Tre cose sulla 16esima giornata di Serie A

Ronaldo, la Juve e il tridente, lo stop dell'Inter, la lezione del Brescia.

Cosa significa, per la Juventus, il 3-1 contro l’Udinese

La squadra di Sarri ha recuperato il primato in classifica – seppure in coabitazione con l’Inter. Basterebbe questo perché Juventus-Udinese venga eletta come partita importante, se non addirittura centrale, nella stagione della squadra di Sarri. Il risultato e l’andamento del match, però, danno indicazioni ulteriori, nel senso che vanno oltre un quadrato ristretto, esplorano il futuro: il tridente “pesante”, con Ronaldo, Dybala e Higuaín in campo dal primo minuto, è sembrata una soluzione percorribile, non disordina troppo la squadra e – ovviamente – moltiplica le possibilità offensive; la Juve vista in campo contro i friulani è stata una squadra corta, compatta, in grado di danzare con buoni sincronismi e buona velocità tra tutte le fasi di gioco, esattamente come vorrebbe il suo allenatore. E poi Ronaldo, il cui rendimento cresce insieme al volume di gol: sono quattro nelle ultime tre di campionato, più la rete in Champions contro il Bayer Leverkusen, ma più di questi numeri fa fede la crescita nella capacità di leggere il gioco, di essre nel posto giusto, al momento giusto, per concludere l’azione con la soluzione giusta, quella migliore. È stata la forza di CR7 negli ultimi anni, sta tornando prepotentemente ora, una volta risolti i problemi fisici. Per il portoghese, Sarri ha costruito – sta costruendo – una posizione ibrida ma potenzialmente letale, e nel frattempo sta provando ad alzare la qualità intorno a lui. Una strategia che sembra poter pagare dei dividendi molto alti.

L’Inter ha rallentato, ma non ha smarrito se stessa

Limitandosi a guardare i risultati, non è stata una bella settimana per l’Inter: prima l’eliminazione dalla Champions League, poi l’aggancio in vetta subìto dalla Juventus dopo il pareggio di Firenze. Una partita che i nerazzurri hanno comandato e portato fin quasi al termine della gara senza grossi scossoni, prima di incassare, nel modo più inatteso possibile, la splendida rete di Vlahovic. Di certo il punto del Franchi equivale a una mezza sconfitta (la Fiorentina non faceva punti dal 3 novembre), senza dimenticare che i nerazzurri hanno avuto più volte l’occasione del 2-0 – clamorosa, per esempio, la palla gol sprecata da Lukaku nella ripresa, che a molti ha ricordato l’errore simile contro il Barcellona. Eppure, nonostante due punti in tre partite (se si considera anche il pari contro la Roma di una settimana fa), l’Inter ha superato ogni prova di maturità: il suo percorso di crescita, cominciato pochissimi mesi fa con l’insediamento di Conte in panchina, è proceduto in maniera spedita, anche più rapidamente in confronto alle attese. Le difficoltà di gestione di una rosa ridotta, in particolare dopo prolungati forfait di giocatori importanti (Sensi, Barella e Sánchez su tutti), sono state brillantemente risolte da un tecnico che ha dimostrato di rivalutare anche elementi non centrali nel progetto – Borja Valero, per esempio, che a Firenze è tornato al gol dopo oltre un anno e mezzo. A una giornata dalla chiusura del 2019, perciò, l’Inter può guardare con fiducia al futuro, e soprattutto con un primo posto che ora è per davvero un obiettivo reale.

Gli highlights di Fiorentina-Inter 1-1

Da Brescia arriva una lezione

Due vittorie consecutive contro due squadre in lotta per lo stesso obiettivo di classifica. Il Brescia sembra essere uscito alla grande del doppio ribaltone Corini-Grosso-Corini, ha sperimentato un errore e ha deciso di tornare indietro, di cancellare una scelta evidentemente sbagliata. I risultati e l’atteggiamento della squadra lombarda sono una lezione per il calcio, non solo italiano: l’isterismo che porta all’esonero di un allenatore non è (quasi) mai una buona idea. Non lo è soprattutto quando i giocatori sono dalla parte del tecnico, dal punto di vista tattico ed emotivo. Corini aveva iniziato benissimo questa stagione, poi le cifre del Brescia erano precipitate, le sconfitte erano arrivate in maniera copiosa nonostante la squadra non giocasse così male, era una questione di valori e anche di sfortuna, due condizioni su cui l’allenatore può incidere relativamente. Il cambio con Grosso aveva destabilizzato l’ambiente, aveva alimentato l’abulia della squadra e dei giocatori piuttosto che cancellarla, è bastato richiamare il “vero” allenatore del Brescia perché il Brescia tornasse a fare ciò che sa fare, ovviamente all’interno dei suoi livelli. Le due vittorie contro Spal e Lecce sono frutto di coraggio e impegno e buona qualità di gioco, sono il risultato di un lavoro portato avanti nel tempo. Magari da qui a fine anno ci saranno altri periodi negativi per Corini e i suoi calciatori, ma questa volta la società ci penserà una volta in più prima di adoperare lo strumento dell’esonero. È una lezione che parte da Brescia e che dovrebbe arrivare un po’ dappertutto, perché a volte può essere salutare dare una scossa, ma è sempre consigliato maneggiare con cura certi cavi che passano l’elettricità, anche solo quella potenziale, all’interno di un gruppo di calciatori e tecnici e dirigenti.

Brescia-Lecce 3-0