La convocazione in Nazionale dopo sole dodici partite di Serie A certifica come Gaetano Castrovilli rappresenti la certezza più gradita e insieme inaspettata nel movimentato avvio di stagione della Fiorentina, una società che in estate ha cambiato pelle, una squadra che deve ancora definire le proprie ambizioni di classifica. Reduce da un precampionato più che convincente sotto gli occhi di Montella (che per sottolinearne le potenzialità ha speso parole pesantissime: «Castrovilli può essere l’erede di Antognoni), il centrocampista nativo di Bari sta seriamente contendendo il titolo di miglior nuovo in casa viola nientemeno che a Franck Ribery. Si può dire che Castrovilli abbia bruciato le tappe: quella in corso è soltanto la sua prima stagione nella massima serie; dopo due mesi e mezzo figura ancora tra i cinque giocatori che Montella ha sempre schierato dal primo minuto; in più, per fargli spazio si è accomodato in panchina Benassi, che non è mai apparso un punto fermo nelle idee del tecnico sin dalla scorsa primavera, ma è pur sempre il secondo miglior marcatore – con nove reti all’attivo – della Fiorentina 2018/2019.
Eppure, osservando la sua crescita da una prospettiva diversa, l’impressione è che nella storia di Castrovilli non ci sia niente di accelerato. Ci sono piuttosto due anni di prestito in Serie B a Cremona, due stagioni intense (55 le presenze totali) in cui non è passato inosservato (sei reti e otto assist), e che lo hanno preparato al salto di categoria. Il punto, quindi, è un altro: parliamo di un centrocampista tutt’altro che improvvisato, che alla vigilia di questa stagione era effettivamente pronto; quello che è lecito chiedersi, piuttosto, è se aveva senso aspettarci che fosse così pronto. Al punto da diventare uno dei trascinatori silenziosi della nuova Fiorentina.
C’è un fatto particolarmente eloquente della centralità che Castrovilli si è guadagnato a Firenze. Nella consueta girandola di rinnovi autunnale, tra i tanti su cui la dirigenza ha lavorato e sta lavorando, il suo è stato il primo ad essere ufficializzato. Era il 10 ottobre, e appena una settimana prima Mancini aveva deciso di tenerlo fuori dai convocati della Nazionale dopo averlo seguito di persona e aver tenuto un po’ tutti, legittimamente, con il fiato sospeso. Lui ha prontamente risposto due giorni dopo con la prima rete in Serie A, nella serata di San Siro che ha tagliato le gambe al Milan di Giampaolo. Un gol semplice, una ribattuta a centro area sull’intervento maldestro di Donnarumma, ma utile per tracciare le coordinate di uno dei suoi pregi più evidenti: il tempismo. Castrovilli è un acceleratore con la palla tra i piedi, nel senso che i suoi tocchi non interrompono mai la fluidità della manovra, piuttosto la alimentano, ma sa leggere il gioco e inserirsi anche e soprattutto quando la palla la hanno i compagni: e se è ancora molto presto per definirlo uno specialista dei colpi di testa in inserimento, fa comunque ben sperare in quest’ottica il fatto che a distanza di appena quattro giorni ne abbia segnati due molto simili, contro il Sassuolo e contro il Parma.
Hanno strettamente a che fare con il tempismo anche i due assist che ha servito fino ad ora: il primo a Boateng all’esordio contro il Napoli, un tocco corto d’esterno apparentemente banale, ma che visto al rallentatore diventa la classica giocata che sembra semplice proprio perché viene resa tale dalla naturalezza di chi la fa; il secondo a Milenkovic nella trasferta di Reggio Emilia, un passante secco a tagliare l’area scoccato con precisione chirurgica. In entrambi i casi il margine d’errore era ristrettissimo, e in entrambi i casi – questo è il punto – Castrovilli ha preso la decisione giusta al momento giusto.
Nonostante il suo contributo in fase di rifinitura si sia fatto sentire, parliamo tuttavia di un centrocampista con ampie prospettive di crescita in termini di passaggi chiave nell’ultimo terzo di campo. Secondo i dati di WhoScored si piazza a quella voce appena trentesimo tra i centrocampisti della Serie A con 1.3 completati in media ogni novanta minuti, un valore nella media che non rende del tutto giustizia delle sue potenzialità. La sua capacità di proporsi verso la trequarti avversaria, in ogni caso, è stata sin qui preziosissima per arricchire le varianti offensive della Fiorentina. Un aspetto doppiamente importante, se si considera che un effetto collaterale del conservativo 3-5-2 ideato da Montella è il rischio di una fase offensiva poco consistente, specialmente quando vengono a mancare gli spazi ampi per liberare l’estro del tandem d’attacco. In questo senso non è sbagliato considerare Castrovilli come il terzo riferimento avanzato della squadra: non a caso, è il sesto in Italia tra i giocatori con almeno cinque partite giocate per dribbling riusciti ogni novanta minuti (3,1), dietro a Ribery (3,6) ma abbondantemente davanti a Chiesa (2), ed è quello che i compagni cercano per accendere la manovra; una recente indagine sui giocatori più preziosi nel guadagnare metri di campo lo colloca al dodicesimo posto in Serie A, primo tra i viola.
E difatti un secondo aspetto che gli ha consentito di distinguersi è proprio questa creatività, consistente e coraggiosa. Fin dalle prime settimane, Castrovilli ha dato l’impressione di avere una confidenza sopra la media con il pallone tra i piedi ed una finissima visione di gioco sul corto; uno dei motivi per cui il suo feeling con Ribery è sbocciato fin da subito. Non ha paura quando si tratta di rischiare, ma non è uno sprovveduto: nonostante perda ancora qualche possesso di troppo (3.1 p90 secondo WhoScored) ha sin qui dimostrato un ottimo senso dell’equilibrio, e raramente i palloni che gli vengono sottratti si trasformano in occasioni pericolose per gli avversari.
Lo aiuta il contesto, nel dettaglio il lavoro dei compagni a centrocampo: il fatto che, pur giocando da mezzala, gli venga lasciata una certa libertà è reso possibile dalla disciplina di Badelj in fase di interdizione e dalle corse all’indietro di Pulgar. Il croato, ad esempio, è il secondo miglior centrocampista della Serie A per palloni intercettati ogni novanta minuti, mentre il cileno è il quinto per tackle riusciti. Castrovilli è meno a suo agio nei duelli individuali in mezzo al campo, perciò tende a fare un lavoro diverso in fase di non possesso: è quasi sempre il primo portatore di pressione al portiere avversario, e va spesso a dare manforte a Chiesa e Ribery quando si tratta di dover alzare il baricentro della squadra. Un impegno prezioso, faticoso e spesso sottovalutato, fondamentale per spiegare come ad oggi sia (tra le tante cose) anche il quinto giocatore del campionato per chilometri percorsi in media a partita.
Nel suo caso, diversamente da tanti altri giovani italiani emergenti, la questione del ruolo ha un valore marginale. La casella di mezzala sinistra sembra ritagliata per lui e tutto lascia pensare che da questo punto di vista il suo percorso di crescita si svilupperà in maniera lineare, senza eccessive turbolenze. Diversamente, per intendersi, da quanto sta accadendo a Bernardeschi, a Chiesa o a Zaniolo, tutti e tre ancora in cerca di una collocazione ideale. Il fatto che sia ancora un po’ carente in termini di presenza fisica in mezzo al campo, e considerate le sue caratteristiche che descrivono qualcosa in più di una semplice mezzala di possesso, ci suggerisce che potrebbe avere senso un futuro avanzamento verso una posizione più centrale, da trequartista; ma la sensazione ad oggi è che in fondo Castrovilli stia benissimo dove Montella lo sta mettendo, e quindi non c’è motivo per immaginarlo altrove.
La sua sfortuna, se così la si può chiamare, è piuttosto quella di essere esploso in un periodo in cui i centrocampisti italiani tra cui Mancini può scegliere sono così tanti che due mani rischiano di non bastare per contarli. Da Sensi a Pellegrini, da Cristante a Barella, passando per Tonali, Zaniolo e i già affermati Jorginho e Verratti, la prospettiva di un futuro in Nazionale per Castrovilli sono al momento raffreddate dalla spietata concorrenza. Tuttavia, se da un lato il fatto di guadagnarsi un posto tra i convocati per Euro 2020 potrebbe non dipendere interamente da lui, dall’altro c’è una Fiorentina per cui è già diventato indispensabile. Mantenere la continuità di questi primi mesi lungo il corso di tutta la stagione sarà il primo, serio traguardo verso cui puntare; il primo passo sotto i riflettori di una carriera che andrà seguita con l’attenzione che merita.