Come Bale è diventato il più grande problema del Real Madrid

È stato per tre anni il calciatore più costoso della storia, oggi è un peso di cui Florentino Pérez farà fatica a liberarsi.

È il 24 maggio 2014. Zinedine Zidane siede sulla panchina del Real Madrid, è l’allenatore in seconda di Carlo Ancelotti quando Gareth Bale, l’uomo da 100 milioni di euro, l’acquisto più costoso della storia del calcio, segna la rete che consegna al Real Madrid la tanto agognata Coppa dei campioni, la Décima. Quattro anni dopo è sempre dalla panchina, questa volta da allenatore in prima, che Zidane assiste al prodigio – una rovesciata in controtempo e con il corpo totalmente fuori asse su cross di destro di Marcelo – che porta i blancos sul 2-1 nell’ultimo atto della Champions League 2017/2018, contro il Liverpool. È il 64esimo minuto, Bale è in campo da nemmeno 180 secondi e ha appena realizzato l’ennesimo gol decisivo in una finale. Venti minuti dopo arriverà anche la doppietta, ma quel sinistro apparentemente innocuo da oltre trenta metri contribuirà soltanto ad alimentare la damnatio memoriae di Loris Karius.

Quasi un anno dopo, nella conferenza stampa successiva alla sconfitta patita nell’ultima di campionato contro il Betis, è stato ancora Zidane a scrivere la parola fine all’avventura madrilena dell’ex Tottenham: «Ha vinto molto nel Real, non possiamo dimenticare il passato, ma questo club vive nel presente e per il futuro. Ho contato su molti giocatori nelle ultime settimane, e se avessi potuto schierare un quarto sostituto non sarebbe stato Bale a subentrare». Gareth Bale, quindi, è diventato un problema. Un grande problema, nonostante i 102 gol in 232 presenze spalmate su 6 stagioni calcistiche: lo stipendio da 15 milioni netti all’anno – «e se non trovano qualcuno che me li dà al posto loro, io resto qui a giocare a golf» – fa del gallese il giocatore più pagato della rosa merengue. E, di conseguenza, anche il più difficile da piazzare in un’estate di grandi rinnovamenti, con un occhio ai paletti imposti dal Fair Play Finanziario.

Stando ai dati riportati da FourFourTwo, il club di Florentino Perez non potrà spendere più di 100 milioni rispetto a quanto incassato dalle cessioni nel calciomercato estivo: la necessità di liberarsi di elementi come lo stesso Bale oppure  James Rodríguez è diventata perciò impellente. Addirittura, secondo un sondaggio proposto qualche settimana fa da Marca, per i tifosi del Madrid doveva essere proprio Bale il primo dei sacrificati sull’altare della ricostruzione. È la fotografia di come anche una delle squadre più ricche del mondo debba fronteggiare conseguenze economicamente sovradimensionate rispetto alle proprie strategie tecniche.

Bale è diventato il caso più eclatante di grande giocatore finito ai margini di un progetto tecnico nonostante ragioni economiche e status che non giustificherebbero questa condizione. Eppure, come ha scritto Gary Jacobs sul Times, «la presentazione in grande stile di Eden Hazard al Real Madrid è stato l’ennesimo invito a Gareth Bale a considerarsi un indesiderato». Si tratta di una conclusione che è coerente con l’evolversi della vicenda.

Già nell’ultima stagione di Cristiano Ronaldo, le esigenze di Zidane – sempre più orientato verso un calcio di controllo piuttosto che “di strappi” e accelerazioni improvvise –, ben più della discontinuità dovuta ai frequenti problemi fisici (117 giorni e 23 partite saltate per infortunio dal novembre 2017), hanno portato a una progressiva esclusione dall’undici tipo a favore di Isco e Benzema. Una circostanza che la partenza di CR7 ha finito con l’amplificare: che si trattasse di Lopetegui o dello stesso Zidane, la necessità di rimodulare un sistema di gioco privato del suo finalizzatore principe ha evidenziato tutte le difficoltà di Bale ad adattarsi a un calcio meno reattivo e istintivo rispetto a quello cui era abituato a fare la differenza.

Gareth Bale ha vinto 4 Champions League e una Liga nelle sue 6 stagioni a Madrid (Denis Doyle/Getty Images)

Il cortocircuito tra il leverage del calciatore e la sua attuale inadeguatezza è stato inevitabile. Al di là del suo essere già da qualche mese fuori dalle logiche del gruppo, la percezione è quella di un Bale totalmente estraneo, anzi estraniato, da ciò che lo circonda: «Nel momento in cui arrivi al massimo livello subentrano pressioni di ogni tipo. La gente continua a parlare di te e quasi sempre lo fa in modo negativo. Si perdono tutti i valori che avevi da ragazzo», ha detto recentemente in un’intervista per la realizzazione del film State of Play. Un qualcosa che richiama il «non uscire di casa per paura di quello che la gente potrebbe dirmi» di Gonzalo Higuaín, un altro calciatore che sa bene cosa vuol dire passare da fiore all’occhiello di una campagna acquisti ad esubero di lusso in un lasso di tempo relativamente breve.

Detto della difficoltà di trovare una squadra disposta a investire cifre fuori mercato per Bale, superstar in declino e non disposta ad accettare le classiche “soluzioni di comodo” – «è più probabile che vinca ad Ascot che accetti un prestito», ha detto l’agente –, anche la sua immagine rischia di essere influenzata dalle contingenze. L’idea che il gallese sia un calciatore poco propenso a uscire dalla sua comfort zone sta alimentando una narrazione da sopravvalutato che ha “sospeso” il giudizio sul suo valore assoluto.

Bale segna la rovesciata contro il Liverpool durante la finale di Champions League 2018. Nell’ultima stagione, il gallese ha giocato 42 partite, di cui soltanto 29 da titolare (David Ramos/Getty Images)

Bale ha ripetutamente dimostrato di essere un campione, è rimasto il calciatore più pagato della storia per tre anni, fino ai 105 milioni investiti dal Manchester United per acquistare Paul Pogba. Ma oggi la sua forza sul campo sembra passata in secondo piano rispetto al suo essere fuori mercato e fuori posto nel nuovo Real Madrid, con conseguenze difficilmente immaginabili: se per Zidane, in virtù di una credibilità che si è consolidata nel suo primo triennio da allenatore, è “facile” tenere fuori Bale, per la dirigenza un separato in casa così ingombrante è una situazione complicata da gestire. Michael Skapinker ha sintetizzato in questo articolo del Financial Times il caso-Bale secondo le logiche del mercato del lavoro: «Il buon senso suggerirebbe di andare via quando non si è più graditi ma, esattamente come per Bale, ci possono essere ragioni economiche per non farlo. Ad esempio si potrebbe ricevere più denaro se è il proprio datore di lavoro a decidere di interrompere il rapporto, oppure si potrebbero avere difficoltà a trovare un altro lavoro alle stesse condizioni di quello attuale».

Detto che siamo ancora lontani dall’ipotesi di mobbing paventata da Sport, la prospettiva che il gallese finisca ancor più ai margini è concreta, tanto più in una squadra che ha già dimostrato di poter (e voler) fare a meno di lui. «La decisione dell’allenatore di non prenderlo in considerazione va rispettata ma è difficile pensare che sia diventato il ventisettesimo calciatore per qualità e affidabilità della rosa» ha dichiarato ultimamente l’agente di Riccardo Montolivo prima che quest’ultimo chiudesse polemicamente la sua avventura al Milan alla scadenza del contratto. Le situazioni di Bale e dell’ex capitano del Milan sono lontanissime eppure vicine, perché dimostrano che chiunque, proprio chiunque, può diventare l’uomo sbagliato al posto sbagliato, fino a essere identificato come il simbolo di ciò che non funziona più in una squadra di calcio, oppure che non ha mai funzionato. Può capitare persino a Bale, l’uomo delle finali di cui nessuno sembra aver più bisogno. Compresa la squadra che su di lui ha investito 100 milioni di euro. E che oggi sembra quasi essersene pentita.