Perché la collaborazione tra Juventus e Palace è destinata al successo

Il club bianconero ha segnato la strada per i prossimi anni.

L’attesa creata dall’arrivo della collezione della Juventus firmata da Palace con adidas – una settimana circa dopo il debutto ufficiale, nella gara di campionato contro il Genoa – ha mostrato come le società di calcio abbiano davanti un potenziale enorme, in termini di merchandising e di immagine, da sfruttare – per questo abbiamo affermato come questa collaborazione rappresenti un momento di svolta. Dall’8 novembre, la collezione è disponibile negli store di Palace e Juventus e online su adidas, Palace e Juventus: sono presenti il kit da gara, due kit da portiere, guanti da portiere, track jacket, felpa, pantaloni, cappello, sciarpa, pallone e bag. Molti di questi articoli, in pochissime ore, sono già andati sold out.

Con questa collaborazione, la Juventus ha chiaramente ridisegnato lo scenario fashion del calcio italiano e non solo. Ha tracciato la strada per ampliare un mondo dai confini e prospettive illimitati. Il senso sta nel ripensare Juventus – o un qualsiasi altro club di spessore internazionale – come un brand; e come un brand, appunto, aprirsi a collaborazioni con altre realtà del mondo fashion. Il lavoro con Palace è basato su questo: l’unione di mondi attigui ma non necessariamente comunicanti, la creazione di una collezione a edizione limitata, e per questo anche con prezzi non esattamente modici (maglia da gioco e track jacket a 180 euro, t-shirt a 90, bag a 95).

Anche la tempistica risponde pienamente all’esigenza di svelare, in un momento stagionale piatto per le nuove uscite, un nuovo drop eccitante e coinvolgente. La quarta maglia, che è l’item più in vista della collezione, doveva per forza di cose essere presentato mesi dopo le prime tre, quelle tradizionali: è una strada che apre alla creazione di quarte, quinte e seste maglie e altri capi d’abbigliamento, non per forza legati al campo da gioco – il Marsiglia, per esempio, nei giorni precedenti ha realizzato con Puma le Influence Jerseys, maglie da calcio ma pensate per essere indossate dai tifosi e non dai giocatori – e da mettere in vendita in una fase temporale successiva alla prima “ondata” di inizio stagione.

Poi, ovviamente, c’è una fan base che si allarga grazie a questo tipo di collaborazioni. Il Psg, che sotto questo aspetto è stato precursore nel calcio europeo, con la linea creata da Jordan ha riscontrato un impatto di vendite e attenzione superiore rispetto alle aspettative. Come riporta Calcio e Finanza, il Psg ha reso noto che nella stagione 2018/19 (quella del debutto della collezione con Jordan) le maglie vendute «hanno superato per la prima volta il traguardo simbolico di un milione di unità. La partnership esclusiva del club parigino con Jordan è stata al centro di questo successo, poiché ha aperto l’accesso alla vasta rete di vendita del marchio americano negli Stati Uniti e in Asia». Qualche numero meritevole di riflessione: 150mila prodotti della collezione Jordan x Psg venduti in un solo mese, con il club francese che ha raddoppiato in cinque anni i ricavi del merchandising (nell’ultima stagione hanno raggiunto quota 60,4 milioni di euro).

Streetwear e calcio sarà dunque il connubio che i club, nel futuro, dovranno cercare di sviluppare: si è già vociferato di una possibile partnership tra Puma e BALR per una prossima maglia del Milan, o perché escludere che marchi già al fianco di club di calcio – Dsquared2, Thom Browne – possano decidere di attivare nuove collaborazioni destinate al pubblico. Si tratta di operazioni win-win, che svecchiano l’immagine non sempre all’avanguardia dei club e intercettano un pubblico più giovane, se non addirittura estraneo al mondo del calcio.

Al di là del ritorno economico, questione comunque importante, il vero traguardo raggiunto dalla Juventus è la conquista di una riconoscibilità diversa, più forte. Il processo partito con il rebranding – con il logo centrale nella nuova identità visiva – è arrivato a un turning point epocale, che farà del club bianconero un nome apprezzato e desiderato – la doppia J dovrà avere un appeal simile alle three stripes di adidas o al Jumpan di Jordan: un brand, appunto. Questo è il concetto di fondo di un’operazione intelligente e studiata con attenzione, che unisce il calcio non solo alla moda ma a un’idea più profonda e allargata di stile.