Focus — Arjen Robben

Una lunga e splendida carriera piena di vittorie, sconfitte, gol uguali e bellissimi.

I migliori anni della carriera di Arjen Robben, quelli in cui è stato uno dei migliori giocatori del mondo senza possibilità di smentita, risultano compressi nell’era di Ronaldinho e poi in quella di Messi e Ronaldo. Così è quasi passata in secondo piano la portata rivoluzionaria della sua qualità assoluta, del suo profilo tattico unico, dei suoi trionfi, del fatto che mai nessuno prima – e dopo – di lui sia riuscito a creare una signature move calcistica così ricorrente, così incisiva ad alti livelli – oltre il gol “alla Robben”, forse, esiste solo il gol “alla Del Piero”, e non c’è paragone per numero di manifestazioni sul campo, basta andare su Youtube.

Robben ha vinto tantissimo (31 trofei ufficiali con squadre di club) ma ha anche perso tante partite importantissime, è stato determinante nei successi ma anche nelle sconfitte, è stato un calciatore bionico nella ripetitività del suo gioco, ma anche un fuoriclasse molto umano, frangibile. Ha segnato un’epoca grandiosa per il Bayern Monaco, ha tenuto a galla l’Olanda finché gli è stato possibile, si è ritirato quando era ancora in piena efficienza fisica. Non è mai andato sopra le righe, e forse questa sua normalità mediatica ha finito per penalizzarlo rispetto alle altre grandi stelle con cui ha dovuto scontrarsi, che ha sfidato occhi negli occhi, ad armi pari, senza mai tirarsi indietro. Alla fine ce l’ha fatta, ha vinto quasi tutto, l’ha fatto da protagonista annunciato che ha tradito le attese, ha mancato l’appuntamento con la storia e poi si è portato tutto a casa, e forse è proprio questa l’essenza dello sport, del calcio, l’unica vera passione di Arjen Robben.

A soloist in the land of Total FootballEspn
Durante i Mondiali del 2014, Simon Kuper scrive di Robben con una chiave antistorica, cioè Robben è un grande giocatore solista nato nella terra in cui il calcio è diventato totale, trasformandosi in uno sport che mette la collettività al centro di tutto. L’Olanda che sfiora la seconda finale iridata consecutiva «è una squadra inferiore a molte altre, come dice il suo stesso allenatore van Gaal, e perciò deve affidarsi a Robben». L’avventura finirà ai rigori della semifinale contro l’Argentina.

Cut in, shoot, repeat: why Arjen Robben is a worthy modern greatThese Football Times
Probabilmente Robben è il giocatore che più di ogni altro, nella storia del calcio, è riuscito a fare proprio un preciso gesto tecnico: tagliare da destra portando palla sul sinistro, e poi tirare a giro sul secondo palo. Queste frasi descrivono la signature move di Robben, ma danno anche il titolo a un articolo di TFT che ricostruisce la carriera dell’esterno olandese, e che lo elegge tra i grandi fuoriclasse della sua generazione.   

Q. and A. With Bayern Munich’s Arjen RobbenThe New York Times
Pochi mesi dopo la grande vittoria in Champions League con il Bayern Monaco, Robben rilascia un’intervista al NYT. Parla della finale contro il Borussia Dortmund definendola «una notte perfetta», ma poi spiega anche che la sua signature move «è attesa dalla gran parte dei difensori che affronto, ma è una giocata che funziona ancora. Certo, devi sempre evolvere e ampliare il tuo gioco se vuoi rimanere ai massimi livelli, devi saper sorprendere gli avversari, ma è evidente che ho la capacità di rientrare da destra sul mio piede forte, forse ha a che fare con il gioco moderno, un tempo le ali pensavano solo al cross, oggi non è più così».

Il fatto che la Uefa abbia pubblicato su internet un video che si chiama “Robben Trademark Goals” racconta più di ogni altra cosa quanto sia diventato iconico il gol “alla Robben”, il tiro di sinistro a giro tagliando dentro il campo dalla fascia opposta

Letter to My Younger SelfThe Player’s Tribune
In questa lettera di Arjen Robben indirizzata a Arjen Robben (quando era adolescente), il fuoriclasse olandese scrive: «Nella stagione 2012/13, ogni partita di Bundesliga, di Champions League, siamo andati in campo per correggere gli errori fatti nella finale dell’anno precedente. Pensaci, quando arriverà il minuto numero ottantanove, pensa al rigore sbagliato, pensa a controllare bene il pallone dopo un taglio dalla destra, pensaci un attimo prima di lasciare andare il sinistro. Per vincere. Per la vendetta».

Robben es Historia –Ecos del Balón
L’Olanda, nonostante la presenza di Robben, ha fallito la qualificazione agli Europei 2016 e ai Mondiali 2018. In questo articolo, pubblicato dopo la mancata conquista del pass per il torneo continentale, viene celebrato proprio questo aspetto della carriera di Robben, la sua capacità di imporsi e re-imporsi nonostante le tante sconfitte, grazie a una qualità immensa e di una grande etica dello sport: «Pensiamo ai Mondiali 2010 e 2014, a una Nazionale come quella olandese, di certo non fortissima, eppure trascinata a una finale e a una semifinale. Quanti grandi giocatori possono dire di aver fatto la stessa cosa? Per quanto riguarda i Paesi Bassi, solo Cruijff è riuscito in imprese simili. Gli altri impallidiscono di fronte alla storia di Robben, che ha fatto davvero la storia».

Due gol diversi dal solito, eppure bellissimi e importantissimi

Robben passa al livello successivo nel finale della sua prima stagione al Bayern Monaco e nei successivi Mondiali sudafricani, quindi nella primavera-estate 2010. Trascina di peso la squadra bavarese alla finale di Champions League – poi persa con l’Inter –, realizza dei gol bellissimi con la sua giocata classica, ma anche questo che vedete sotto, in casa del Manchester United. Cross dalla sinistra, eppure Robben tira col suo piede forte, si inarca in maniera quasi innaturale eppure è elegantissimo e preciso, esattamente come la sua conclusione, che si infila nell’angolo in basso a destra della porta di van der Sar. Un capolavoro che vale l’accesso alla semifinale contro l’Olympique Lione.

Una (mezza) rivincita contro la Spagna

La finale mondiale persa nel 2010, anche a causa di un paio di occasioni fallite da Robben a tu per tu con Casillas, viene parzialmente vendicata quattro anni dopo, quando Spagna e Olanda si incontrano nella prima fase della Coppa del Mondo in Brasile. Gli Oranje vanno in svantaggio ma poi ribaltano completamente la partita, e alla fine vinceranno per 5-1: l’ultimo gol sarà proprio di Robben, che brucia in velocità Sergio Ramos, poi aggira Casillas, poi finta il tiro e manda al bar tutta la difesa della Roja, fino a che non trova l’angolo giusto, l’angolo che voleva, per piazzare la sua conclusione di sinistro. È una rete bellissima, meritata, da e per un giocatore che ha vinto tanto ma ha anche perso molte volte, che ha sempre saputo rialzarsi e anche reinventarsi, pur mantenendo fissi alcuni punti del suo repertorio – sì, stiamo parlando ancora del suo tiro a giro, della sua signature move, ma con Robben è praticamente inevitabile.