Tre cose sulla 24esima giornata di Serie A

Le certezze della Lazio, un'Atalanta sempre più matura, la coerenza del Lecce.

La Lazio ha mostrato di avere più certezze rispetto all’Inter

Simone Inzaghi e Antonio Conte sono due allenatori diversi, per stile e ideologia. Però hanno qualcosa in comune: schierano le loro squadre con la difesa a tre, per esempio. Ma soprattutto, entrambi amano lavorare per riferimenti fissi: il loro calcio è fatto di meccanismi che si ripetono in maniera quasi ossessiva, ai quali si aggiungono delle cose sempre nuove nel corso del tempo. Partendo da questi presupposti, è inevitabile che la Lazio, o meglio questa Lazio, abbia maggiori alternative rispetto all’Inter. I giocatori di Inzaghi ne conoscono di più, ne hanno imparate di più, perché sono stati plasmati ed educati dal loro stesso allenatore nel corso delle ultime stagioni. Il percorso dell’Inter è iniziato molto tempo dopo, poco tempo fa, e questo ha fatto la differenza nella sfida di ieri. La Lazio ha saputo bloccare l’Inter, ha limitato il suo gioco, ma è andata comunque sotto nel risultato. Poi però ha alzato il suo ritmo, aveva gli strumenti per farlo e l’ha dimostrato, mentre l’Inter è sembrata impossibilitata ad andare oltre se stessa, oltre un certo tipo di azioni e movimenti e giocate – esattamente la stessa sensazione vissuta contro il Napoli. La rimonta firmata da Immobile e Milinkovic-Savic è stata fondata sulle (tantissime) certezze, tattiche ed emotive, di un gruppo ormai maturo, che merita ampiamente di qualificarsi alla Champions League ma anche – perché no? – di lottare per lo scudetto con la Juventus e la stessa Inter. Gli uomini di Conte hanno perso la loro terza partita domestica in stagione, sono stati battuti solo da Juventus, Lazio e Napoli, ovvero tre squadre con un valore simile e/o superiore a quello dei nerazzurri. Non è un caso, non può esserlo. L’impatto dell’allenatore salentino è stato eccezionale, e proprio per questo ci sono i margini per crescere, per andare oltre, in questa stagione e nelle prossime. Servirà cementare le certezze che già ci sono, che sono evidenti, e integrarle con nuove conoscenze. Come ha fatto la Lazio di Inzaghi. Una squadra-progetto che deve rappresentare un modello per tutti, non solo per l’Inter

La maturità dell’Atalanta ha divorato una Roma amorfa

In questa stagione l’Atalanta aveva avuto un rapporto ambiguo con i giorni precedenti a un incontro di Champions: aveva perso con la Juve e il Cagliari, pareggiato con la Lazio, e vinto solo con squadre sulla carta meno forti (Verona, Sassuolo, Genoa). Il 2-1 sulla Roma è stata una conferma di come la squadra di Gasperini abbia raggiunto una maturità tale da poter gestire bene anche gli incontri pre-europei, esaltando nuovamente un gruppo che merita l’attuale posizione in classifica. L’Atalanta ha abbattuto la Roma come se fosse un avversario qualunque, anche perché i giallorossi si sono presentati a Bergamo molto chiusi e non hanno giocato una partita con la convinzione di poter vincere. Effettivamente Fonseca può sempre addebitare la crisi della sua squadra agli infortuni, ma come ha detto lo stesso tecnico portoghese, «il problema della Roma non è la forma fisica ma la testa». L’unico squillo giallorosso è stato il gol di Dzeko, singolare elemento di competitività e rabbia in una squadra che sta perdendo non solo punti ma anche la propria identità. L’Atalanta era indicata come una delle peggiori squadre che la Roma potesse incontrare in questo periodo, e la leggerezza degli errori giallorossi – gli stessi visti contro Sassuolo e Bologna – sono stati enfatizzati dall’aggressività degli uomini di Gasperini. L’errore di Fonseca è stato quindi il non lavorare efficacemente sulla preparazione mentale della squadra. Un aspetto fondamentale per tutte le partite, ma soprattutto quando si affronta una grande riconosciuta. L’Atalanta, del resto, si è conquistata sul campo questo status.

Palomino e Pasalic ribaltano la Roma

L’esempio del Lecce

La coerenza e l’attesa sono due doti che vanno di pari passo. Una accompagna l’altra, necessariamente. Un esempio calcistico significativo, in questo senso, riguarda il Lecce di Fabio Liverani. I giallorossi sono reduci da tre vittorie consecutive, nove punti fondamentali per la lotta salvezza ottenuti contro Torino, Napoli e Spal. A questi successi va aggiunto il pareggio contro l’Inter, che in qualche modo ha “avviato” il momento d’oro dei pugliesi. Questi risultati sono frutto di coerenza e attesa, perché il Lecce brillante di oggi è una squadra molto simile a quella che ha iniziato il campionato con tre vittorie nelle prime 21 giornate di campionato. Semplicemente, la società e i giocatori di Liverani hanno saputo credere in loro stessi e nelle idee che stavano portando avanti insieme al loro allenatore, hanno saputo aspettare che si determinasse l’intesa necessaria perché una rosa di qualità non proprio elevatissima (57 milioni secondo Transfermarkt) potesse rendere efficaci le combinazioni ambiziose, il possesso sofisticato, il mix equilibrato tra attacco e difesa, tutti aspetti centrali nel gioco di Liverani. Non è un caso, non può esserlo, se dal decimo posto in giù solo Sassuolo e Lecce non abbiano ancora cambiato allenatore. Nel successo contro la Spal, è parso evidente come tutto l’ambiente giallorosso fosse certo del progetto che si stava manifestando, che la strada imboccata da Liverani e dai suoi giocatori fosse quella giusta, cioè la migliore, l’unica possibile per il Lecce. In questo senso, i gol di Mancosu (in rosa dal 2016, quando il Lecce era ancora in Serie C) e di Majer (un nuovo acquisto) sono ugualmente simbolici, raccontano una storia di attese rispettate e di coerenza, di passato che si mischia razionalmente col futuro, alla ricerca di una salvezza possibile – e che al momento sarebbe anche ampiamente meritata, per il Lecce.

Gli highlights di Lecce-Spal 2-1