Come sono le nuove Predator Mutator di adidas

Con l'innovativa tecnologia Demonskin che riscrive il concetto di precisione.

Le Predator di adidas hanno incarnato l’essenza più pura del gioco, nella loro storia ultraventennale: merito dei grandi campioni che l’hanno indossata e ne hanno fatto un marchio di fabbrica – da Zidane a Del Piero a Beckham – e di una costante tensione verso il futuro, ad anticipare quelle che sarebbero state le dinamiche prossime del calcio giocato. Un “manifesto” già presente nella primissima edizione della scarpa, lanciata nel 1994: nessuno mai aveva visto quelle applicazioni in gomma, simili a delle squame, poste in rilievo sulla tomaia. L’idea era assicurare il miglior controllo di palla per quei giocatori che proprio del tocco e dell’eleganza erano gli interpreti migliori.

Negli anni, la Predator ha cambiato stile, colorazioni e pelle (nel senso più vero del termine, con nuovi materiali tecnici che hanno accompagnato lo sviluppo del gioco), ma la versione del 2020 promette di essere qualcosa di più nella storia della scarpa: più che un’evoluzione, una mutazione – è infatti Mutator il nome della Predator 2020. L’abbiamo provata in un evento organizzato a Milano alla presenza di Miralem Pjanic e Valentina Giacinti, due giocatori che avranno le nuove Predator ai propri piedi sin dalla prossima giornata di campionato. Le parole d’ordine sono sempre le stesse: controllo e precisione.

L’aspetto più evidente, estetico e non solo, è la presenza di piccolissime punte in gomma che ricoprono gran parte della tomaia: si tratta della tecnologia Demonskin, uno strato innovativo progettato per migliorare il grip e la rotazione del pallone. Matteo Cattaneo, responsabile prodotto calcio di adidas Italia, ne ha raccontato i dettagli: «Si tratta di 406 “spikes”, o artigli, che corrono lungo la tomaia, tutti di dimensioni e posizionamento differente: questo perché ogni angolo di impatto del pallone con il piede ha bisogno di un preciso gruppo di spikes. Questa tecnologia consente un dieci per cento in più sul grip della palla e conseguentemente si riesce anche a dare maggior rotazione». Ed è vero: nel momento in cui si calcia il pallone, la parabola che ne esce ha quello “spin” in più che permette traiettorie più precise e ostiche per i portieri.

Dal 2016 la Predator non ha più i lacci ed è dotata di un collare alto, e la Mutator segue questo percorso: «Non è una questione di comodità», aggiunge Cattaneo, «ma risponde all’esigenza di colpire il pallone senza alcun elemento che possa interporsi tra il piede e il pallone». Questo è un concetto che si sposa appunto con il miglior controllo possibile, e la Mutator, nel momento in cui la si indossa, ha quasi le caratteristiche di un calzino più che di una scarpa. Prosegue Cattaneo: «Non c’è più materiale sintetico fatto di pannelli nella tomaia, infilare questa scarpa è un po’ come mettere una calza. Nel collarino alto è inserito un materiale elastico che prende la forma di qualsiasi piede, permettendo di non avere nessun tipo di movimento indesiderato quando si controlla il pallone o si cambia direzione. C’è una sola cucitura, sotto il piede, nella parte interna: è posizionata lì per fare in modo che l’unica cucitura presente sia la più corta possibile. In questo modo, le probabilità che questa tomaia si rovini sono molto limitate».

Come è ormai trend da anni, la nuova Predator è leggerissima: il suo peso è di 240 grammi. «Raggiungiamo questo peso eliminando il materiale che non serve, senza andare a compromettere la resistenza del materiale stesso. Sotto la suola, per esempio, ci sono dei buchi: il materiale lì non era necessario per performare». Anche la tacchettatura è un aspetto importante: ogni tacchetto ha una dimensione e una forma differente, il tutto per poter cambiare direzione in maniera facile.

«A questa scarpa ha lavorato il Centro sviluppo e ricerca di adidas con il contributo dei migliori giocatori al mondo. Se si conoscono quali sono i materiali e qual è lo studio dietro la scarpa, si impara anche a utilizzarla. Questa è la miglior Predator sul mercato», sottolinea Cattaneo. Miralem Pjanic ha aggiunto: «Sono quindici anni che indosso la Predator e devo dire che questa nuova versione mi ha impressionato. Per il mio tipo di gioco, il primo controllo è fondamentale, e questa scarpa in questo senso aiuta tanto. Come pure nella precisione del passaggio e del tiro».