Esposito, fratelli

Sebastiano, Salvatore, Francesco: abbiamo incontrato tre giovanissimi talenti del calcio italiano.

Nessuno di loro ha ancora compiuto nemmeno 20 anni. È la loro prima intervista insieme, e anche individualmente è la prima volta che parlano con un giornale. Giocano a calcio tutti e tre, e sembrano essere bravi tutti e tre, eppure a vederli insieme, con le felpe grigie e nere, mentre si abbracciano e si picchiano per gioco, e scherzano e si provocano e infastidiscono e poi parlano, sono soprattutto tre fratelli e tre ragazzini, senza ancora quell’aura che emana dai calciatori più grandi o abituati alla routine degli impegni mediatici.

Quello di cui ultimamente parlano di più i giornali e le radio e le televisioni si chiama Sebastiano, è nato nel 2002, ha esordito già nel 2019 in Europa League e in Serie A e in Champions League con l’Inter, nel senso di prima squadra, e ha segnato ogni volta un nuovo record di precocità. Quello più grande e con più esperienza è però Salvatore, e gli altri lo chiamano Salva, anche lui viene dall’Inter ma ora è di proprietà della Spal. Lui è un classe 2000, e ha già giocato una stagione in Serie C, al Ravenna, e mentre scrivo fa il titolare al Chievo Verona, in Serie B. Fa il centrocampista, ha giocato il Mondiale Under 20, ha soltanto due anni in più di Seba ma parla con un tono più impostato, professionale.

Per esempio, del loro trasferimento – dei tre fratelli, della sorella, la più grande di tutti, e dei genitori – da Castellammare a Brescia, nel 2010 dice: «È stato un periodo difficile all’inizio: lontani dai nostri amici, portati in una realtà completamente diversa, devo dire che ci siamo ambientati bene, ma all’inizio è stata dura, però è stata una cosa che ci ha fortificato». A Brescia ci sono andati tutti perché il Brescia aveva deciso di tesserare due dei tre fratelli maschi: il provino era per Salvatore, ma come capita spesso nelle storie di successo, hanno poi preso anche quello che doveva essere l’outsider, Sebastiano.

Poi c’è Francesco, che è biondissimo per ora, ha 14 anni, lo chiamano Pio perché è il suo secondo nome. È il più timido, eppure dicono che sia il più talentuoso di tutti e tre. Gioca nell’Inter, e ha due fratelli in prima squadra. «Sono i miei eroi», dice, «ma non per come giocano a calcio». Lui è il più bresciano di tutti, «a me Brescia piace molto» dice, infatti ha deciso di rimanere a vivere lì e non andare in convitto a vivere con il fratello Sebastiano.

Dei tre Sebastiano è quello che ha lo sguardo più furbo, i capelli ricci, la faccia con un sorriso sempre presente tagliato un po’ in diagonale. Si sta divertendo? «Sì», dice, «ma mi rendo conto allo stesso tempo che quest’anno è cruciale, più delicato degli altri anni» È concentrato: «Posso sbagliare molto meno. Meno sbagli, più possibilità di carriera». Ed è anche consapevole dell’eccezionalità del momento e del suo ruolo. Lo provoco: ti senti il volto di una generazione? «Potrei esserlo», risponde, «posso essere un leader della mia Nazionale, dell’Under 18, della Primavera dell’Inter. Allo stesso tempo devo dimostrare ogni volta che me lo merito». È un ruolo che ha anche nella famiglia? «Con Pio sì», dice, «il fine settimana viene in convitto prima delle partite, anche se cerco di lasciarlo il più libero possibile. Ma se c’è qualcosa da dirgli per farlo migliorare lo faccio, è giusto». Ed è un trattamento che, con invece Salvatore, è riservato a lui: «Certo, lui è mio fratello più grande e si sente. Sono solo due anni, ma ha molta più esperienza di me, ha giocato in Serie C, in Serie B…».

Proviamo a fare un gioco: ognuno deve nominare un difetto e un pregio degli altri fratelli, a turno, ma naufraga presto. Sono timidi e c’è lì Agostino, il padre, a sorvegliare divertito. «Non ti posso neanche più picchiare», scherza Salvatore con Sebastiano. Pochi minuti più tardi stanno parlando in cerchio, sottovoce, e si percepiscono appena parole masticate su calcio, formazioni, schemi e sostituzioni. Parlano di Sebastiano, che potrebbe, dicono i giornali, giocare la sua prima con l’Inter di lì a pochi giorni. Non stanno dandogli consigli, ma consultandosi se schierarlo o meno nelle loro squadre di fantacalcio.