Old Trafford è lo specchio della crisi del Manchester United

Uno stadio vecchio, esattamente come il progetto sportivo dei Red Devils.

I risultati del Manchester United di Solskjaer sono estremamente deludenti, la rosa dei Red Devils è stata costruita senza seguire una chiara idea progettuale, la proprietà della famiglia Glazer è molto contestata dal pubblico di Old Trafford. E poi c’è proprio lo stadio di Sir Matt Busby Way, poco fuori dal centro della città, che in qualche modo offre un’immagine coerente con questo momento di crisi generale. Le condizioni del secondo stadio di calcio più grande d’Inghilterra (la capienza di 76mila spettatori è superata solo dai 90mila di Wembley) sono molto negative, soprattutto in relazione agli altri grandi impianti costruiti e/o ammodernati negli ultimi anni – per esempio il nuovo Tottenham Stadium o lo stesso Anfield Road, per cui da qualche mese è stato approvato un nuovo piano per ampliare la capienza.

L’ultimo intervento di ristrutturazione per gli spalti di Old Trafford è stato portato a termine nel 2006, al termine di un ciclo continuo di lavori iniziato nel 1992. Un anno dopo, la famiglia Glazer ha rilevato le quote della società, e gli investimenti sulle infrastrutture sono stati minimi. Secondo un articolo del Sun, fino al 2018 le aree dedicate alla stampa erano prive di copertura Wi-Fi. Il problema è stato risolto, ma ci sono altre criticità evidenti: la zona mista e la sala multimediale non rispettano i requisiti Fifa; i recenti lavori nell’area di accesso al campo hanno reso troppo piccoli gli spogliatoi; non c’è posto per installare le 35 telecamere previste per coprire una partita di una grande manifestazione, ad esempio Mondiali o Europei.

Proprio in virtù di questi mancati adempimenti rispetto agli standard internazionali, oggi il Daily Mail ha scritto che Old Trafford non potrebbe comparire nella lista degli stadi per una candidatura dell’Inghilterra all’organizzazione di un campionato Europeo o un Mondiale. Ovviamente, nel pezzo c’è la replica di un portavoce dello United, che si è detto «pronto a collaborare con le istituzioni per adattare le strutture alle richieste».

Le perplessità, però, vanno oltre l’eventuale inserimento di Old Trafford in una lista di impianti moderni, o virtuosi. Il punto riguarda le strategie del Manchester United, che non producono grandi riscontri in campo ma anche nella gestione di un tempio del calcio come lo stadio. L’anacronismo dello stadio come impianto può essere letto come anacronismo progettuale dei Red Devils: nel 2006, dopo l’ultima ristrutturazione, Old Trafford poteva ospitare 24mila spettatori in più rispetto al secondo campo più capiente d’Inghilterra, il St.James’ Park. Oggi questa distanza si è assottigliata, nel frattempo lo United continua a essere una delle società sportive più ricche del mondo (666 milioni di fatturato nel 2018), ma ha perso la prima posizione nella Deloitte Money League in favore del Real Madrid (750 milioni di introiti) e Barcellona (690 milioni), che a loro volta hanno già presentato nuovi piani per espandere il Santiago Bernabéu e il Camp Nou, e quindi aumentare ulteriormente i ricavi.

Altri club inglesi si sono trasferiti in nuovi stadi, più grandi e più moderni – Tottenham e West Ham –, mentre lo United resta sostanzialmente fermo, poggiato su una storia che fa fatica a rinnovarsi. In campo, fin dalla fine dell’era-Ferguson – una delle accuse che è stata mossa al Manchester United post-2013 è quella di non aver differenziato i compiti tra manager e un gruppo di dirigenti per quanto riguarda la costruzione e la gestione della squadra. Ma anche fuori, evidentemente, le cose non vanno così bene.