Il futuro del Var passa dalla possibilità di “chiamarlo” durante la gara?

I club di Premier League vogliono introdurre il "challenger" come quello del tennis o del rugby.

Nelle ultime settimane, la polemica sul Var e sul suo utilizzo è divampata in quasi tutti i grandi campionati europei. Uno dei punti più discussi – in realtà è sempre stato così, fin dall’introduzione della tecnologia – riguarda la possibilità che le squadre e/o gli allenatori possano “chiamare” l’utilizzo del supporto video, in modo che l’arbitro sia costretto a rivedere al monitor un episodio controverso. In questo modo, il direttore di gara potrebbe valutare per una seconda volta, e in maniera più approfondita, un episodio che ha giudicato solo dal vivo, e/o che il protocollo consente di giudicare solo dal vivo. In un articolo del Telegraph, si legge che i club della Premier League – che ha introdotto il Var a partire da questa stagione – discuteranno della possibile introduzione del “challenger”, vale a dire un numero predefinito (e limitato) di richieste di utilizzo del supporto video da parte dell’arbitro. L’idea sarebbe quella di riprodurre nel calcio le dinamiche di altri sport come il tennis e/o il cricket, in cui giocatori e squadre che non sono convinti della correttezza di una decisione arbitrale possono imporre al direttore di gara di valutare l’episodio con le riprese televisive.

Secondo il Telegraph – che riporta le parole di un presidente non identificato di Premier League –, tutte le società del massimo campionato inglese concordano nel voler portare avanti questa proposta, solo che ci sarebbe una forte opposizione da parte della lega a causa «dello spreco di tempo e dalla possibilità che gli allenatori utilizzino lo strumento del challenger in modo “tattico”, per fermare o rallentare il cronometro secondo la loro strategia di gioco». Di contro, i club si incontreranno la prossima settimana e poi presenteranno la loro proposta, portando a supporto un dossier sui «fallimenti del Var».

Tanti presidenti, sempre citati anonimamente dal Telegraph, hanno mostrato perplessità sulle modalità di utilizzo dello strumento tecnologico: «Il Var funziona bene per il fuorigioco», ha spiegato uno di loro, «non sono sicuro che lo stesso discorso valga per qualsiasi altro tipo di episodi». Un altro punto al centro del dibattito in Inghilterra riguarda l’utilizzo dell’On Field Review, quindi dei monitor posti a bordo campo che l’arbitro può consultare quando viene invitato dai suoi collaboratori in sala-Var. Uno dei manager che si è più lamentato di questa dinamica è stato Frank Lampard: «All’inizio era stato detto che i monitor a bordo campo sarebbero stati usati con parsimonia. Invece non sono stati usati con parsimonia: non sono stati usati affatto. Penso sia una cosa che miglioreremo con il tempo, e che mi rende fiducioso sul fatto che il Var possa avere ancora effetti benefici sul calcio».

La proposta dei club di Premier per l’introduzione del challenger prevederebbe una modifica del protocollo Var, quindi un pronunciamento dell’Ifab – l’organo internazionale che sovrintende al regolamento del gioco – in caso di prima accettazione. Da questo punto di vista, le istituzioni calcistiche non sono mai state molto entusiaste. Un anno fa, infatti, l’ex designatore degli arbitri Uefa Pierluigi Collina spiegò come lo strumento del Var “a chiamata” fosse inapplicabile al calcio per via delle differenze rispetto agli altri sport: «Il challenger viene utilizzato da volley e basket, sport per cui la grande maggioranza delle infrazioni sono valutabili in maniera oggettiva, nel calcio c’è una maggiore interpretazione da parte dell’arbitro. E poi è una questione geografica: nel momento in cui un pool di persone analizza tutte le immagini a disposizione, questo pool potrà avere una visione più precisa di quel che succede in campo, rispetto a ciò che un allenatore può comprendere dalla sua posizione». Dall’Inghilterra, sembrano essere certi di avere gli strumenti per cambiare questa visione. E vogliono provarci.