Tre cose sulla 19esima giornata di Serie A

Juve e Lazio oltre le difficoltà, pregi e difetti di Inter e Atalanta.

È di nuovo la Juventus delle vittorie ineluttabili, o quasi

La partita di Roma è stata complicata per tutti quelli che l’hanno giocata o anche solo vista, per tanti motivi: il momento dell’infortunio di Zaniolo è stato terribile, pochi minuti prima era stato Demiral ad avere un incidente che inizialmente era parso altrettanto grave, ed è stato costretto a uscire; intorno a questi due momenti brutti, sia i giallorossi che i bianconeri non hanno offerto il meglio del loro repertorio tattico e soprattutto tecnico, ci sono stati molti errori e molta confusione, le azioni belle o anche semplicemente lineari sono state davvero poche. Eppure la squadra di Sarri ha portato a casa i tre punti, l’ha fatto nonostante le difficoltà proprie e quelle relative al contesto, l’ha fatto indirizzando – anzi, determinando – il risultato nei primi minuti, con un calcio di punizione indiretto e un rigore conquistato dopo una palla persa dalla Roma in costruzione bassa. Dopo, ha fiutato l’aria negativa e si è adattata, ha concesso qualcosa alla Roma ma ha limitato i danni, ritraendosi, anzi ritirandosi dietro così da non compromettere l’esito del match. Il rigore di Perotti è arrivato dopo l’ennesimo errore, stavolta di Alex Sandro, ma ha riaperto solo virtualmente la gara, perché la Juventus ha controllato i flussi e i momenti con la consueta superiorità emotiva che discende da quella tecnica, una dote che risulta utile quando le contingenze neutralizzano la forza del sistema di gioco, e allora il successo al 90esimo assume quasi un carattere di ineluttabilità. La squadra di Sarri è ancora distante dagli standard richiesti dal suo allenatore, ma proprio per questo il titolo di inverno conquistato ieri, conquistato così, ha un valore ancora più grande, in attesa di progressi tattici che stanno emergendo piano in questa stagione di rivoluzione/transizione.

Inter e Atalanta hanno mostrato (meglio) i loro pregi e i loro difetti

In attesa che si compia definitivamente la rivoluzione di Sarri alla Juventus (leggere sopra), Inter e Atalanta sono le espressioni tattiche più compiute, ma forse anche più rappresentative, della Serie A. Ci sarebbe anche la Lazio, ma la squadra biancoceleste dà la sensazione di essere meno totalizzante rispetto a quelle di Conte e Gasperini. Queste considerazioni hanno un riflesso ancora più profondo subito dopo il confronto diretto, che in qualche modo ha svelato (ancora meglio) i tanti pregi e i pochi difetti dei nerazzurri milanesi e di quelli bergamaschi: l’Inter ha un sistema perfettamente calibrato su Lukaku e Martínez, anche i due attaccanti si muovono e lavorano e pensano l’uno per l’altro, tutti gli elementi tattici ed emotivi tendono a esaltare le loro qualità, fin da subito, alla ricerca del gol. Il dark side di questo approccio si manifesta quando l’avversario riesce a opporre qualità equivalenti eppure differenti, per esempio l’esuberanza fisica e gli automatismi dell’Atalanta di Gasperini, che hanno costretto gli uomini di Conte ad abbassare l’intensità del pressing e a retrocedere sul campo da gioco, soprattutto nel secondo tempo. Poi c’è Handanovic, bravissimo non solo sul rigore di Muriel, ma anche in un altro paio di circostanze precedenti al tiro – comunque angolato – dell’attaccante colombiano. L’Atalanta, da parte sua, ha mostrato come il suo calcio riesca a inibire qualsiasi avversario, è un discorso di supremazia fisica ma ormai anche tecnica, solo che però ci sono ancora delle ingenuità evidenti, per esempio la rete subita dopo pochi minuti di gioco e lo stesso errore di Muriel dal dischetto – del resto sono questi i momenti che fanno la differenza tra una squadra che sta diventando grande e una che ha già completato questo percorso. La sensazione che il pareggio finale penalizzi più l’Atalanta che l’Inter restituisce la forza e l’importanza del lavoro di Gasperini, ma anche il fatto che il progetto dei bergamaschi sia più vecchio, quindi si trovi a uno stadio più avanzato, rispetto a quello di Conte, che paga anche una rosa numericamente ristretta rispetto alle sue esigenze – un altro difetto dell’Inter, sottolineato anche dal tecnico salentino nel postpartita.

Gli highlights di Inter-Atalanta

Il momento d’oro della Lazio non è questione di fortuna

Dieci vittorie consecutive rappresentano una notizia enorme per la Lazio, ma anche per la Serie A e per la storia del campionato. Oltre ad avere un grande significato statistico, questo record restituisce compiutamente la forza di un gruppo che ha mostrato di saper vincere in tutti i modi, contro chiunque. Se i successi arrivate al termine di una partita brutta o giocata male oppure ancora ribaltata sono un’unità di misura possibile per individuare una grande squadra, la Lazio ha confermato una volta di più di essere davvero pronta per competere ai massimi livelli. Contro il Napoli, per esempio, gli uomini di Simone Inzaghi hanno dovuto cambiare pelle più volte: dopo un buon inizio, la squadra di Gattuso ha deciso di congelare il possesso palla, di utilizzarlo come strumento difensivo, la Lazio ha provato a pressare ma ha speso tante energie, così nel secondo tempo i ruoli si sono ribaltati e i partenopei avrebbero meritato anche di andare in vantaggio, a un certo punto. Poi, però, un errore di Ospina ha aperto uno spazio per cambiare la storia, e allora Immobile si è trovato nel posto giusto, al momento giusto. Non può essere un caso: è successo a Firenze, in casa del Sassuolo, contro il Cagliari, contro il Brescia, tutti match risolti con un gol nel finale dopo minuti sofferti, e le prestazioni della Lazio non erano state proprio brillanti. La componente di fortuna esiste ed è inutile negarlo, ma ci sono anche altre cose da sottolineare: la capacità di rimanere sempre in partita, le risorse della panchina (vedasi alla voce Caicedo), le letture di Inzaghi (contro il Napoli, per esempio, il tecnico della Lazio ha tolto un attaccante per inserire un centrocampista quando il risultato era ancora sullo 0-0). Le grandi squadre sono fatte anche da queste cose, dopotutto.