C’è quella scena in The Big Short (La grande scommessa) in cui Michael Burry va da Goldman Sachs per comprare degli swap sui mutui, parte del suo ambizioso piano di scommettere contro il mercato immobiliare statunitense. «Mi scusi, dottor Burry, ma sembra un investimento insensato», dice uno dei rappresentanti del fondo di investimento. Burry è imperturbabile, anche se intorno al tavolo stanno chiaramente ridendo di lui. «Se ci basiamo sull’opinione generale sul mercato, sulle banche, sulla cultura di massa, sì, è un investimento insensato, ma… ehm… in realtà si sbagliano tutti».
Ora immaginatevi Beppe Marotta nei panni di Burry. Sta scommettendo che il Manchester United, Ole Gunnar Solskjaer e la Classe del ’92 si siano sbagliati sul conto di Romelu Lukaku (per non parlare di Alexis Sánchez). Sta scommettendo che il video che su YouTube ha raggiunto un milione e mezzo di visualizzazioni intitolato “Lukaku awful player” si sia sbagliato. Sta scommettendo che si sia sbagliato Paul Scholes quando ha detto: «Non voglio mancargli di rispetto, ma ha un pessimo controllo di palla». Sta scommettendo che si sia sbagliando del tutto Gary Neville quando commentò, ridendo, lo stato di forma fisica di Lukaku durante la partita tra Manchester United e Chelsea ad aprile, e poi twittò, dopo che il trasferimento all’Inter fu ufficializzato: «Ha ammesso di essere sovrappeso! Pesa più di 100 chili! È un giocatore del Manchester United! All’Inter forse farà bene e segnerà dei gol, ma la mancanza di professionalità è contagiosa». L’emoji utilizzata da Neville era quella di una mascherina da ospedale.
In Inghilterra si sta scrivendo essenzialmente questo: che lo United è riuscito a ottenere un prezzo molto, molto alto per un giocatore che aveva appena terminato la sua peggior stagione in Inghilterra. Ma è proprio qui il punto: negli ultimi tempi, quand’è stata l’ultima volta che il Manchester United ha avuto ragione su qualcosa? La struttura del club e l’ambiente hanno dato vita a un posto in cui i giocatori non fanno passi avanti, ma indietro.
Non sono stati pochi gli acquisti che non hanno rispettato le attese e, all’improvviso, lasciando a bocca aperta i tifosi dei Red Devils, hanno ricominciato a brillare una volta ripartiti. Radamel Falcao e Daley Blind, dopo aver lasciato Old Trafford, hanno vinto campionati e raggiunto una semifinale di Champions League. Ángel Di María è andato in doppia cifra in ogni stagione al Paris Saint-Germain. Nessuno di loro è rimasto il giocatore che sembrava allo United. La volontà di evitare lo stesso destino ha pesato parecchio nelle decisioni degli obiettivi estivi del Manchester United, probabilmente tanto quanto – se non di più – l’assenza dalla Champions League.
Il motivo dietro il fallimento del trasferimento di Paulo Dybala non era tanto legato ai suoi diritti d’immagine, quanto all’aura dello United. Sia Jadon Sancho che Christian Eriksen hanno scelto di rimanere rispettivamente al Dortmund e agli Spurs, quando potevano unirsi al Manchester. Paul Pogba, dopo soltanto due anni dal suo ritorno, ha più volte espresso il desiderio di ripartire. C’è qualcosa di marcio a Manchester.
La colpa è stata data ai giocatori ma, come ha detto lo stesso Neville, il caos di allenatori e l’assenza di un direttore sportivo hanno trasformato lo United in un piatto fatto di pasta, curry e sushi. Niente si tiene insieme: mancano sia coerenza che idee chiare, e le prestazioni dei singoli ne soffrono. E la squadra con il monte ingaggi più alto del mondo non è nemmeno presa in considerazione come potenziale candidata al titolo. Pazzia.
Soltanto Sergio Agüero (141) e Harry Kane (125) hanno segnato più gol in Premier League di Lukaku, da quando il belga arrivò sette anni fa. Ne aveva già segnati 57 prima di compiere 23 anni, più di ogni altro giocatore nei principali campionati europei (Icardi era secondo, con 48). Criticato per le prestazioni nelle “partite che contano”, va detto che la tattica di Mourinho non si adattava al suo gioco, contro le squadre più forti. E Lukaku se ne va così, con 42 reti in 96 partite. Buoni numeri in una cattiva squadra.
A Manchester pensano che abbiano capitalizzato al massimo un giocatore non più al centro del progetto, un’attitudine che fa capire quanto raramente sia successo, negli ultimi anni, che vendessero un giocatore a una cifra simile a quella spesa per acquistarlo. Il lato commerciale dell’operazione non è affatto il problema. È l’intelligenza calcistica del club che lascia qualche dubbio: i soldi di Lukaku sono serviti per acquistare Harry Maguire per una cifra ancora più alta di quella spesa dalla Juventus per Matthijs de Ligt. Hanno scelto di non rimpiazzare Lukaku, aggiungendo responsabilità sulle spalle di Marcus Rashford, talento sopraffino che ha realizzato, tuttavia, soltanto 13 gol come record personale in Premier.
Poi c’è Antonio Conte. Conosciamo le sue priorità: la persona è più importante del calciatore. Se un vincente come Conte è intenzionato a spostare mari e monti per Romelu Lukaku (fece lo stesso al Chelsea), ci penserei due volte prima di venderlo, se fossi lo United. Mi chiederei: cos’è che mi sto perdendo? C’è qualcosa che non riesco a vedere? Lo United pensa probabilmente di aver fatto la scelta giusta. Ma quando si tratta di scommesse calcistiche, mi fiderei di più di Beppe Marotta.
Dal numero 29 di Undici