Zion Williamson non ha ancora giocato un singolo minuto di basket professionistico, eppure è come se lo conoscessimo da sempre. In un’era in cui tutto si crea e tutto si distrugge nel giro di un attimo, da tre anni e mezzo ormai i feed dei nostri social network sono pieni delle sue schiacciate impossibili, del suo atletismo da Monstar di Space Jam, delle sue foto che sembrano dei fotomontaggi da quanto sono assurde.
Zion Williamson è entrato di prepotenza nelle nostre vite e non è destinato a lasciarle molto presto. Ma se quelle stesse giocate erano comunque circondate dal dubbio che la competizione attorno a lui fosse troppo scarsa per essere presa sul serio, il talento di Williamson ha vissuto una seconda vampata di hype quando ha cominciato a rifarle uguali a livello universitario a Duke, proiettandosi direttamente nella stratosfera. Era dai tempi di LeBron James che un giocatore non arrivava in Nba con un’attesa del genere, e quando arriva un talento di questo tipo la macchina del marketing della lega ci si butta a capofitto.
Per quantificarlo, basti pensare che i New Orleans Pelicans — la squadra che ha avuto la fortuna di chiamarlo con la prima scelta assoluta dell’ultimo Draft — con una stella del calibro di Anthony Davis sono andati in diretta nazionale per tredici volte nell’ultima stagione, un record nella loro breve storia. Con Williamson saranno trenta nella stagione 2019/20. Due di queste 30 partite in tv nazionale saranno trasmesse addirittura su ABC, la rete generalista su cui finiscono solo i mammasantissima della Nba: era dall’aprile 2009 che New Orleans non godeva di una vetrina del genere (e di cui godrà anche il nostro Nicolò Melli, che si giocherà minuti nel ruolo di 4 proprio alle spalle di Zion).
Tutto questo solo per la presenza del nuovo numero 1 dei Pelicans, che avrà attorno a sé un contesto immediatamente rispettabile se non addirittura competitivo, con giocatori già affermati come Jrue Holiday e J.J. Redick e giovani che ne hanno già viste un bel po’ come Lonzo Ball e Brandon Ingram, oltre a un supporting cast di solido livello.
Insomma, gli ingredienti per plasmare la Next Big Thing della Nba ci sono tutti. Se poi sarà anche vincente sarà solamente il resto della sua carriera a dircelo — i dubbi sul suo tiro in sospensione e sulla sua solidità fisica con quel tipo di esplosività esagerata sono più che legittimi —, ma il percorso che ha portato Zion Williamson fino a questo momento non avrebbe potuto essere scritto meglio.