Robert Lewandowski ha segnato in tutte le partite che ha disputato in questa stagione, meno quella di Supercoppa tedesca, giocata il 3 agosto contro il Borussia Dortmund. Da allora, sono 16 reti in 11 match per 1051 minuti in campo in tutte le competizioni, con una tripletta e due doppiette. La media realizzativa è spaventosa: una marcatura ogni 65′ di gioco. L’ultimo gol è arrivato contro l’Augsburg, in trasferta, ed è emblematico rispetto al momento strepitoso del centravanti polacco: cross dalla destra di Gnabry, Lewandowski sembra partire in ritardo rispetto al suo marcatore diretto, ma poi in realtà lo brucia e lo sovrasta con il suo scatto e il suo salto, l’anticipo nel tempo è perfetto, così come l’impatto tra il pallone e la sua testa, da cui viene fuori una deviazione non violenta ma secca, che sarebbe alla portata del portiere solo che è stato tutto troppo veloce, e allora Koubek può solo toccare il pallone, non riesce a toglierlo dallo specchio della porta.
Il tempo sembra essersi fermato per Robert Lewandowski, che a 31 anni ha la stessa efficacia di qualche stagione fa, anzi è addirittura migliorato: l’attaccante del Bayern è reduce da tre annate consecutive in cui ha toccato quota 40 reti in tutte le competizioni, inoltre è il capocannoniere dell’anno solare 2019 con 30 gol messi a segno; non ha mai avuto questa continuità sotto porta, e alle straordinarie performance con il Bayern vanno aggiunte quelle con la Nazionale polacca, trascinata di peso alla qualificazione matematica per Euro 2020 – cinque gol nel girone G, di cui tre dieci giorni fa in casa della Lettonia.
Gli addii di Robben e Ribery e la progressiva esclusione di Thomas Müller dalla formazione titolare hanno eletto inevitabilmente Lewandowski come uomo-simbolo del Bayern, il polacco e Neuer restano gli ultimi eredi dell’ultimo ciclo vincente del club bavarese, che sta provando a superare la stagnazione del suo modello gestionale con un nuovo progetto e nuovi giocatori – per esempio Coutinho, ma anche lo stesso Gnabry, Coman, i nuovi acquisti Pavard e Hernández. Lewandowski ha vissuto da protagonista la rivoluzione di Klopp al Borussia Dortmund, poi gli anni tedeschi di Guardiola e Ancelotti, la transizione in corso di Niko Kovac: grazie all’interazione con tutti questi allenatori ha sviluppato una profonda conoscenza del gioco, non a caso il suo contributo va oltre la pura arte realizzativa, tocca anche altri aspetti, ad esempio è perfetto nei movimenti che disordinano la difesa avversaria, e partecipa costantemente alla costruzione del gioco offensivo (media di un passaggio chiave a partita) e alla gestione del pallone in zona avanzata(1,5 dribbling riusciti ogni 90 minuti). Lewandowski è il centro di gravità del Bayern, ha numeri irreali e non sembra neanche lontanamente vicino al declino tecnico e anagrafico che ci aspetteremmo da un ultratrentenne.