La cosa più strana riguardo l’arrivo di Ante Rebic al Milan è che coincide con la partenza di André Silva, ovvero l’attaccante teoricamente più adatto al gioco di Giampaolo nella rosa rossonera. Lo ha dimostrato la partita contro il Brescia, per la quale il portoghese era stato preferito a Piatek, e la squadra era sembrata più fluida, capace di riprodurre i movimenti richiesti dal tecnico. È però un sacrificio dettato dalla considerazione dell’ambiente nei confronti di André Silva, ormai ai minimi termini, e dal fatto che anche Ante Rebic può svolgere il lavoro che il portoghese ha fatto intravedere contro il Brescia. Solo che il croato può farlo dando sfumature più idonee alle esigenze del Milan. garantendo più gol, più corsa, più fisicità, più sostanza. E poi c’è la varietà di ruoli che può ricoprire: Rebic darà a Giampaolo la possibilità di cambiare modulo nel caso in cui l’esperimento iniziale dovesse rivelarsi fallimentare.
Infatti, se André Silva è una prima punta, seppur mobile e tecnica, Rebic è un giocatore ibrido, il crocevia tra un esterno e un attaccante. Ricorda il connazionale Perisic per le movenze, la tenuta atletica, il gioco molto muscolare, ma non è un’ala pura, è proiettato verso la porta avversaria più che sul cross, sul compagno da servire – lo scorso anno, in Bundesliga, tirava in media 2,2 volte a partita, pur partendo da lontano. Nell’ultima stagione all’Eintracht Francoforte, il tecnico Hutter lo ha plasmato e utilizzato come jolly offensivo, a metà tra l’esterno e la seconda punta in un 3-4-fantasia assieme a Jovic e Haller. Essendo questi ultimi due centravanti più classici, Rebic era incaricato di collegare il centrocampo all’attacco, si sobbarcava il lavoro sporco in fase di transizione negativa, trasformandosi di fatto in un giocatore a tutto campo.
Rebic è l’attaccante scelto dal Milan perché può rendere il Milan compiuto nell’idea di Giampaolo senza che quest’ultimo debba rivoluzionare le gerarchie. Non è una prima punta, dunque non contesterà la titolarità di Piatek, anzi la ripristina, perché è colui che può permettere a quest’ultimo di ritrovare se stesso. Rebic infatti assorbirà i compiti che il polacco, per ammissione dello stesso Giampaolo, non è in grado di eseguire: si posizionerà sul lato sinistro dell’attacco rossonero – essendo lui un destro che tende a cercare la porta è la sua posizione naturale. Quella zolla è stata occupata da Piatek in tutto il precampionato, e ha messo in difficoltà il polacco, che potrà tornare sul lato destro, spostato più verso il centro, in posizione da prima punta.
In questo modo, Giampaolo potrà avviare la metamorfosi del suo 4-3-1-2, che potrebbe trasformarsi in una sorta di 4-3-2-1, con Rebic controbilanciato da Suso. Lo spagnolo, a sua volta, potrà evadere dalla zolla del trequartista e riportarsi sul lato destro del campo, dove può ricevere orientato con il piede mancino verso la porta. Ma più che la posizione in campo, sono i movimenti naturali di Rebic ad averlo reso potenzialmente perfetto per sistemare l’attacco del Milan: l’ex Fiorentina si muove al contrario rispetto a Suso, è come se fosse il suo contrappeso naturale, se lo spagnolo parte dall’esterno e, palla al piede, converge verso l’interno, Rebic tende a muoversi dal centro alla fascia senza il pallone. Così decomprime la ragnatela di Giampaolo, che in avanti ha bisogno di movimenti ad aprirsi degli attaccanti per trovare imprevedibilità, e in assenza di un trequartista di inserimento o di una prima punta ad ampio raggio, è stato necessario ricorrere ad un attaccante particolare come Rebic.
L’alternativa non prevista nel gioco di Giampaolo è l’attaccante che si mette in proprio, punta l’uomo e arriva a fondo campo. Rebic aggiunge quest’arma all’arsenale rossonero: nel primo caso fa il movimento classico, dal centro ad allargarsi, per puntare il fondo. Nel secondo, invece, si fa già trovare sulla traccia esterno, per poi convergere. Perché sì, l’altro pregio di Rebic è che è ambidestro.
Rebic ha anche la frequenza di tocchi ideale per il gioco di Giampaolo: nell’ultima Bundesliga ha raggiunto quota 35,5 a partita, quasi come Quagliarella nella Sampdoria (38,6 di media in A) e più di Defrel (31,9). Vuol dire che è sempre nel vivo del gioco, che partecipa attivamente allo sviluppo della manovra. Rispetto a Defrel paga in precisione, perché è un giocatore più muscolare e impulsivo, meno efficace nel decision making, cioè nel prendere la decisione corretta quando si trova a formulare la giocata. Defrel infatti eseguiva l’84% di passaggi corretti, e nella metà campo avversaria in particolare manteneva l’81% di precisione, mentre Rebic complessivamente si è fermato al 57%, e al 51% nella metà offensiva. Sono due giocatori diversi, quindi, ma che vanno contestualizzati: Defrel agiva anche da regista offensivo, essendo Ramirez e soprattutto Saponara due trequartisti verticali, mentre nel Milan quel compito lo svolge già Suso. In ogni caso, Rebic è diverso rispetto a tutte le seconde punte che Giampaolo ha avuto: da un lato il tecnico rossonero dovrà educarlo ad una miglior pulizia nei gesti tecnici e nelle scelte, dall’altro potrà sfruttare qualità nuove e grazie ad esse cercare un’evoluzione del suo gioco.
Essendo abituato al ritmo della Bundesliga, un torneo più intenso della Serie A, Rebic può inserirsi fin da subito nel gioco di Giampaolo, che è a sua volta tendenzialmente più ritmico rispetto a quello delle altre squadre italiane. Va tarato su un altro tipo di ritmo, perché l’Eintracht amava pressare con ferocia e stendersi sul campo, mentre il Milan dovrà essere più stretto sul campo. E quindi, Rebic dovrà anche abituarsi a giocare in spazi ridotti dalla compattezza della squadra rossonera in ogni fase del gioco. È più un contropiedista che un giocatore di manovra, in sostanza.
Ma i suoi potenziali difetti corrispondono alle qualità di cui il Milan ha bisogno: in particolare, la corsa in fase di transizione negativa. Anche da questo punto di vista Rebic è l’alterego di Suso: passo lungo e sciolto il primo, passo corto e frequente il secondo. Il croato ha una grande predisposizione allo sforzo e fa valere la sua fisicità (pure troppo considerando la media di oltre 2 falli a partita in carriera), e potrà quindi aiutare il centrocampo – un reparto che, ad eccezione di Kessié, si presenta leggero.
Anche in termini di personalità, Rebic può portare un contributo significativo: l’esperienza al Mondiale 2018, giocato da titolare (6 partite e un gol), lo ha fortificato, così come la corsa in Europa League dello scorso anno, fino alla semifinale. Compirà 26 anni tra pochi giorni, il 21 settembre, è perfettamente in linea una rosa giovane come quella del Milan (età media di 25,5 anni, la terza più bassa della Serie A), ma ha qualche grammo in più di esperienza internazionale rispetto ai suoi nuovi compagni. E poi è un giocatore da anni in crescita costante, nel pieno della traiettoria ascendente. Un aspetto che al Milan – a questo Milan, che vuole creare nuovo valore dentro la sua squadra – interessa particolarmente.