Il Psg è diventato una squadra?

Il progetto di Tuchel sta finalmente prendendo una forma razionale.

«Tutti dicevano che giochiamo un campionato a parte e oggi abbiamo perso. Facciamo autocritica perché con la stessa prestazione avremmo potuto vincere». Le parole di Tomas Tuchel dopo la sconfitta per 2-1 contro il Dijon nell’ultimo turno di campionato ci ricordano una volta di più quanto il Paris Saint-Germain sia fuori scala per la Ligue 1, e quanto la Ligue 1 sia ormai un feudo in cui la vittoria dei parigini appare scontata a priori. Ma c’è un altro aspetto da sottolineare, e riguarda l’ultima frase del tecnico tedesco: anche nella sconfitta sconfitta dello Stade Gaston-Gérard, il Psg ha dimostrato di poter vincere. Ed è così in ogni partita: il livello delle prestazioni dei parigini è diventato più costante e solo un’insolita imprecisione in area avversaria – il conto degli xG è 0.82 a 3.05 – li ha frenati a Digione. In questo c’è tanto del nuovo Paris Saint-Germain, che quasi mai si spegne del tutto, raramente è piatto e/o svogliato.

È una dimensione nuova, il Psg sembra quasi una squadra “normalizzata”. Non tanto per quanto riguarda il talento o la pericolosità offensiva – due parametri abbondanti da molti anni, nella rosa parigina –, ma per una razionalizzazione del sistema di gioco che ha portato un nuovo equilibrio: la squadra di Tuchel conta 11 clean sheet in 16 partite stagionali, di cui tre su tre in Champions League, dove ha subito un solo tiro in porta in tre partite. E proprio la Champions League è l’obiettivo dichiarato dei parigini, è il motivo per cui questa squadra continua a crescere, a costruire, a creare dinamiche sempre diverse.

Ma non è un’evoluzione solo in senso difensivo: l’equilibrio cercato e trovato dal Psg è di tutta la squadra. Tuchel è un allenatore che presta grande attenzione a ogni minimo dettaglio tattico, ma non ha un approccio rigido e dogmatico, sa modellare l’undici e le attribuzioni dei giocatori in base alle esigenze della singola partita. In particolare, l’ex tecnico del Borussia Dortmund ha capito di dover sacrificare qualcosa in fase offensiva pur di ottenere la formazione più efficiente possibile in tutte le zone del campo, anzi questa rinuncia serve proprio a esaltare il talento dei suoi migliori elementi – concentrato prevalentemente nel reparto offensivo. Il compromesso riguarda lo spostamento di Marquinhos nei tre di centrocampo, come mediano centrale coperto da due mezzali che hanno il compito di far avanzare il pallone. L’ex Roma ha giocato a centrocampo nove delle 14 partite stagionali, di cui le tre del girone di Champions League. In questo momento della stagione Marqunhos è il centro di gravità del nuovo sistema di Tuchel: preferendo il brasiliano a un giocatore con maggiore qualità di palleggio – per esempio Paredes –,  e mettendo da parte un sistema con due centrocampisti centrali, il Psg perde qualcosa nell’impostazione di gioco e nelle verticalizzazioni, ma ha trovato una quadratura che non demineralizza la fase offensiva.

Al secondo anno di gestione Tuchel, il Psg ha imparato ad adattarsi, a cambiare strategia anziché schiantarsi contro un muro quando il piano iniziale non porta risultati. È una dimostrazione di maturità. Ne è un esempio la partita contro il Bruges di due settimane fa. Il pressing offensivo della squadra belga, che avanzava fino all’area di rigore avversaria per recuperare il pallone accettando anche l’uno contro uno a tutto campo, sembrava mettere in difficoltà l’inizio azione dei parigini – qui vengono fuori alcune difficoltà dello stesso Marquinhos, appunto. Dopo pochi minuti, però, il Psg è riuscito a reinterpretare la partita secondo le sue esigenze, spostando i compiti di regia più dietro, tra i piedi di Thiago Silva, che cercava di verticalizzare il gioco verso gli attaccanti quando possibile (sei lanci lunghi e un passaggio chiave nei novanta minuti per il centrale brasiliano). Al settimo minuto Icardi ha sbloccato il punteggio, al primo pallone toccato.

Questa versione del Psg è più razionale proprio perché non dipende più solo dalle intuizioni dei suoi giocatori migliori, ma poggia su un sistema di gioco – per quanto non rigido né fisso – che li potenzia a partire dalle indicazioni del suo tecnico. Uno dei giocatori che sembra aver beneficiato di più di questo cambiamento è Angel Di María, sempre presente nelle prime 16 partite stagionali. Il Fideo è il vero motore offensivo, l’elemento che crea gioco per i compagni e per sé stesso nell’ultimo terzo di campo, che lo fa con una costanza che gli mancava da anni. Fin qui ha collezionato 7 gol e 9 assist. In pratica realizza o costruisce direttamente un gol a partita. Poi ci sarebbe la crescita verticale e costante di Mbappé, che ormai non fa più notizia, o quasi. Parliamo di un ragazzo che a 21 anni non ancora compiuti ha segnato 17 gol in Champions, cioè più di Ronaldo Nazarío, David Villa, Miro Klose, Diego Costa. Ed è uno dei due giocatori ad aver segnato 15 o più gol in Champions League prima dei ventidue anni: l’altro non c’entra nulla con la normalità, è Lionel Messi. Più dei numeri, però, c’è la sensazione che il francese sia perfettamente calato nel collettivo della sua squadra, e che a questa condizione abbia aggiunto una straordinaria capacità di associarsi con i compagni in spazi stretti per scattare in verticale oltre la linea dei difensori. Se poi può andare in campo aperto è semplicemente inarrestabile, come sempre.

Nelle prime 15 partite della stagione, il Psg ha vinto 12 volte con 35 gol fatti e 7 subiti (Ozan Kose/AFP via Getty Images)

I casi di Di Maria e Mbappé sono esemplificativi di come quasi tutti gli elementi della rosa stiano beneficiando del nuovo equilibrio del Psg. Una società che oggi è in una fase di riorganizzazione dentro e fuori dal campo. Non a caso in estate ha richiamato Leonardo per coprire il ruolo di direttore sportivo rimasto scoperto dopo la sua partenza. Con il brasiliano al comando, la società più emotiva e umorale del calciomercato ha iniziato una nuova fase di programmazione che punta a costruire allo stesso tempo la squadra di oggi e quella delle prossime stagioni.

Da qui gli arrivi di Ander Herrera, Sarabia, Gueye, Abdou Diallo e Keylor Navas. Tutte figure importanti per la squadra, ma arrivati senza troppi proclami. A loro si aggiunge l’unico vero acquisto di grido del calciomercato estivo, Mauro Icardi, sbarcato a Parigi l’uomo giorno di mercato. «Cavani è il nostro miglior centravanti, ma togliere Icardi dal campo adesso è impossibile», ha spiegato Tuchel dopo la sconfitta con il Dijon. Perché Maurito è arrivato per prendere il posto dell’uruguaiano quando quest’ultimo lascerà la squadra a fine stagione, ma già adesso ha dimostrato di poter e voler essere decisivo.

Di María è alla quinta stagione a Parigi: nelle prime quattro, ha realizzato 76 gol in 196 partite (Franck Fife/AFP via Getty Images)

L’ambizione del Psg, in campo, mira alla Champions League, un torneo in cui l’obiettivo minimo è migliorare uno score indecoroso che non ha mai visto i parigini andare oltre i quarti di finale, per fermarsi agli ottavi nelle ultime tre occasioni. È proprio grazie alla sua nuova maturità, alla capacità di leggere e capire le partite, che il Paris Saint-Germain può trovare l’upgrade che cerca. Il rischio, semmai, è rovinare tutto con le proprie mani come già accaduto in passato (leggasi: farsi rimontare quattro gol dal Barça). Un possibile elemento di criticità è la maglia numero 10. O meglio: il suo proprietario e l’impatto di questo personaggio su tutto l’ambiente.  Neymar è attualmente infortunato, stando alla cronaca del club, e ha giocato appena cinque partite in stagione – peraltro segnando quattro gol. Quando si avvicinerà il momento più delicato della stagione e le partite inizieranno a pesare di più, una personalità così ingombrante all’interno dello spogliatoio potrebbe essere difficile da gestire, soprattutto se dovessero arrivare i primi risultati negativi.

La forbice degli scenari possibili con un Neymar attualmente ai margini della rosa è enorme: potrebbe essere l’uomo in più che compare a stagione in corso e rende pressoché imbattibile una squadra già fortissima; oppure potrebbe essere un detonatore che aziona la carica di esplosivi, e quindi fa crollare il castello costruito settimana dopo settimana dalla dirigenza, dall’allenatore, dai suoi compagni di squadra. Inoltre il Psg arriverà con buona probabilità con il campionato già in tasca quando inizierà la fase a eliminazione diretta della Champions. Potrebbe essere un vantaggio, per la possibilità di far ruotare gli uomini più importanti, ma come abbiamo visto negli ultimi anni con squadre che avevano già ipotecato il campionato – Bayern, Juventus, Barcellona, lo stesso Psg – potersi rilassare in territorio nazionale non è un’assicurazione sul successo europeo, anzi. Per trionfare in campo internazionale il Psg avrà bisogno di qualcosa in più di una giornata comoda per riposarsi contro il Nimes o il Metz di turno. Per questo Tuchel sta sperimentando, costruendo e progettando una squadra in continua evoluzione. Alla costante ricerca di quell’equilibrio che le è sempre mancato e che adesso sembra aver fatto suo.