Alcuni club stanno licenziando i tesserati che non vogliono tagliarsi lo stipendio

Anche al Barcellona è in atto un contenzioso tra la dirigenza e i calciatori.

Alex Song e Johan Djorou hanno giocato insieme all’Arsenal, fino al 2012, prima di prendere strade diverse. Djorou è passato anche in Italia, alla Spal, la sua esperienza non è stata memorabile, sei mesi e sole cinque partite da titolare nella stagione 2018/19. Entrambi gli ex Gunners si sono ritrovati nel Sion, club di prima divisione svizzera, all’inizio di questa annata. Anche qui non è andata benissimo, anche se per motivi diversi: sono stati licenziati dopo aver rifiutato la proposta del club di ridurre gli stipendi a causa della pandemia Coronavirus. Secondo quanto riporta il Guardian, la dirigenza aveva chiesto ai giocatori con il salario più alto di tagliarsi l’ingaggio fino all’80%, così che l’assenza di introiti dovuta alla mancanza di partite potesse essere tamponata. Dopo il loro no, è arrivata la rescissione dell’accordo.

Lo stallo tra società e giocatori per la questione stipendi ai tempi del Coronavirus è quindi una problematica trasversale, anzi universale. Non riguarda solo il Barcellona, di cui si sta tanto parlando in Spagna e non solo: anche se non soprattutto i club meno potenti dal punto di vista economico stanno vivendo un momento complesso. Oltre alla storia di Song e Djorou al Sion, il Guardian racconta anche quanto sta accadendo in Croazia, alla Dinamo Zagabria: i giocatori hanno rifiutato il taglio di un terzo dei loro stipendi e il pagamento ritardato di un altro terzo. Inoltre alcuni membri dello staff tecnico Nenad Bjelica, che in passato ha guidato anche lo Spezia in Serie B, hanno risolto il loro accordo lavorativo con la società. L’associazione dei calciatori croati ha spiegato che i componenti della rosa della Dinamo vogliono andare incontro alla dirigenza, ma è troppo presto per fare scelte del genere e che la misura sembra fin troppo drastica, considerando anche che la decisione è stata presa in maniera unilaterale, senza trattare con gli interessati.

Una situazione simile a quella che si è materializzata a Barcellona, dove il club aveva proposto la riduzione degli stipendi ai giocatori e a tutti i membri dello staff, ricevendo un netto rifiuto. Ieri sera è arrivata l’ufficialità del provvedimento, che – si legge nella nota diffusa sul sito della società azulgrana – «casi che saranno discussi dinanzi al Ministero del Lavoro della Catalogna, nel rispetto scrupoloso delle norme, secondo i criteri di proporzionalità e, soprattutto, la correttezza dei rapporti con i tesserati e con l’unico obiettivo di riprendere al più presto le attività del club». Dal punto di vista formale, il Barcellona ha proceduto alla riduzione dell’orario lavorativo, ma non sono ancora chiare le condizioni finali: come spiega As, è probabile che la trattativa con i giocatori e lo staff sia ancora aperta.

Altri club europei, tra cui quelli scandinavi e il Blackburn (che milita nella Championship, la seconda divisione inglese), hanno attuato dei provvedimenti per il taglio degli ingaggi, ma il vero problema è che non c’è una linea comune a tutti i club in tutti i Paesi, anche perché la possibile ripresa delle manifestazioni ufficiali è legata ai provvedimenti di ogni Federazione, o meglio alle direttive di ogni governo nazionale alle prese con la gestione dell’emergenza sanitaria. Jonas Baer-Hoffmann, segretario generale della Fifpro, il sindacato internazionale dei calciatori, ha spiegato la posizione della sua associazione: «C’è una grande pressione economica sui club, ne siamo consapevoli, ma siamo anche preoccupati del fatto che le società agiscano in maniera unilaterale per ridurre gli stipendi. Non potremo accettare provvedimenti che non si basano né sul consenso individuale né sui contratti collettivi. Auspichiamo che club e leghe in difficoltà possano trattare con i sindacati nazionali per negoziare accordi equi e proporzionati».