Focus — Freddie Ljungberg

Un grande giocatore, un esempio di talento e libertà, che ha contribuito a portare il calcio in una nuova era.

Freddie Ljungberg è stato un grande calciatore e un’icona glamour negli anni in cui la Premier e l’Arsenal stavano diventando due delle cose più grandi e glamour al mondo, in quest’ordine. I nostri ricordi su di lui sono piuttosto confusi, è come se il testimonial pubblicitario e il sex symbol venissero prima di quello che Ljungberg faceva in campo, ma in realtà non è così. La grandezza rivoluzionaria di Ljungberg è stata proprio quella di riuscire a far tendere all’eccellenza tutti gli aspetti di sé. E lo stesso discorso vale oggi, oggi che Ljungberg ha compiuto da pochi giorni 43 anni, è diventato un allenatore e ha appena assaggiato la panchina dell’Arsenal, prima di lasciarla ad Arteta: è stato accolto con un po’ di diffidenza, ma intanto ha già dimostrato che il suo futuro sarà in panchina, al di là dei luoghi comuni su di lui. Deve solo arrivare il suo tempo, esattamente come venti o quindici anni fa, quando riuscì a trarre il massimo da sé, come atleta, come uomo immagine, come simbolo di una nuova generazione di calciatori in grado di opporsi agli stereotipi, di amare la moda e la libertà di pensiero.

Nel grande Arsenal di Wenger, lo svedese non era la stella più lucente, il giocatore più forte, più tecnico, più influente dal punto di vista emotivo, e forse anche per questo ci ricordiamo di lui più per altre cose che per ciò che ha fatto in campo – come se l’impossibilità di arrivare al livello di Bergkamp, Henry, Pirès, lo avesse spinto a coltivare altri campi d’eccellenza. Eppure non era un comprimario, una comparsa, anzi in quella squadra in grado di vincere tutto, o quasi (manca un grande titolo europeo, sfiorato più volte), il contributo di Ljungberg era fondamentale, soprattutto per la qualità e la tempestività delle sue letture, per una sorta di preveggenza che appartiene solo a chi capisce il gioco, e non lo pratica soltanto.

Freddie Ljungberg: the Arsenal diariesThese Football Times
Una ricostruzione della carriera di Ljungberg in cui si parla soprattutto delle sue qualità tecniche, di come «la sua forza e la sua astuzia in campo» gli abbiano permesso di «conquistare l’adulazione della folla» e di «diventare uno dei grandi idoli di Highbury nell’era più esaltante della storia dell’Arsenal».

Goal OrientedThe New York Times
Fin dai suoi primi anni in Inghilterra – si è trasferito all’Arsenal dall’Halmstad nel 1998 –, Ljungberg ha iniziato a coltivare molti interessi fuori dal campo, interessi che non erano comuni tra i calciatori dell’epoca, e che hanno in qualche modo cambiato la percezione degli atleti professionisti, ovviamente in meglio. In questa intervista al New York Times, racconta di essersi sempre interessato «al mondo della moda e dello shopping», e «di avere diversi amici che lavorano in questo settore». Siamo nel 2003, sembra preistoria, lo è.

Un gol bello e particolarmente importante di Freddie Ljungberg: è la finale di FA Cup del 2002, l’Arsenal ha già vinto il titolo nazionale e insegue il secondo Double in quattro anni. Ray Parlour ha portato avanti i Gunners con uno splendido gol, ma lo svedese fa ancora meglio in occasione del raddoppio, con una grande percussione individuale chiusa con un meraviglioso tiro a giro sul secondo palo. La corsa di Ljungberg prima di arrivare alla conclusione è così potente e irrefrenabile che John Terry, un difensore dalle misure imponenti, non solo viene superato, ma viene letteralmente trascinato per terra.

A Place to Kick BackThe New York Times
Nel 2010, Ljungberg racconta come ha vissuto gli anni in cui si è affermato anche come icona glamour: «Girava voce che io fossi gay. Non mi dispiaceva affatto. Ero e sono fiero di ciò. Adoro la moda e penso che molti gay abbiano uno stile sorprendente. Quindi questo è un complimento per me».

Freddie Ljungberg: the making of a model coachThe Athletic
Un lungo articolo che va al di là di ogni etichetta preconfezionata, e racconta l’evoluzione vissuta dall’uomo e dal professionista Ljungberg, da calciatore di talento con una personalità debordante a tecnico preciso, attento, maniacale. «In questo momento, Ljungberg sembra un uomo assolutamente a casa: a Londra, all’Arsenal e su un campo di allenamento».

Uno degli assist più belli di sempre

In una notte di Champions League a Highbury, l’Arsenal affronta la Juve e Wenger schiera dal primo minuto Pirès, Ljungberg, Kanu e Henry, tutti insieme. I Gunners vanno avanti di due, un gol lo segna proprio Ljungberg, poi la partita torna in bilico grazie a una rete di Trezeguet. Wenger fa entrare Bergkamp, che si inventa un passaggio memorabile dal vertice dell’area di rigore, un lob d’esterno perfetto per lo svedese dopo aver scherzato due, tre volte Montero e Tacchinardi in dribbling. Il tocco di Ljungberg è morbidissimo, supera Buffon e mette fine alla partita. È servita la sensibilità tecnica di un grande giocatore perché quello di Bergkamp diventasse uno degli assist decisivi più belli di sempre, e quindi il merito va anche a Ljungberg – il quale, come vedremo tra poco, certi exploit ce l’ha nel sangue.

Freddie Ljungberg è un partner perfetto

La connection con Bergkamp viene ripresa  anche in questo video tributo del canale ufficiale dell’Arsenal, che raccoglie i cinque gol più belli segnati in Premier. Oltre alle reti che nascono dai tocchi geniali dell’olandese, ci sono anche altri perfetti inserimenti sugli assist di un altro talento niente male, Robert Pirès. È evidente come Ljungberg sia dotato di una straordinaria capacità di comprensione anticipata del gioco, è un partner perfetto, sta sempre nel posto giusto al momento giusto, anche quando deve sfruttare giocate che sembrano pure troppo sofisticate, troppo avanzate. È una dote enorme, e non a caso oggi Ljungberg studia da allenatore, anzi sembra poter diventare davvero bravo anche in questo nuovo ruolo.