Perché João Pedro è il simbolo del Cagliari

L'attaccante brasiliano si è guadagnato l'accesso a un livello superiore, proprio come la sua squadra.

Rivedere tutti i gol di João Pedro in questo inatteso e sfolgorante avvio di stagione – dieci in quindici partite, un giocatore del Cagliari non era in doppia cifra a questo punto del campionato dai tempi di Gigi Riva – è un modo per dirimere i dubbi, per chiarire definitivamente una questione ontologica: João Pedro è ufficialmente un attaccante. Magari lo è diventato partendo da un territorio più incerto, più ibrido se vogliamo, può darsi che alcuni suoi movimenti siano condizionati dai trascorsi come centrocampista offensivo, ma è evidente come oggi João Pedro interpreti il gioco come una punta. E lo fa anche benissimo.

Volendo sforzarci per trovare una statistica in grado di identificare subito un bravo attaccante, questa potrebbe essere il numero di tocchi di palla che gli servono per segnare un gol. È un rapporto di proporzionalità inversa: una punta risulta essere migliore, nel senso di più efficace, quando concretizza l’azione in maniera istantanea o comunque veloce, passando attraverso un rapporto stringato con il pallone. Vuol dire che ha saputo seguire l’azione e interpretare il gioco, che ha saputo posizionarsi bene per la conclusione, soprattutto ha saputo scegliere la soluzione migliore per centrare la porta. In questo senso, João Pedro ha statistiche eccezionali: otto dei suoi dieci gol in questa stagione sono arrivati grazie a un solo tocco, poi ce n’è un altro (bellissimo), quello contro il Bologna, che è arrivato con due tocchi, lo stop e la conclusione immediata in girata. Solo la rete contro il Genoa, a settembre, è arrivata al termine di una lunga conduzione del pallone – un contropiede contro zero difensori e il portiere avversario, chiuso con un dribbling sull’estremo difensore e un tocco in porta.

La nuova essenzialità di João Pedro lo rende diverso rispetto al passato, in qualche modo lo definisce. Fino all’anno scorso parlare di lui significava parlare di un calciatore dal ruolo sfumato per non dire confuso, non a caso è stato utilizzato da trequartista ma anche da esterno d’attacco, sempre con un rendimento alterno. Lo stesso Maran, nella sua prima stagione sulla panchina del Cagliari l’ha schierato come seconda punta e come rifinitore alle spalle degli attaccanti nel suo 4-3-1-2. L’ambizioso mercato estivo ha cambiato la configurazione mentale della squadra sarda, è come se avesse preteso delle scelte chiare da parte dell’allenatore, e una di questa ha riguardato proprio João Pedro, che fin dalla prime uscite stagionali è stato scelto come spalla del centravanti – in origine questo ruolo era assegnato a Pavoletti, poi l’infortunio dell’ex Napoli ha portato Simeone in rossoblu, e l’ha fatto diventare titolare nello slot di prima punta.

Il paradosso della carriera di João Pedro è che l’incertezza sul suo ruolo va fatta risalire alla certezza del suo talento. Come ha spiegato lui stesso in un’intervista rilasciata all’inizio del 2019, da giovanissimo era un attaccante puro, ma è stato spostato «in mezzo al campo, come mezzala o centrocampista centrale». È come se gli allenatori incrociati nel corso della sua carriera avessero deciso di sfruttare la sua capacità creativa in altre zone del campo, trascurando la sua naturale inclinazione: «A me piace stare ovunque, ma più vicino all’area avversaria. Io vedo la porta e se so che posso tirare, lo faccio». In queste parole, João Pedro aveva evidentemente descritto il giocatore che sentiva albergare in lui, che aspirava a essere, e che è diventato oggi grazie agli incastri che si sono verificati negli ultimi mesi: abbiamo già detto della crescita del Cagliari, per obiettivi di squadra e quindi per valore della rosa, un cambiamento che ha spinto Maran a disegnare un sistema tattico definito e definitivo, in grado di combinare e valorizzare e coltivare il talento degli elementi migliori (Nainggolan, Rog e Nandez, ma anche Simeone e Pellegrini).

I gol realizzati da João Pedro in questa stagione con tiri di prima intenzione e/o colpi di testa

Dalla scelta di questo sistema, si è originato lo slot migliore per João Pedro: oggi il brasiliano di Ipatinga – città di 260mila abitanti nello stato del Minas Gerais, uno dei centri siderurgici più importanti del Paese – gioca da seconda punta nominale, accanto a un centravanti atipico, molto dinamico (Simeone). Si tratta di un ruolo in cui ha la possibilità di esprimere tutte le doti del suo campionario, in cui può alternare la presenza nell’area di rigore avversaria con un contributo importante nelle altre fasi di gioco – anche grazie alla connessione continua e ravvicinata con Nainggolan, ormai inquadrato come trequartista, il belga è un giocatore che parla il suo stesso linguaggio tecnico, un linguaggio di alta qualità.

Questa posizione fluida dà a João Pedro una grande libertà interpretativa, nei movimenti e nelle giocate: quando il Cagliari costruisce l’azione su una delle due fasce, il brasiliano occupa e/o attacca l’area di rigore – non a caso, i due gol realizzati contro la Sampdoria, quello contro il Bologna e quello contro l’Inter sono arrivati sfruttando un cross dall’esterno. Quando la manovra è più centrale, si sviluppa in verticale e lo coinvolge in uno step precedente, uno dei suoi movimenti tipici è quello che lo porta a venire incontro ai centrocampisti e a Nainggolan per raccordare l’azione, mentre Simeone scatta in profondità. In fase di costruzione bassa, quando il possesso è più statico, la sua posizione diventa meno schematica, meno intellegibile, non è raro vederlo muoversi in orizzontale e subito dopo in verticale, per aumentare le soluzioni a disposizione dei suoi compagni, dal punto di vista geografico ma anche tecnico – ha una media di due dribbling riusciti e dieci duelli individuali vinti per partita.

João Pedro è arrivato al Cagliari nel settembre 2014; da allora, 168 partite e 48 gol in partite ufficiali (Enrico Locci/Getty Images)

Dopo anni di indeterminatezza, per quanto illuminata, João Pedro ha trovato la sua migliore dimensione tecnica ed emotiva. L’ha fatto insieme al Cagliari, di pari passo con il Cagliari, lui e il club rossoblu hanno dimostrato – una volta di più – come non esistano restrizioni formali e sostanziali alla possibilità di crescere, di ideare e costruire progetti anche molto ambiziosi, di conseguire risultati importanti, pure in tempi brevi e in un contesto come il calcio contemporaneo, economicamente stratificato e ipercompetitivo ai massimi livelli.

João Pedro aveva grande talento, l’ha sempre avuto, solo che l’ha mostrato a sprazzi e/o non era stato messo nelle migliori condizioni possibili per esprimersi. Sembrava destinato, anzi condannato a rimanere un calciatore incompiuto, poi però il Cagliari ha saputo e voluto individuare obiettivi più importanti, in pratica ha pungolato se stesso e il suo allenatore e i suoi giocatori a fare meglio, ad andare oltre la propria comfort zone. Se la splendida stagione vissuta dai sardi fino a questo momento può essere considerata come una grande occasione sfruttata alla grande da tutto l’ambiente, da tutti i protagonisti, João Pedro è un perfetto uomo-simbolo del salto in avanti: si è guadagnato l’accesso a un livello superiore, dopo che per un bel po’ di tempo aveva mantenuto solo parte delle sue promesse.