Il dominio di Ilicic non è più in discussione

Era considerato incostante, oggi è il leader tecnico di una grande squadra.

Gran parte delle analisi su quella che può già essere considerata la miglior stagione della carriera di Josip Ilicic – nove gol e tre assist in quindici partite disputate, cinque gol e tre assist nelle ultime cinque; l’anno scorso arrivò a un totale di dodici gol e sette assist in trentuno presenze – ha come filo conduttore il ribaltamento di percezioni legate al fantasista sloveno. Il raggiungimento della completa maturazione tecnica, fisica e psicologica alla soglia dei 32 anni sembra quasi costituire un elemento di profonda distorsione nel racconto di “genio incostante” che accompagna Ilicic – un giocatore che, in realtà, è tra i più impattanti e decisivi dell’intera Serie A.

Ci hanno sempre descritto Ilicic come un fantasista estemporaneo, come se la fonte delle sue migliori prestazioni fosse destinata presto o tardi a esaurirsi, quando invece ha mostrato qualità costanza all’interno di uno dei contesti di squadra più significativi del decennio appena concluso. Anzi, l’idea stessa che l’ex Palermo e Fiorentina possa essere un giocatore affidabile e continuo sul lungo periodo ci sembra talmente surreale da distorcere inconsapevolmente la realtà del campo. In occasione della sua seconda rete contro il Parma, ad esempio, il commento più ricorrente sui social è stato: “In questo momento gli riesce tutto”; in realtà si è trattato dell’ennesimo momento di Ilicic all’interno di una partita che Ilicic stava dominando tecnicamente, fisicamente e mentalmente. Una cosa che accade da quando è arrivato a Bergamo, all’alba della stagione 2017/18.

Per questo, dire e scrivere che il 2019/20 sia “l’anno della consacrazione” di Ilicic è sbagliato o quantomeno ridondante. Perché Ilicic si è già consacrato da tempo, attestandosi come una delle individualità più dominanti del nostro campionato, titolare di prestazioni dai picchi di eccellenza, al limite e forse oltre l’onnipotenza: la tripletta partendo dalla panchina contro il Sassuolo della scorsa stagione, le gare contro Bologna e Milan, la doppietta in 77 minuti nel 7-1 all’Udinese, sono le manifestazioni più visibili e immediate di un calciatore in grado di fare la differenza sempre, comunque e contro chiunque. Anche, se non soprattutto, quando non manda a referto gol e assist: in Napoli-Atalanta dello scorso aprile, Ilicic è entrato al decimo minuto del secondo tempo al posto di Freuler, cambiando completamente ritmi e pericolosità della manovra offensiva della squadra di Gasperini, ribaltando l’inerzia della partita e creando i presupposti di una vittoria esterna che si rivelerà fondamentale nella rincorsa alla Champions League.

Nel match contro il Napoli al San Paolo della scorsa stagione, Ilicic crea i presupposti della rete decisiva saltando Allan sulla trequarti offensiva. In questo modo, si determina una superiorità numerica determinante nell’ultimo terzo di campo

Non bisogna però pensare che la natura di game changer di Ilicic sia legata al suo curioso rapporto con la panchina – «è l’unico contento di andarci» disse qualche tempo fa Gasperini in un’intervista alla Gazzetta dello Sport – o al suo riuscire a incidere sulle partite, anche dal punto di vista emozionale, sia da titolare che da subentrato: Ilicic è un giocatore unico nel suo genere, che è stato in grado di ripensare l’impatto della propria tecnica individuale, ricostruendo il proprio gioco in funzione di quella dimensione di “anomalia necessaria” in una squadra dalle sovrastrutture rigide e immutabili.

Perché nell’Atalanta che ha costruito gran parte delle proprie fortune sulla risalita del campo attraverso le catene laterali formate da terzo di difesa-esterno a tutta fascia-interno di centrocampo-terzo d’attacco, lo sloveno è il bug di sistema cui fare naturalmente riferimento quando gli ingranaggi di Gasperini non girano nei modi e nei tempi previsti: il suo essere determinante tanto nella progressione palla al piede in campo aperto quanto nella creazione della superiorità numerica e posizionale nello stretto fanno di Ilicic l’unico giocatore della rosa dei nerazzurri in grado di creare i presupposti di un’occasione da rete al di fuori di situazioni codificate e provate in allenamento. Inoltre, lo sloveno è l’unica interlocuzione tecnica possibile con Gómez nel 3-4-2-1 di riferimento: mentre il fantasista argentino si muove come seconda punta da sinistra verso destra e attaccando la profondità in ampiezza, lo sloveno agisce come un vero e proprio regista offensivo – come in occasione dell’iconica semifinale d’andata di Coppa Italia contro la Fiorentina – muovendosi tra le linee e offrendo uno sfogo tecnico alla manovra. Due modi diversi, eppure complementari, di interpretare il ruolo di trequartista moderno a tutto campo.

La connection Ilicic-Gómez funzionava bene anche durante la prima stagione dello sloveno a Bergamo

La centralità di Ilicic nell’Atalanta non è, perciò, una questione di numeri, ma di lettura e interpretazione di quei numeri e di quelle statistiche in relazione all’impatto che hanno all’interno del sistema: grazie alla grande libertà che gli viene concessa (partendo dall’amato centro-destra per poi accentrarsi) e alle sue capacità di read and react situazionale, lo sloveno è potenzialmente in grado di offrire la miglior soluzione possibile in ogni fase di gioco, alternando la ricerca del passaggio chiave – quasi 2 di media tra campionato e Champions League – alla rifinitura e alla conclusione dalla distanza, risultando il giocatore che tira di più (3,7 a partita) della seconda squadra, dopo il Manchester City di Guardiola, che tira di più nei cinque maggiori campionati europei. Si tratta del dettaglio più significativo di un’anomalia solo apparente e che vuole un giocatore intrinsecamente anarchico come Ilicic perfettamente collocato e collocabile in un sistema strutturato (e, per questo, talvolta fin troppo prevedibile) di cui possa essere il primo riferimento offensivo. Da centravanti atipico, trequartista o esterno: il discorso non cambia, o comunque cambia relativamente.

Così come cambia relativamente che i suoi “nuovi”, altissimi, standard di rendimento in realtà non siano così nuovi, o che il momento di svolta della sua carriera sia coinciso con il superamento di un grave problema di salute che poteva costringerlo al ritiro. Alla sua decima stagione nel campionato italiano, Ilicic deve essere finalmente riconosciuto per quello che è, ovvero un giocatore con una dimensione tecnica superiore e un fisico imponente, un profilo non troppo distante dai Pogba, dai Milinkovic-Savic, dagli Ibrahimovic. A questo si deve la sua capacità di determinare le partite in un modo che forse non ci saremmo aspettati ma che, invece, gli è sempre appartenuto, a dispetto di narrazioni banalizzanti e superficiali.