Come si segna in Champions League?

Serve soprattutto pressare alto, secondo Uefa e New York Times.

Stamattina il New York Times ha pubblicato sul suo sito un articolo molto approfondito sulla Champions League. O meglio: su come fare gol in Champions League. L’autore Rory Smith è partito dai dati statistici sulla competizione europea più prestigiosa per cercare di capire come è cambiato il calcio negli ultimi anni, in quale direzione si sta evolvendo il gioco in base alle tendenze tattiche imperanti, il tiqui-taca, il pressing alto, le transizioni veloci. Le spiegazioni si basano su un report della UEFA stilato ogni anno dal massimo organo calcistico europeo anche grazie al contributo di grandi professionisti del calcio come Christian Chivu e i ct Ryan Giggs, Roberto Martínez e Gareth Southgate.

Analizzando i dati sulla scorsa edizione della Champions, risulta innanzitutto come negli ultimi anni, rispetto a un costante possesso palla, sia molto più vincente la scelta di attaccare alto l’avversario, come mostrato dal Liverpool nelle ultime due edizioni del torneo – ma anche dall’Atalanta o dall’Ajax nella scorsa stagione. Il contraltare del pressing alto però è che la squadra che attua questa strategia ha la tendenza – secondo il report – a rallentare il ritmo dopo il secondo gol segnato, che è un modo per preservare le energie atletiche dato che questa soluzione, fisiologicamente, richiede un dispendio di forze maggiore.

Secondo i dati, il Liverpool segna in media solo dopo 2,5 passaggi da quando ha conquistato il pallone, mentre la tendenza generale, invece, è che il numero di secondi per segnare sia aumentato – da 10,58 a 12,50 secondi. I Reds sono dunque un’eccezione che conferma la regola per cui, alla luce delle statistiche, non conta tanto la velocità della rete di scambi quanto la qualità di questi. Anche perché, sempre secondo i dati citati dal NYT, il numero di passaggi effettuati tra il recupero palla e il gol è rimasto pressappoco costante nelle ultime edizioni della Champions League – circa quattro passaggi in media per squadra, dunque quasi il doppio di quanto ci impiega il Liverpool.

Per quanto riguarda le strategie meno efficienti per segnare in Champions League, va segnalato come le palle inattive abbiano perso il proprio valore. Nonostante siano rimaste iconiche le realizzazioni da fermo di Messi e Schöne, corner e punizioni si stanno rivelando sempre meno vincenti. I motivi sono da rintracciare in una maggiore rigidità dei direttori di gara nel posizionamento del pallone, ma anche nella grande abilità dei portieri. Nell’edizione 2017-2018 della Champions, infatti, non c’è stato nessun gol su punizione diretta, mentre nel 2018/19, dalla fase a gironi in poi, non ci sono state realizzazioni se non quella di Messi – contro il Liverpool – e di Schöne – contro il Real Madrid. Pure i corner sembrano diventati una strategia obsoleta, dato che i report statistici disegnano un grafico per cui è praticamente impossibile segnare di testa. Effettivamente, se si esclude il casuale exploit di gol da calcio d’angolo della scorsa stagione (14 realizzazioni nella fase a eliminazione diretta dopo un calcio dalla bandierina), le reti da corner sono diventate un elemento raro nella Champions League di oggi, fino al 2018 erano appena il 7% del totale.

Più che da calcio piazzato, è più facile segnare con il gioco di squadra. In questo senso è da elogiare la manovra offensiva del Manchester City: la squadra di Guardiola ha mostrato come l’attaccare lo spazio sia una mossa produttiva, non a caso, da quando sono allenati da Guardiola, Sergio Agüero e Gabriel Jesus hanno avuto una media realizzativa in Champions League rispettivamente di 0,7 e 0,6 gol a partita. I tagli di un centravanti in area di rigore risultano essere dunque letali, mentre meno essenziale risulta il ruolo dell’unica punta fissa in mezzo alla difesa avversaria. In via definitiva, si delinea una tendenza per cui fare gol in Champions League sia una questione di movimento e aggressione, azioni legate al concetto di dinamismo per cui il pallone si riconquista alto, viene spostato in avanti in breve tempo – appunto, meno di dodici secondi – e poi viene depositato in porta grazie ai tagli e ai movimenti dei giocatori in area.