La notizia è che la presentazione ufficiale del nuovo, possibile stadio a Milano ha raggiunto l’obiettivo. Ovvero: coinvolgere la comunità milanese e quella dei tifosi, rossoneri e nerazzurri. Mostrare i due progetti finalisti, anziché attendere che ce ne fosse uno solo, è un colpo di teatro studiato e intelligente. Più che a far conoscere i progetti nei dettagli, cosa peraltro impossibile visto che si tratta di masterplan, l’evento serviva soprattutto a far assaporare l’idea del nuovo stadio, a renderla tangibile, e così a convincere tutti che il futuro sarà senz’altro migliore del passato. Che il Meazza ha fatto il suo tempo, che è ora di salutarlo. E che il nuovo impianto non avrà nulla da invidiare a quello attuale, né dal punto di vista funzionale, come è ovvio che sia, e nemmeno dal punto di vista simbolico.
Non è un caso, quindi, che siano stati selezionati due progetti per la presentazione ufficiale. Non tre, non uno, ma due: l’obiettivo era creare una sfida, una sorta di ultima prova, un duello finale di X-Factor, con il pubblico, la comunità di cui sopra, che ora è chiamata ad esprimersi. Lo hanno annunciato Alessandro Antonello, Ceo Corporate dell’Inter, e Paolo Scaroni, presidente del Milan, sul palco dell’aula magna del Politecnico di Milano: sul sito ufficiale dello stadio (nuovostadiomilano.com) sarà presto aperto il “televoto”, per coinvolgere il pubblico nella scelta della miglior proposta, tra “La Cattedrale” di Populous e “Gli anelli di Milano” di Manica-Sportium. È un richiamo strategico che ha lo scopo di trovare un alleato prezioso nella corsa alla costruzione: le due società giocheranno infatti una delicata partita con l’amministrazione comunale, e siccome dovranno affrontare le paludi della politica – non a caso è stata già posticipata di un mese la certificazione di pubblico interesse del nuovo stadio, inizialmente prevista per il 10 ottobre – può diventare decisivo avere dalla propria parte l’opinione pubblica.
Presentare i progetti prima che l’iter venga avviato è il miglior modo per minimizzare la resistenza nostalgica, sentimentale e protettiva sul Meazza. Il nuovo, specialmente in architettura, viene respinto finché rimane ignoto, ma viene accolto con emozione quando inizia a prendere forma, quando diventa comprensibile. Averlo reso tale in anticipo, attraverso due video piuttosto grezzi e qualche ricostruzione tridimensionale dei due studi finalisti, mette Milan e Inter in una posizione di vantaggio: rende evidente che il lavoro dei due club è serio, che la volontà di procedere è feroce e condivisa; dà forza alla scelta di rimanere nell’area del Meazza, e di abbattere il vecchio stadio, che d’un tratto appare inadeguato al futuro anche per i più sensibili; dà tempo a tutti di familiarizzare con il pensiero del nuovo impianto. La presentazione di un progetto serve a far insinuare quel progetto nella comunità, come se fosse un virus silenzioso, e quella del nuovo stadio di Milano è stata confezionata a regola d’arte per tempi e modi: infatti, sui social e nei bar-sport milanesi e non solo milanesi, sembra già essersi assopita la reazione contro l’abbattimento dell’impianto attuale dietro un pizzico di eccitazione per il possibile futuro.
La strategia di Inter e Milan è basata sulla trasparenza. La conferenza è stata cristallina, ha coinvolto sia i club che i due studi in egual misura, ed è stata condotta da una figura di spessore come Giuseppe De Bellis, direttore di Sky Tg24 oltre che di Undici; il sito internet dedicato verrà aggiornato con il resoconto di tutti i passaggi e gli incontri per lo stadio; e la manovra “politica” rispetta tutti i paletti richiesti dalla Legge sugli Stadi e dall’amministrazione cittadina. I due club, sempre via Scaroni, hanno infatti annunciato che il nuovo stadio rimarrà di proprietà del Comune, così come «tutto quello che verrà costruito» – anche se verranno utilizzati fondi privati, attraverso un project financing.
Così l’amministrazione è spalle al muro: il sindaco Sala, infatti, non poteva privare la città di un immobile come il Meazza senza qualcosa in cambio, e in questo modo rimarrà proprietario di un bene, peraltro di valore infinitamente superiore a quello eliminato – il costo dell’impianto è stimato in 650 milioni, contro i 70 a cui viene attualmente valutato San Siro. Inoltre l’amministrazione guadagnerà anche tutte le costruzioni dell’area previste dalla Legge sugli Stadi e dai due progetti. Di contro, concederà l’utilizzo del terreno e delle strutture per 90 anni, lasciando ai club gli introiti derivanti dallo stadio e dalle cosiddette “attività accessorie”, in modo da consentire loro un rientro della spesa in tempi ragionevoli, stimati in 32 anni. Con ogni probabilità, nei prossimi mesi seguiranno altre marette politiche, ma è improbabile che il banco salti: il nuovo stadio conviene a tutti. Ai club, alla città, ai cittadini, al Paese. Ed è questa la forza della proposta: oltre agli aspetti architettonici è convincente sul piano burocratico e amministrativo.
Non è un caso nemmeno che i due stadi selezionati siano così diversi tra loro, ma siano in ugual misura memorabili. È il lato forse meno importante per il progetto architettonico, ma si è rilevato il più importante per l’opinione pubblica. Era richiesta iconicità, perché il Meazza è appunto considerato un’icona. Nel processo di selezione, quindi, è stata data priorità al concept, all’idea sulla quale il concetto di stadio è nato: i due anelli intrecciati per Manica-Sportium, a rappresentare la rivalità sana e collaborativa tra Milan e Inter; le guglie e il vetro per Populous, a rappresentare la città di Milano nei suoi due monumenti centrali, il Duomo e la Galleria. Sono stati creati e selezionati due nuovi San Siro, due stadi che, come il precedente, costruiscono la loro immagine sul concetto e lo stile. Il Meazza, infatti, ai suoi tempi fece leve sull’innovativa ed evocativa scelta architettonica delle rampe elicoidali – almeno finché non sono state costruite le torri per il terzo anello).
I due club hanno così dimostrato sensibilità nei confronti del contesto in cui operano. Vogliono un nuovo stadio, ma che sia in continuità con il vecchio. Che possa, in qualche modo, esserne un’evoluzione, non un sostituto. La scelta di Manica-Sportium di lasciare il terreno di gioco nella posizione in cui è attualmente rende questo concetto ancora più evidente, ed è con ogni probabilità una delle note per cui il progetto dei “Due anelli” si è fatto notare. È anche evidente la volontà di rendere unico lo stadio di Milano, non un modello ma qualcosa di irripetibile, di inimitabile, di irrealizzabile altrove, come viene considerato il Meazza. Su questo fa leva Populous, il cui progetto architettonico è di certo più complesso, ai limiti dell’utopico considerando soprattutto l’utilizzo integrale del vetro in facciata – e chi s’intende di architettura avrà alzato il sopracciglio nel vederlo, e conserverà il dubbio sugli esecutivi –, ma anche per questo possibile oggetto di invidia per tutto il resto del mondo.
Entrambi i progetti rispettano le linee guida indicate dai club: l’ampia disponibilità di spazi di aggregazione all’interno dell’impianto, oltre che all’esterno, vero punto debole dell’impianto attuale e motivo per cui la ristrutturazione non avrebbe senso (attualmente sono circa un decimo rispetto agli standard dei nuovi impianti europei); la misura compresa tra i 60 e i 65mila spettatori. Sarebbero pochi, secondo una parte dell’opinione pubblica; sono giusti, invece, secondo i club, che in questi numeri hanno trovato la misura perfetta tra l’andamento recente (negli ultimi 10 anni, spiegano sul sito riprendendo uno studio di Calcio & Finanza, la media spettatori è stata di 47.300) e la futura esclusività degli eventi: uno stadio sempre pieno è parte del progetto architettonico, dà lustro all’impianto e all’immagine dei club, e porta ad una corsa al biglietto che crea una mistica attorno allo stadio.
È quella mistica che il pubblico richiede, e che i due club stanno assecondando. Questo accade ad esempio con l’Allianz Arena e il Bayern Monaco: si sa che è praticamente impossibile conquistare un posto, così l’impianto diventa una specie di mausoleo irraggiungibile per chi non è un tifoso fidelizzato. E quindi, i tifosi stessi sono incentivati a rimanere vicino al club, ad accaparrarsi un abbonamento o una fidelity card. Un circolo virtuoso, oggi inesistente per Milan e Inter, si autoalimenterà. E a quel punto, con ogni probabilità, verrà chiuso il cerchio che i club hanno aperto la scorsa settimana con la presentazione ufficiale: la domanda più gettonata non sarà più perché vogliono costruire un nuovo stadio, ma perché ci hanno messo così tanto.