Il Valencia si sta autodistruggendo, di nuovo

L'addio di Marcelino e l'arrivo di Celades sono il frutto di una gestione societaria poco trasparente.

Quella di sabato 4 ottobre sarà una data che a Valencia non dimenticheranno facilmente. Un’ora prima della partita contro l’Alavés, circa cinquecento tifosi si sono dati appuntamento nell’immensa Avenida de Suecia, la strada che costeggia le tribune d’onore dell’Estadio Mestalla, per mettere in atto una contestazione senza precedenti. Gli obiettivi della parte più calda del tifo valencianista erano Anil Murthy e Peter Lim, rispettivamente presidente e maggiore azionista del club, finiti nell’occhio del ciclone dopo l’ennesima decisione controversa della loro gestione. Qualche settimana fa il proprietario della società aveva deciso di esonerare Marcelino García Toral, probabilmente il miglior allenatore sedutosi sulla panchina del Valencia dai tempi di Héctor Cuper e Rafa Benitez. I risultati conseguiti da Marcelino attestano il suo status: il Valencia non vinceva un titolo dal 2008 (una Copa del Rey alzata da Ronald Koeman), e con lui si è riportato finalmente a casa la coppa nazionale 2019, battendo 2-1 il Barcellona nella finale giocata al Benito Villamarín di Siviglia. Ma l’importanza dell’asturiano va ben oltre il “semplice” trofeo da aggiungere in bacheca, perché sotto la guida di Marcelino la squadra ha centrato per due anni consecutivi la qualificazione alla Champions League, l’unico vero obiettivo dichiarato dalla società.

La protesta all’esterno dello stadio è durata quasi un’ora, i tifosi si erano assiepati intorno alle entrate dove, di lì a poco, sarebbero passati Lim e Murthy. Ad attenderli c’erano decine di striscioni e alcuni cori difficilmente fraintendibili, come ad esempio “Anil, canalla, fuera da Mestalla” – col quale viene richiesto al numero uno della società, mai particolarmente amato, di levarsi di torno. Lo stesso dicasi per il controverso personaggio singaporiano, additato come il principale responsabile del momento che la squadra sta attraversando da un lustro a questa parte. Sotto accusa non ci sarebbero i risultati sportivi, che obiettivamente sono arrivati, piuttosto una gestione poco trasparente. Dall’esterno, le strategie del Valencia si prestano facilmente a interpretazioni che poco hanno a che fare con il calcio: secondo i tifosi, il club avrebbe assunto le sembianze di una sorta di scatola cinese, all’interno della quale potrebbero esserci nascose delle sorprese poco gradite, destinate a uscire allo scoperto una volta che Lim, stufatosi del giocattolo, dovesse decidere di salutare la terza città più popolosa di Spagna per andare a investire da qualche altra parte.

Cori e fischi sono proseguiti anche all’interno dell’impianto, scatenando la reazione di Murthy che – visibilmente arrabbiato – è stato ripreso dalle telecamere mentre zittiva la curva all’ennesimo “Peter vete ya” diretto al socio in affari. Alla fine della serata, solo il risultato ha permesso alla gente di sorridere: con il 2-1 rifilato all’Alavés, il Valencia è risalito di qualche posizione in classifica, ma la dirigenza non ha gradito affatto la contestazione messa in atto dalla tifoseria organizzata. A poche ore dal fischio finale, Murthy ha convocato una riunione speciale alla quale erano invitati tutti i dipendenti del club, esclusi giocatori e staff tecnico. Durante il meeting il presidente avrebbe ribadito alcune linee guida da tenere presenti se si vuole continuare a lavorare per il Valencia. In cima alle imposizioni ci sarebbe la totale riservatezza degli affari interni verso i media, visto che, in questi anni, del “sistema” societario hanno già scritto in tanti. Probabilmente troppi. A questa riunione hanno partecipato anche Mateu Alemany e Pablo Longoria, rispettivamente direttore sportivo e coordinatore dell’area tecnica, due personaggi che da tempo hanno rotto con la proprietà senza però essere mai stati allontanati. La goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso sarebbe stato il mancato trasferimento di Rodrigo all’Atletico Madrid, un’operazione che avrebbe permesso al Valencia di mettere un bel gruzzoletto  nelle casse societarie.

Secondo Alemany, alla fine sarebbero stati i Colchoneros a tirarsi indietro, facendo saltare l’affare. Però c’è un’altra versione, considerata più aderente alla realtà: Marcelino, amico fraterno del direttore sportivo per via di questioni extracampo, avrebbe posto il veto sulla cessione dell’attaccante. Nel frattempo però il mercato aveva anche portato qualche novità in entrata: Lim – nonostante le critiche – in estate ha speso circa 76 milioni di euro per acquistare alcuni giocatori di grande spessore come Maxi Gómez (pagato circa 15 milioni di euro al Celta), il portiere Jasper Cillesen, gli interessanti Manu Vallejo e Jorge Sáenz più il prospetto portoghese Thierry Correia, pagato 12 milioni (più tre di bonus) e blindato con un contratto pluriennale e una clausola rescissoria da 100 milioni.

Dani Parejo si dispera dopo il rigore sbagliato contro l’Ajax, in Champions League: gli olandesi hanno vinto per 3-0 al Mestalla, il capitano del Valencia ha calciato alto il penalty del possibile 1-1 (Jose Jordan/AFP via Getty Images)

Proprio l’arrivo di Correia ha fatto infuriare uno dei gruppi di tifosi più influenti, la cosiddetta “Marea valencianista”, che ha puntato il dito su questo trasferimento per riportare a galla una questione ampiamente dibattuta già in passato. Peter Lim ha acquistato il Valencia nel 2014 e, sin dal principio, ha instaurato un rapporto di collaborazione con Jorge Mendes, superagente portoghese con il quale l’azionista di maggioranza del club porta avanti un’alleanza molto proficua in termini economici. Secondo un’inchiesta condotta da alcuni giornalisti spagnoli, sono oltre 300 i milioni di euro movimentati a stretto contatto con Mendes da quando il tycoon di Singapore ha messo le mani sulla società – della quale possiede il 70,4% delle azioni. I giocatori più importanti arrivati a Valencia con un contratto di procura stipulato con la GestiFute, la società di Mendes, sono Otamendi, André Gomes, João Cancelo, Garay, Gabriel Paulista e Guedes, oltre ovviamente a Correia.

Per i contestatori, una larga parte di questi trasferimenti sono stati portati a termine più per accontentare Mendes che per potenziare realmente la squadra, una tesi sostenuta anche dall’evidente fastidio di un’ala della dirigenza e dello stesso Marcelino, che più volte aveva minacciato le dimissioni. A fargli cambiare idea sono sempre stati i giocatori più rappresentativi della squadra, dal capitano Dani Parejo allo stesso Rodrigo, tutta gente che per Marcelino nutre stima incondizionata. A sua volta, il tecnico asturiano ha più volte difeso i suoi ragazzi dalle critiche nonostante un carattere schivo. Poi c’è l’aspetto sportivo: Marcelino ha sempre centrato l’obiettivo posto dalla società, il suo 4-4-2 si è rivelato efficace sia in Spagna che in Europa, dove il Valencia talvolta è riuscito anche a sfoderare prestazioni da stropicciarsi gli occhi. Parallelamente, ha lanciato diversi giocatori giovani che rappresentano il futuro del club: dalle sue mani sono passati i vari José Gaya, Mouctar Diakhaby, Cristiano Piccini e Ferrán Torres, l’ultimo talento sbocciato dalla Ciudad Deportiva Paterna, un piccolo gioiello ubicato subito fuori il centro città che al suo interno racchiude uno stadio, sei campi da calcio, vari terreni da gioco sfruttabili per altri sport più strutture mediche, alberghiere e ricettive.

Per acquistare Maxi Gómez dal Celta Vigo, il Valencia ha investito 14,50 milioni di euro: il centravanti uruguagio, finora, ha realizzato quattro gol in sette partite di Liga e due di Champions League (Manuel Queimadelos Alonso/Getty Images)

Prima di andare via, Marcelino aveva lavorato anche su Kang-in Lee, talento sudcoreano classe 2001 che la scorsa estate si era preso la vetrina del Mondiale Under 20. In cambio, in due anni ha avuto una sola pretesa a livello tecnico: l’acquisto di Gonçalo Guedes. L’esterno portoghese, anche appartenente alla scuderia Mendes, è stato riscattato dopo aver fatto grandi cose durante la sua prima annata spagnola, ma la scorsa stagione la discontinuità già evidenziata ai tempi del Benfica è tornata a riproporsi. Memorabile in tal senso è la litigata in mondovisione durante la partita persa 2-0 contro il Real Madrid, quando il tecnico, visibilmente nervoso, si rivolse al giocatore richiamandolo per la sua poca partecipazione in campo, ricevendo in cambio un «fottiti» come risposta. Guedes è però anche stato uno dei primi a esprimere solidarietà all’allenatore: intervistato a pochi giorni dall’esonero, ha spiegato come il proprietario Lim, durante la tournée del Valencia a Singapore, abbia fatto i complimenti «a me e ai miei compagni solo per il quarto posto, non ha nemmeno menzionato la Copa del Rey vinta poche settimana prima. La verità è che a questa gente non importa il risultato sportivo: la Copa del Rey era un obiettivo soltanto mio, dei giocatori e dei tifosi».

Il posto di Marcelino è stato preso da Albert Celades, svincolatosi un anno fa dalla federazione spagnola dopo aver allenato la selezione Under 21 delle Furie Rosse. Rispetto al predecessore, l’ex centrocampista di Barcellona e Real Madrid è una figura con una maggior tendenza all’aziendalismo, qualità particolarmente apprezzata dalla premiata ditta Lim-Murthy. Celades ha comunque deciso di continuare il buon lavoro imbastito da Marcelino, sfruttando un gruppo dalle ottime qualità tecniche e con caratteristiche adatte per portare avanti un progetto tattico improntato principalmente sul 4-4-2.

Albert Celades è alla prima esperienza come allenatore di club: prima è stato sulla panchina delle Nazionali spagnole Under 17, 18 e 21, e ha ricoperto il ruolo di secondo nella breve esperienza di Julen Lopetegui al Real Madrid (Cesar Manso/AFP/Getty Images)

Nonostante abbia imboccato la strada della continuità, quantomeno della continuità tattica, Celades non sembra ancora essere entrato nelle grazie del pubblico locale: durante le prime partite giocate in casa dopo la sua nomina come allenatore del Valencia, i tifosi del Mestalla hanno invocato a gran voce il nome di Marcelino. I giocatori Rodrigo e Parejo, leader emotivi della squadra, due personaggi la cui importanza in città è seconda soltanto a quella del sindaco Joan Ribó i Canut, hanno fatto cenno ai loro fan di cambiare atteggiamento, così le manifestazioni in favore dell’ex allenatore sono cessate, ma è evidente come il pubblico abbia deciso da che parte stare. Gli stessi giocatori, però, hanno lasciato solo Celades in conferenza stampa alla vigilia del suo esordio sulla panchina del Valencia, a Stamford Bridge contro il Chelsea, per la prima giornata del girone di Champions League: erano in protesta per l’esonero di Marcelino da parte della società.

La situazione è esplosiva, è come se il Valencia fosse entrato di nuovo in un mood di autodistruzione, quando alla base ci sarebbero invece le possibilità per costruire qualcosa di più concreto e duraturo rispetto all’attuale sistema piramidale pensato principalmente per far guadagnare Jorge Mendes. E invece, nonostante le potenzialità della piazza, il rischio di tornare ai fasti del 2013, quando il Valencia era sull’orlo del fallimento economico, è sempre più concreto. Se invece tutto dovesse risolversi bene, si saranno solo ripetute le scene dell’ultima crisi, datata 2016. Era prima dell’avvento di Marcelino, l’uomo che sembrava aver riportato l’ordine. Una sensazione durata poco, troppo poco.