Gli attaccanti rischiano di contrarre il Coronavirus più degli altri calciatori

Lo ha dimostrato uno studio danese.

Uno degli aspetti più controversi per la ripartenza dei campionati di calcio interrotti causa pandemia riguarda la salute dei calciatori, la necessità di creare dei protocolli sanitari che possano limitare o annullare completamente il contagio durante le partite. Del resto il calcio è uno sport di contatto, e il Coronavirus si trasmette proprio attraverso la prossimità sociale. Uno studio danese ha dimostrato che, tra tutti i giocatori in campo, sono gli attaccanti quelli maggiormente esposti a un possibile contagio. La ricerca, condotta dall’università di Aarhus, ha calcolato il cosiddetto “tempo di esposizione” medio, vale a dire la quantità di minuti e secondi che gli atleti passano a contatto con gli avversari – potenzialmente infetti. Ebbene, secondo questo dato ha evidenziato che le punte rischiano più dei colleghi che coprono altre zone di campo.

La ricerca è stata citata anche dal Times, ed evidenzia come la media di tempo passato a contatto con gli altri giocatori in campo sia pari a 87,8 secondi, poco meno di un minuto e mezzo. Questo dato cresce fino a due minuti per gli attaccanti, che ovviamente si ritrovano più spesso a essere seguiti da vicino dai difensori avversari, come ad esempio in occasione dei duelli in area sulle palle alte e/o sui calci piazzati. Il portiere, per il motivo esattamente contrario, è invece il giocatore che rischia di meno nel caso in cui ci fosse un giocatore infettato nella squadra avversaria.

Lo studio è basato sui dati di movimento di 14 partite della SuperLeague danese, ma può essere un riferimento anche per gli altri campionati di alto livello. Uno dei ricercatori che ha condotto lo studio, il professor Allan Randrup Thomsen, ha spiegato che «non si tratta di un tempo molto elevato, anche per quanto riguarda gli attaccanti. Non stiamo parlando di un’esposizione critica». Il rischio scenderebbe anche con il variare della forza delle squadre: per questione di velocità e ritmo di gioco, le squadre delle serie inferiori e delle categorie dilettantistiche sarebbero meno esposti a contatti con gli avversari, quindi a possibili contagi in caso di positività.