Ascoltare il podcast di Asmir Begovic in isolamento per il Coronavirus

Il nuovo portiere del Milan come metodo per affrontare la noia.

Alcuni amici girano con la mascherina davanti alla bocca. Anche l’Esselunga vicino a casa è stata presa d’assalto (però le penne rigate ci sono). È lunedì 24 febbraio, fuori c’è il sole e la temperatura sfiora i 20 gradi, ma non sono andato in ufficio. In Lombardia ci si abitua all’ordinanza di isolamento per il Coronavirus. I cinema sono chiusi, i bar devono farlo entro le 18 e l’azienda ci ha detto di lavorare da casa. In realtà oggi è anche il mio giorno libero, quindi a casa ci sarei rimasto comunque. Sfoglio la versione digitale della Gazzetta dello Sport, che apre scrivendo «Scudetto in quarantena» con le facce di Cristiano Ronaldo e Lukaku scontornate dopo un gol sbagliato, finisco alle pagine del Milan. C’è un ritratto di Asmir Begovic che si intitola: «Scudetto, podcast e fiducia. Col giramondo Begovic il Diavolo resta al sicuro». Podcast?

Sul suo profilo Instagram scopro che sì, oltre ad avere una fondazione, un’academy e una linea di guanti, Begovic ha anche un podcast. Si chiama Season of Sports ed è arrivato al 56° episodio. Lo ascolto subito. È datato 16 febbraio ed era dallo scorso 20 dicembre che non ne usciva uno. Begovic dà il bentornato a tutti, si presenta e si scusa per la latitanza con la naturalezza che avrei io se non mi facessi vedere per un po’ dal mio gruppo di amici: «Ho avuto da fare al lavoro…». Solo che lui dice: «Sono andato al Milan…». Cose di lavoro, certo. Begovic è un appassionato di sport americani e ne parla con grande competenza. Comincia questo episodio ricordando Kobe Bryant («Il mondo è un posto peggiore senza di lui»), e fa un punto sulla stagione Nba: a suo dire Philadelphia è la principale delusione della lega finora. Poi commenta il Super Bowl vinto dai Kansas City Chiefs. Arriva la parte in cui interagisce con la sua fanbase — ha quasi 300mila follower sia su Twitter che su Instagram, mentre il profilo del podcast ne ha solo poche centinaia — e risponde alle domande che gli hanno lasciato gli utenti. Uno gli chiede se il salary cap degli sport americani potrebbe funzionare anche nel calcio europeo, un altro lo interroga su Gianluigi Donnarumma. Begovic dice che «diventerà sicuramente il portiere più forte del mondo». Trovo curioso il fatto che possa parlare di cose che riguardano il Milan anche fuori dalle interviste concordate con il club, ma Milano è blindata per il coronavirus e ora sono molto più interessato a scoprire qualcosa di più su Begovic che a mettermi nei panni dell’ufficio stampa della società.

Asmir Begovic ha 32 anni ed è nato a Trebigne, che una volta era Jugoslavia e adesso è Bosnia ed Erzegovina. La sua storia è più o meno nota: a quattro anni, a causa della guerra dei Balcani, con la sua famiglia si è trasferito prima in Germania e poi in Canada, a Edmonton. Della provincia dell’Alberta gli è rimasto il tifo per gli Edmonton Oilers, una franchigia di Nhl, ma all’hockey giocato ha sempre preferito il calcio perché «ho visto troppi miei amici subire una commozione cerebrale». Dopo vari prestiti, ha esordito in Premier League nel 2009 con il Portsmouth. Nel 2013, passato allo Stoke City, ha segnato dalla sua area di rigore un gol che per un anno è stato nel Guinness dei primati come gol da più lontano nella storia del calcio (l’ha battuto il sudcoreano Koo Sang-min, direttamente da rimessa dal fondo) e nel 2014 è stato il portiere titolare della Bosnia durante i Mondiali in Brasile. È arrivato al Milan a gennaio in prestito dal Bournemouth per sostituire Pepe Reina — prende 500mila euro contro i 3 milioni dello spagnolo — e sabato scorso ha esordito contro la Fiorentina a causa dell’infortunio di Donnarumma, salvando anche il risultato nei minuti finali.

Da tifoso, voglio già molto bene a Begovic, che dopo la vittoria contro il Torino ha postato sui suoi social network una foto dei giocatori del Milan con la didascalia «Bravo raga». Ascolto qualche altra puntata del suo podcast mentre la mia televisione, come quella della maggior parte dei milanesi, è accesa da giorni sui telegiornali. Season of Sports è nato a marzo 2017 e nella prima puntata, dopo due minuti, Begovic dice che Tom Brady è la sua «man crush». Nella descrizione del podcast il portiere scrive che si parlerà di tutto, «dalla Formula 1 alle corse dei cavalli, al baseball e allo snooker». È vero: ci sono episodi dedicati alla Nba (tanti soprattutto di recente), al football americano, al rugby, al ciclismo, all’atletica, alle Olimpiadi invernali e al cricket. Addirittura ce ne sono alcuni in cui parla di “fantasy sports”, la versione americana del Fantacalcio. La puntata numero 14 invece è tutta sugli sport femminili. Begovic è veramente appassionato di qualsiasi sport: tifa per la Ferrari e a un ascoltatore che gli chiede come si vive a Baku (ha giocato nel Qarabag da settembre a dicembre 2019) risponde: «È una bella città, e poi c’è anche il Gran Premio». Mi fa ridere una cosa: nell’episodio 55, elencando la sua formazione ideale per una partita di calcetto, nomina — oltre a se stesso — David Luiz, Hazard, Kanté e Peter Crouch. Hazard a parte, non i giocatori più dotati tecnicamente della storia del calcio.

La sera, in metropolitana, sto per aggrapparmi alle maniglie per tenermi in equilibrio ma penso che forse è più saggio evitare qualsiasi contatto. Arriva una mail dall’azienda: domani tutti in ufficio. Si la paura, il virus non ferma la produzione. Speriamo che non si fermi neanche il podcast di Asmir Begovic.