie A. Finora il Napoli ha tenuto stabilmente questa posizione grazie a un’oculata politica di scouting e trading che si è riflessa sul campo, sulla qualità del gioco, sulla continuità dei risultati. Con l’operazione Manolas, il Napoli vuole creare e far percepire questa distanza anche dal punto di vista economico e strategico, e il fatto che il difensore greco abbia accettato l’offerta di De Laurentiis disegna una condizione nuova nel contesto italiano, per cui il passaggio al club partenopeo rappresenta un upgrade rispetto alla permanenza alla Roma.

Un tentativo fatto già in passato con l’Inter e con Icardi, la trattativa con il centravanti dell’Inter è stata una delle poche virtualmente attribuite al Napoli e successivamente confermate dallo stesso presidente azzurro. Evidentemente non era ancora il momento giusto, oppure il passaggio dall’Inter al club partenopeo non aveva, non avrebbe avuto, lo stesso significato di quello di Manolas. Non a caso, il Napoli di De Laurentiis non acquista un calciatore dell’Inter da otto anni, dall’estate 2011, quando Pandev passò in azzurro a titolo definitivo per 7,5 milioni di euro. Un’operazione molto diversa da quella che porterà Manolas a Napoli.

Manolas contrasta Benzema durante una partita contro il Real Madrid (Tiziana Fabi /AFP/Getty Images)

Quest’ultima considerazione porta a un’inevitabile riflessione sulla Roma, sul suo progetto. La tentata rivoluzione di Monchi ha prodotto una prima stagione di grande livello, ma poi ha rivelato il suo lato più oscuro, più azzardato: il rendimento negativo del secondo anno ha costretto il club giallorosso a rimanere subalterno sul mercato, almeno in questa prima fase. Durante il suo periodo a Trigoria, Ranieri era stato chiaro: «Senza la qualificazione in Champions League, molti giocatori andranno via». La situazione si è evoluta proprio in questo modo, ora i giallorossi ripartono di nuovo da zero, dall’ennesimo smembramento, da un’inevitabile sensazione di ridimensionamento. La proprietà americana ha provato a risanare i conti senza perdere troppi punti di competitività, una politica rischiosa e troppo legata alla volatilità dei risultati: il bilancio 2017/18 si è chiuso con un passivo di 25 milioni, di cui solo 8 da conteggiare nell’ambito del Fair Play Finanziario, però la quota degli introiti è stata “drogata” dai ricavi Champions (98 milioni, praticamente un quarto del fatturato. Risultati positivi, ma non definitivi. Certo, Pallotta e i suoi soci partivano da una situazione debitoria disastrosa e l’asset del nuovo stadio era e resta l’obiettivo fondamentale della proprietà, proprio per rendere più solide le entrate strutturali. Solo che nel frattempo sono state compiute scelte strategiche sbagliate, soprattutto a livello tecnico e dirigenziale. E allora la distanza con il Napoli e l’Inter sembra diventare sempre più ampia, soprattutto nella programmazione a lungo termine. L’addio di Manolas, la sua scelta di andare proprio al Napoli, l’impossibilità di opporsi da parte della Roma: questa è una spia rossa nel cruscotto della dirigenza giallorossa, quella che si è accesa più di recente, probabilmente la più significativa, la più inquietante sul futuro del club.