Chi guadagna e chi perde dallo spostamento degli Europei?

Il recupero di Kane, l'entusiasmo di Italia, Olanda e Norvegia, l'ultima occasione del Belgio.

Roberto Mancini è rimasto impassibile, o almeno è parsa impassibile la sua reazione preventiva allo slittamento (inevitabile) degli Europei al 2021: «Avremo vinto quest’anno, se ci sarà un rinvio vinceremo il prossimo anno», aveva detto il 15 marzo scorso, prima che la Uefa posticipasse ufficialmente il torneo. Il ct dell’Italia, evidentemente, crede molto nella sua squadra, del resto il percorso di qualificazione è stato da record, dieci vittorie su dieci, ma soprattutto gli Azzurri hanno dimostrato di possedere qualità in abbondanza e un’identità di gioco radicata, efficace. C’entra anche Zaniolo, sì, nella valutazione ottimistica di Mancini: «Lo avremmo aspettato fino a maggio, è un giocatore importante per la Nazionale, ma non avremmo forzato niente perché non sarebbe stato giusto».

Tutte le Nazionali vivono questa situazione di incertezza a lungo termine: il rinvio dell’Europeo all’anno prossimo ha cambiato le carte in tavola, al momento questa situazione aggiungerà inevitabilmente qualcosa ai roster – l’Italia potrrà contare su Zaniolo, l’Inghilterra ritroverà Kane e Rashford, l’Olanda riavrà Depay e così via –, ma nel frattempo potrebbero cambiare gli equilibri psicologici e quelli relativi ai valori in campo, per esemio dei giovani talenti potrebbero acquisire maggiore esperienza e aiutare la propria Nazionale, così come dei campioni con un anno in più sulle spalle potrebbero avere difficoltà maggiori. Ecco un po’ di considerazioni sull’Europeo che doveva essere e non è stato, ma soprattutto sull’Europeo che potrebbe essere il prossimo anno.

Certezze e abbondanza di Gareth Southgate

Un commissario tecnico che avrà accolto con fastidi minimi il rinvio dell’Europeo è certamente Gareth Southgate. L’Inghilterra è una delle squadre più forti e ricche di qualità tra quelle qualificate, lo sarebbe stata quest’anno e lo sarà nel 2021, solo che l’ex tecnico dell’Under 21 potrà contare anche sul recupero di Harry Kane e Marcus Rashford. Entrambi gli attaccanti erano in dubbio, di certo non sarebbero arrivati a giugno nelle migliori condizioni possibili – Kane era ed è alle prese con un infortunio al tendine del ginocchio, Rashford stava recuperando da una frattura da stress. Non che l’Inghilterra mancasse di potenziali sostituti: considerando solo gli attaccanti puri, Southgate avrebbe potuto convocare Tammy Abraham, Dominic Calvert-Lewin, Callum Wilson, oppure avrebbe potuto richiamare Jamie Vardy; pescando invece tra i giocatori con ruoli sfumati, avrebbe potuto adattare uno tra Sancho, Hudson-Odoi, Sterling nel ruolo di punta. Da questo elenco di nomi si capisce che l’abbondanza di giocatori dell’Inghilterra è spaventosa, e che le prospettive per il futuro sono eccezionali – considerando pure la crescita di altri giovani talenti, per esempio Mason Mount o Mason Greenwood. Però è sempre meglio affrontare un Europeo come squadra favorita, tra l’altro con semifinali e finale in casa, con giocatori che hanno fatto parte di un progetto, anzi che lo rappresentano, esattamente come Kane e Rashford.

Il possibile rinascimento dell’Italia e dell’Olanda

Francia, Spagna e Germania, in ordine di forza e qualità degli ultimi risultati, devono solo riannodare i fili dei loro programmi pluriennali, devono solo incastrare l’enorme talento dei loro giocatori in un sistema di gioco credibile. In virtù delle loro solidissime basi progettuali, il rinvio degli Europei impatta poco o nulla su di loro. Per Italia e Olanda, la situazione è leggermente diversa: Azzurri e Oranje stanno vivendo un’inversione di tendenza rispetto agli ultimi anni bui, il rinascimento è in corso ma non era ancora ultimato, il fatto che il torneo continentale sia stato posticipato potrebbe cancellare un po’ dell’entusiasmo accumulato durante le qualificazioni, ma al tempo stesso potrebbe dare nuova linfa alle ambizioni. Nel 2021, infatti, Mancini e Koeman potrebbero aver recuperato un elemento fondamentale a testa – i già citati Zaniolo e Depay – e intanto tutti gli altri giocatori potrebbero essere cresciuti in autostima e consapevolezza, magari nuovi talenti ancora più grandi potrebbero aver trovato un’affermazione ancora più profonda – pensiamo a Tonali, oppure a Boadu. Le cose potrebbero cambiare in entrambi i sensi, è il rischio inevitabile che vivono coloro che si stanno impegnando a cambiare davvero le cose dopo un periodo negativo, a volte rimandare un esame può essere una strategia intelligente per continuare a studiare, a imparare, a crescere.

Per la prima volta nella storia delle qualificazioni agli Europei e/o ai Mondiali, l’Italia ha vinto tutte le partite, dieci su dieci, con 37 gol fatti e 4 subiti (Claudio Villa/Getty Images)

L’esperienza che serve alla Norvegia

La Norvegia doveva e deve ancora battere la Serbia – e poi nel caso la vincente di Scozia-Israele – per accedere agli Europei. Sarebbe la prima volta negli ultimi vent’anni, ma questa è anche la prima generazione di giovani potenzialmente in grado di ripercorrere le orme della squadra degli anni Novanta: c’è Haaland, certo, ma c’è anche Odegaard, che alla Real Sociedad ha trovato l’ambiente ideale per far fruttare un talento aristocratico, una visione superiore del gioco; e poi ci sono altri profili interessanti, per esempio Sander Berge dello Sheffield United, centrocampista 22enne di gran fisico e buona qualità, Mathias Normann, 23enne che sta facendo molto bene in Russia. Un anno e mezzo fa, all’inizio del percorso di qualificazione a Euro 2020, la Nazionale scandinava era considerata esattamente come negli ultimi vent’anni, poco più di una squadra parvenu. Le cose sono cambiate grazie a un gruppo di buoni giocatori e a un paio di grandi stelle del futuro, da qui al 2021 l’esperienza ad alto livello che sarà accumulata da Haaland e Odegaard, ma anche dai loro compagni, potrebbe portare la Norvegia a un livello ancora superiore. Di certo il ct svedese Lagerback, una figura immortale e riciclabile per il calcio del Nord Europa – ha guidato per dieci anni la Nazionale del suo Paese e poi l’Islanda ai primi Europei della sua storia – non avrà giudicato troppo male questo rinvio, considerando qualità e prospettive di una squadra con margini di crescita indefiniti, in senso positivo ovviamente.

L’ultima occasione del Belgio

I risultati del Belgio, o meglio della generazione d’oro dei vari De Bruyne, Hazard, Lukaku e Mertens sono stati in crescendo. Quarti di finale ai Mondiali 2014, quarti di finale – con sconfitta clamorosa contro il Galles – agli Europei 2016, poi il bronzo ai Mondiali in Russia. Per un discorso matematico, Euro 2020 avrebbe dovuto consacrare uno dei gruppi di calciatori più forti e completi degli ultimi anni. Il rinvio di un anno non cambia di molto la prospettiva, anzi Hazard potrebbe pure presentarsi in condizioni migliori all’Europeo – la sua prima stagione a Madrid è stata impalpabile –, ma c’è un’altra questione matematica da tenere in considerazione: l’età. In virtù di tutto questo, il rinvio di quest’ultima occasione potrebbe non essere stato un evento favorevole. All’inizio di Euro 2021, Witsel andrà per i 32 anni, Hazard avrà scavallato i 30, Mertens avrà superato quota 34 e pure i “giovani” De Bruyne e Lukaku non saranno più così giovani, infatti avranno 30 e 28 anni. Non che non si possa vincere con giocatori di questa età, ma il punto è la pressione che grava su questi calciatori, l’idea che il Belgio possa o potrebbe concludere il miglior ciclo della sua storia senza vincere un trofeo. L’anagrafica dice che la Golden Generation continuerà a essere l’asse portante dei Diavoli Rossi fino a tutto il Mondiale 2022, ma intanto questo Europeo rimandato allunga il tempo di un anno. E di solito rimandare un’ultima occasione, o quasi, non è mai una grande cosa.

Mertens ha esordito con il Belgio a 23 anni, nel 2011; nel percorso di qualificazione a Euro 2020, ha realizzato due gol, contro San Marino e il Kazakistan (John Thys/AFP via Getty Images)

Portogallo e Croazia: due modi diversi di vivere un (delicato) ricambio generazionale

Portogallo e Croazia hanno ribaltato le gerarchie calcistiche delle ultime grandi manifestazioni: i lusitani hanno addirittura vinto Euro 2016, i balcanici hanno sfiorato il titolo Mondiale due anni dopo. Gli Europei 2020 sarebbero stati anche una passerella celebrativa per alcuni campioni che iniziano ad avere una certa età, parliamo ovviamente di Ronaldo (35) e Modric (34), ma anche di Rui Patrício (32 anni), João Moutinho (33), Rakitic (32), Perisic (31), Mandzukic (33), insomma di colonne importanti per le squadre di Fernando Santos e Dalic. Ecco, tutti questi giocatori avranno un anno in più nel 2021. E quindi arriveranno all’Europeo con un’ulteriore stagione sulle spalle, quindi con un ricambio generazionale sempre più imminente, e quindi ancora più difficile da gestire. Per il Portogallo, il problema è soprattutto di eredità emotiva: il roster è composto da giocatori di grandissima qualità (Bernardo Silva su tutti, e poi Bruno Fernandes, João Felix, Rúben Neves), ma ovviamente ancora lontani dalla leadership dominante di Ronaldo, da quella sua voglia ardente di primeggiare che ha portato il Portogallo, una squadra di buon livello, a vincere le due ultime competizioni Uefa per Nazionali. Alla Croazia, invece, sembra mancare proprio la materia prima: i vari Jedvaj, Rog, Halilovic e Vlasic promettevano tanto ma hanno mantenuto poco, ora avranno un altro anno per provare a imporsi come successori dei loro maestri in Nazionale, ma in certi casi la precocità ad alti livelli è un requisito fondamentale, soprattutto per mantenere certi standard – e il percorso di qualificazione non proprio netto in un girone agevole, 17 punti su 24 contro Galles, Slovacchia, Ungheria e Azerbaijan, sta lì a testimoniarlo.