Napoli 2019/20 • La tavola rotonda

Quattro firme presentano la stagione della squadra di Ancelotti.

La stagione del Napoli è già iniziata, la vittoria a Firenze e la sconfitta contro la Juventus – con moltissimi gol segnati, e altrettanti subiti – hanno evidenziato come la squadra di Ancelotti sia molto forte ma ancora in costruzione, dopo un primo anno di transizione e un calciomercato vissuto dall’ambiente napoletano con la solita ansia da prestazione. Per capire un po’ meglio com’è diventata e come potrebbe diventare la squadra azzurra, abbiamo interrogato quattro firme del Napolista – che potete leggere spesso anche su Undici. È venuta fuori una conversazione che alterna momenti di grande ottimismo a letture un po’ più critiche, e sì, si parla anche dell’assenza di James Rodríguez.

Alessandro, a te tocca il compito abbastanza ingrato di dare una lettura del calciomercato del Napoli: cosa è stato fatto, cosa non è stato fatto e perché?

Alessandro Cappelli: Quella degli azzurri è una campagna acquisti del tutto coerente con le idee di Ancelotti. La società ha aiutato a velocizzare quella trasformazione che il tecnico ha voluto e dovuto importare – in maniera graduale – fin dal suo arrivo a Napoli. La decostruzione del calcio di posizione proposto da Sarri, sul quale la squadra rischiava di appiattirsi, è stata affiancata dall’idea di un gioco meno rigido, liquido nelle posizioni in campo e nei principi. È una trasformazione lenta, inevitabilmente, è un processo ancora in corso. L’inserimento in rosa di giocatori come Elmas e Lozano, ma anche di Manolas e Di Lorenzo, amplia il ventaglio di opzioni: adesso Ancelotti ha a disposizione una squadra multiforme, poliedrica, in grado di variare uomini, moduli e approccio da una partita all’altra, anzi, anche più volte all’interno della stessa partita. Esattamente il tipo di squadra che voleva. È la seconda fase del suo ciclo in azzurro, quella del raccolto dopo un anno di semina. L’unico dubbio che rimane è quello sulla figura di un regista offensivo, un uomo che galleggia tra le linee e detta l’ultimo passaggio. Una figura che assomiglia tanto all’unico pezzo mancante del puzzle.

Eccoci, ci siamo: era ed è inevitabile toccare l’argomento del Diéz, di quel trequartista che le voci di mercato avevano identificato in James Rodríguez, alimentando la fame (atavica) dei napoletani sul calciomercato rispetto al “grande nome”. Massimiliano, ma si tratta davvero di una mancanza così grave?

Massimiliano Gallo: Al di là dei numeri, intesi come modelli di gioco, il mancato arrivo di James Rodriguez a Napoli comporta certamente una riduzione del ventaglio di possibilità della squadra di Ancelotti. L’allenatore emiliano aveva individuato in lui il calciatore che racchiudeva le due caratteristiche che servono alla squadra: esperienza, intesa soprattutto come abitudine a giocare partite che contano, e qualità. Una testa e un piede (il sinistro) in grado di scorgere corridoi e opportunità che altri non sono in grado di vedere. È stato un peccato non prenderlo. Per il Napoli e anche per lui che potrebbe rimanere confinato nella peraltro invidiabile situazione di prigioniero dorato. Il suo mancato arrivo, però, comporta anche aspetti positivi. Il principale è l’averci risparmiato l’ennesimo dibattito-tormentone sull’assegnazione della maglia numero 10. Al primo gol su punizione, alla prima “magia” del colombiano, sarebbe stato ri-sfoderato il kit maradoniano. Il secondo riguarda la diatriba che ci avrebbe accompagnato per l’intera stagione sulla possibile coesistenza con Insigne, vista la permanenza di Lorenzo. Saremmo sopravvissuti?

Lorenzo Insigne esulta dopo uno dei due gol realizzati contro la Fiorentina, la squadra a cui ha segnato di più (8 gol) nel corso della sua carriera (Andreas Solaro/AFP/Getty Images)

Probabilmente no, non saremmo sopravvissuti. Ma ci sono altre cose che ci inducono a dubitare un po’ del Napoli? Gianni, tu che sei più attento di tutti noi agli aspetti lirici del calcio, percepisci un altro o altri motivi di inquietudine?   

Gianni Montieri: Leggo la lista dei calciatori del Napoli per la Champions League e metto a fuoco un pensiero che tenevo assopito da qualche parte, come quando uno ha un piccolo malessere ma non capisce da cosa provenga. Realizzo che i centrocampisti del Napoli sono pochi. La lista recita: Allan, Zielinski, Fabian Ruiz, Callejón, Gaetano, Elmas. È il reparto più scoperto del Napoli, mi domando – fatta eccezione per Callejón, che sappiamo essere in grado di giocare 70 partite a stagione – quando Allan, Zielinski o Fabian avranno un calo, che arriverà, come andrà? Elmas e Gaetano mi piacciono molto, ritengo però Allan (soprattutto) e Fabian difficilmente sostituibili, ma vivo questo dubbio in maniera serena. La serenità mi viene da quello che in parte abbiamo visto fare l’anno scorso da questi calciatori: un sacco di cose stupende e tutte diverse. Ancelotti ama i calciatori che sappiano fare più cose e anche io. Mi piace che Fabian sappia fare qualunque ruolo del centrocampo, anche se lo vedo più forte dalla metà campo in su. Mi piace che Zielinski sappia giocare di destro e di sinistro, che sappia stare in mezzo, a destra o a sinistra. Mi piace il modo di Allan di comparire all’improvviso, di strappare la palla dal piede dell’avversario e andare via. Mi piace poi tutto quello che fa Callejón, uno dei calciatori più intelligenti tatticamente che io abbia mai visto giocare. Perciò, io penso che il centrocampo del Napoli sia molto forte, capace di ribaltare il fronte dell’azione in maniera rapidissima (anche grazie al lavoro dei terzini e degli attaccanti esterni) che sia in grado di giocare secondo più schemi; penso anche, con qualche piccolo timore, a cosa accadrà in caso di infortuni, squalifiche e, soprattutto, stanchezza?

Fabián Ruiz è alla sua seconda stagione a Napoli; in estate, ha vinto il titolo Europeo con l’Under 21 spagnola, ed è stato nominato miglior giocatore del torneo che si è svolto in Italia (Isabella Bonotto/AFP/Getty Images)

Questa domanda va girata direttamente ad Alfonso, che di certo risponderà provando a intercettare nuove possibilità tattiche, nuovi incastri di giocatori, insomma un estratto del suo mondo tipicamente nerd.

Alfonso Fasano: No, stavolta voglio andare oltre me stesso, voglio parlare di uomini. Io credo che l’idea di Ancelotti sia semplice e allo stesso tempo rivoluzionaria: il suo Napoli dovrà essere così consapevole di sé, così sicuro della sua forza, che gli inevitabili scompensi della sua stagione dovranno essere superati senza stravolgimenti, quasi per inerzia. È la responsabilizzazione assoluta dei calciatori in nome del loro talento, probabilmente l’unico passo possibile per un gruppo reduce dall’esperienza con Sarri, un allenatore totalizzante che in tre anni ha egemonizzato i calciatori del Napoli inglobandoli nel suo sistema – e forse anche nella sua retorica. Allora il rendimento di questa squadra passerà da un altro approccio, dalla crescita (ulteriore) dei suoi elementi più importanti: Gianni ha già parlato dei centrocampisti, io quindi dovrei dirvi qualcosa su Manolas e Koulibaly, più che mai al centro del progetto tattico e filosofico dell’allenatore, due difensori che non dovranno aver paura delle ambizioni della squadra, anzi dovranno sostenerle con una fase passiva (ancora più) rischiosa, ancora più audace, che si è intravista nelle prime partite e che migliorerà col tempo, insieme alla loro intesa e alla loro condizione fisica; dovrei dirvi qualcosa su Ghoulam, il terzino/regista laterale/esterno offensivo di cui hanno bisogno Ancelotti e il Napoli, che dovrà recuperare una condizione fisica accettabile; dovrei dirvi qualcosa su Milik, un mio vecchio pallino, un centravanti a cui è stata data piena fiducia – solo Icardi è stato realmente sondato da De Laurentiis come suo eventuale sostituto, qualcosa vorrà pur dire – e che secondo me può fare ancora meglio dei 20 gol (senza rigori) segnati nella scorsa stagione. Tutti questi ottimi calciatori dovrebbero fare come il loro compagno Alex Meret: il portiere friulano ha riportato tutto a casa dopo l’infortunio dell’anno scorso, anzi è migliorato per qualità tecniche e personalità, tra Torino e Firenze ha subito 7 gol senza colpe evidenti – non è facile – e ha sfoderato almeno due o tre interventi eccezionali. È come se la sua crescita lo avesse reso indipendente rispetto al gioco e persino al rendimento della squadra, lo avesse eletto leader del suo spazio in un gruppo senza un leader riconosciuto, nonostante la giovane età. Ecco, se a tutti i calciatori del Napoli riuscisse questo upgrade in maniera definitiva – in questo modo, per dire, Koulibaly e Fabián Ruiz entrerebbero a pieno titolo nelle élite mondiali dei propri ruoli –,  magari tutti insieme, il Napoli potrebbe toccare il suo picco massimo di risultati.

Koulibaly in azione contro la Juventus: in estate il difensore senegalese ha disputato la finale di Coppa d’Africa, persa contro l’Algeria (Isabella Bonotto/AFP/Getty Images)

In virtù di tutte queste considerazioni, Alessandro ora ci spiega quale potrebbe essere questo “picco massimo di risultati”, un modo un po’ contorto per raccontarci quali sono gli obiettivi del Napoli, per questa stagione e anche a lungo termine. Insomma, Ale: proprio tu che ci sei sembrato il più ottimista di tutti parlando di “raccolto dopo un anno di semina”, ci dici dove può arrivare questa squadra?

Alessandro Cappelli: L’obiettivo del Napoli di questa stagione è lo stesso di tutti gli anni, e cioè coniugare risultati e sostenibilità. La squadra deve dimostrare di aver aggiunto qualcosa rispetto all’anno scorso, ma deve anche essere in grado di garantire lo stesso per il futuro. Per far questo è necessario programmare: le tante cessioni in prestito con diritto/obbligo di riscatto potrebbero portare fino a 100 milioni nelle casse del club la prossima estate. Una cifra necessaria per potersi confermare a certi livelli. L’alternativa sarebbe vendere i pezzi pregiati della rosa, rischiando però di non poter garantire gli standard di rendimento. Il Napoli nelle ultime stagioni ha scavato un solco tra la Juventus e gli altri club italiani. Si è costruito uno spazio – tecnico prima ancora che economico e finanziario – da difendere. E dovrà difenderlo anche in futuro, con idee e progettualità. È l’obiettivo di oggi e di domani. Così anche quest’anno il Napoli deve dimostrare di essere la seconda squadra d’Italia, che vuol dire guardare ai 90 punti, alla Juventus come una rivale per il titolo, magari sfruttando qualche suo passaggio a vuoto. Stessa cosa in Champions, dagli ottavi in poi contro squadre che sembravano inavvicinabili e ora lo sono un po’ di meno, perché il progetto è cresciuto in maniera esponenziale, questo mi pare evidente.