La prima intervista di Ronaldinho sull’esperienza in carcere

L'ex fuoriclasse del Barcellona è stato in cella per un mese, in Paraguay.
di Redazione Undici 28 Aprile 2020 alle 12:24

Ronaldinho ha compiuto quarant’anni da pochi giorni, e in questo stesso periodo ha vissuto una delle esperienze più significative della sua vita, però in senso negativo. L’ex fuoriclasse di Barcellona e Milan è stato arrestato in Paraguay per possesso ed esibizione di documenti falsi, è stato in carcere per un mese – dal 7 aprile è agli arresti domiciliari in un albergo di Asunción – e ora ha rilasciato la sua prima intervista, al quotidiano paraguaiano ABC. Le dichiarazioni complete dell’ex giocatore brasiliano spaziano molto, nel senso che raccontano l’ultimo mese turbolento ma anche il passato, le vittorie di una carriera strepitosa, Quelle più interessanti, però, sono quelle sul passato recente e sul presente, alcune sono davvero surreali.

Per esempio, quella su un fatto molto curioso: prima e dopo la sua audizione davanti a un tribunale paraguaiano, funzionari e agenti di polizia hanno chiesto autografi e foto ricordo a Ronaldinho. «Il rispetto, il calore e l’affetto di tutti i paraguaiani», ha spiegato Ronaldinho, «sono stati avvertiti fin da quando siamo arrivati qui. Sono grato a tutti del sostegno ricevuto». Quando il giornalista di ABC gli chiede il motivo della sua visita in Paraguay, Dinho sembra rispondere in maniera assolutamente sincera: «Siamo venuti fin qui per onorare un contratto pubblicitario che prevedeva la mia partecipazione al lancio di un casinò online. Inoltre, avrei dovuto presenziare a degli eventi promozionali per il libro sulla mia vita (Craque da Vida, ndr), organizzati dalla società che ha acquistato i diritti per la distribuzione del libro in questo Paese. Tutti questi eventi sono stati gestiti da mio fratello, che è anche il mio agente». Anche Roberto de Assis, fratello di Ronaldinho, è stato incarcerato e poi messo agli arresti domiciliari dopo il pagamento di una cauzione da 1,6 milioni di dollari.

Sui passaporti falsi, Ronaldinho ha spiegato: «Siamo rimasti molto sorpresi dal fatto che i documenti che ci avevano forniti risultavano illegali. Da allora, la nostra intenzione è stata collaborare con la giustizia, e così ci siamo comportati fin dall’inizio». Ronaldinho è stato interrogato una prima volta e poi rilasciato. Dopo, però, è stato sentito di nuovo dal tribunale ed è stato condotto in carcere per la prima volta il giorno 6 marzo. Il suo ricordo di quella prima notte in cella: «Non avrei mai pensato di vivere un’esperienza del genere. Ho sempre cercato di fare bene il mio lavoro di sportivo professionista, di raggiungere i massimi livelli e di divertire la gente con il mio calcio».

In carcere, Ronaldinho ha partecipato a dei tornei di calcio. È stata data grande rilevanza mediatica alle partite giocate da un ex campione del mondo, era inevitabile, e lui ha ricordato così altri momenti abbastanza particolari: «Ho deciso di giocare perché fa parte della mia vita, esattamente come firmare autografi, fare foto. Non avevo motivo per smettere di farlo, per di più in un momento difficile per me e per altre persone». Sul suo prossimo futuro, Ronaldinho dice: «Spero che la giustizia possa confermare la mia buona fede. Per quanto mi riguarda, alla fine di questa storia vorrò dare un grande bacio a mia madre, che ha vissuto questa brutta esperienza e anche la pandemia rimanendo lontana da me. La mia fede mi ha aiutato molto in questo periodo e spero possa andare tutti bene».

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