Bellissimo – Parma vs Juventus, Serie A 2000

Il "gol definitivo" di Hernán Crespo in una delle sfide più sentite a cavallo tra gli anni Novanta e il nuovo millennio.

Bisognerebbe raccontare tutti i gol che sono costati uno scudetto: un’antologia trasversale che metta insieme gli iceberg destinati ai Titanic del calcio e i colpi di coda dell’Ancien Régime contro i rivoluzionari di turno. Una raccolta di sale, cattiveria e disperazione. Ne ricordo uno che quest’anno ha compiuto vent’anni. Non ha ancora una pagina Wikipedia, la meriterebbe. Lo conosco a memoria ma ho voluto rivedere tutta la partita. È Il gol di Hernán Crespo che, al 91esimo minuto, consegnò al Parma un pareggio insperato contro la Juventus. Era il 9 gennaio 2000.

Il jolly di Crespo è straordinario perché il Parma è ridotto in nove. «Ricordo così epica solo la prima Coppa Italia del 1992 e la vittoria a Bologna per lo spareggio per non retrocedere del 2005. La gente andò giù di testa per quel gol», mi racconta Sandro Piovani, all’epoca radiocronista. Alla vigilia della 16esima giornata, la classifica dice Juventus 32, Lazio 31, Parma 30. La sfida è una classica degli anni Novanta, il decennio che ha visto il Parma outsider di una decade aperta dallo scudetto Samp di Mancini e chiusa dalla Lazio di Mancini, le due eccezioni mentre Milan e Juventus si spartirono gli altri otto titoli nazionali. Molti trofei in bacheca per il club ducale – che aveva appena vinto la seconda Coppa Uefa – ma nessuno scudetto, il rimpianto più forte. Qualunque presidente oggi farebbe follie per avere quel bottino europeo in così breve tempo.

C’è chi dai palazzi intorno guarda gratis la partita, niente tagliando Notti Magiche per lo stadio Tardini. Ma il catino è stracolmo: 29.748 spettatori. A Parma nel 2000 abitano 164 mila persone. Si gioca all’una, oltre il digiuno per l’orario c’è la protesta del tifo: lo striscione “ore 13, la nostra pazienza contro la vostra prepotenza” e ancora “No al calcio moderno”, che però era arrivato una sera del ‘95 con la scritta Parmalat dipinta sull’erba lunga quasi tutto il campo, una bravata da Superbowl, e col brasiliano Taffarel, primo portiere straniero ingaggiato in Italia, preso come uomo immagine per il mercato brasiliano a cui fu venduta anche Parma-Juventus. Nella cucina di un albergo, alle 8,30 del mattino, si prepara la pasta al burro per Del Piero. Non piove, tira vento, le maglie classiche e canoniche di Juve e Parma si gonfiano insaccate nei pantaloncini.

In campo ci sono 14 italiani su 22, sette per squadra: un miraggio per un tabellino del 2020, quasi una nostalgia. C’è la sfida tra marcatori di ruolo, il veterano Ferrara e Cannavaro negli anni più selvaggi. Si abbracceranno nella notte di Berlino 2006. C’è la meglio gioventù: Buffon, Zambrotta, Inzaghi, Del Piero, futuri campioni del mondo. C’è la truppa bianconera di gregari fedeli, senatori a vita del pallone italiano come Fuser. C’è Zidane, sontuoso. C’è Davids, il giocatore più invidiato alla Juventus. Ci sono ex – Ancelotti, Inzaghi e Dino Baggio – e futuri ex.

A leggere i resoconti sembra un assedio, con camera fissa su Buffon come in un film sovietico: «Quella di Malesani era una balena immobile sul bagnasciuga, sembrava morta», scrive il Corriere della Sera; «La partita restava tracciata in un solco profondo quanto un canyon», racconta La Stampa; «Persi i due giocatori, persi gli schemi, persi i duelli, persa parzialmente la testa, persa praticamente la partita, il Parma l’ha raddrizzata in extremis. Nel gioco ha profondamente deluso», spiega Repubblica. Non andò proprio così, ma quando un outsider prova a sfidare la capolista di lungo corso si pretende sempre la partita perfetta. Quando invece la capolista di lungo corso incappa in una giornata no, ma vince lo stesso di misura, in qualsiasi maniera, allora se ne celebra il cinismo col corollario de “la fortuna aiuta gli audaci”. Ma perché il cinismo non può appartenere all’underdog?

Con la maglia del Parma, Crespo ha giocato dal 1996 al 2000 e poi dal 2010 al 2012: in totale, 201 partite ufficiali di tutte le competizioni con 94 reti realizzate (Claudio Villa /Allsport)

Malesani ha messo insieme 28 punti nelle ultime undici partite e schiera tre attaccanti, solo che il vestito migliore non funziona: non c’è una sponda, il rapido Di Vaio gira a vuoto, Amoroso soffre di convalescenza, rimane arruolabile solo Crespo, che conterà 22 reti a fine stagione. Nessuno orchestra il gioco, ma tutti contrastano, così il Parma finisce a centrocampo. Dietro non si passa: un serissimo Buffon con i capelli a spazzola e le punte gialle vigila sulla difesa. Dopo un’ora di corse, rincorse e affanni, dopo Cannavaro e Thuram perfetti, dopo l’ingresso di Walem che fa soffrire meno in mezzo, arriva al 68esimo l’entrata sciagurata di Torrisi su Inzaghi che costa un uomo e il rigore segnato da Del Piero.

Al 77esimo Dino Baggio entra male su Zambrotta ed è rosso diretto: «Pensavo fosse una beffa del destino e avevo voglia di ribellarmi», disse il centrocampista. Nonostante Baggio faccia il gesto dei soldi con le mani, e lo sputo a distanza verso l’arbitro Farina, in campo non ci saranno risse. Si continua a fare a sportellate per mantenere lo status quo. Col senno del poi il Parma è tenuto a galla da quelle due espulsioni.

La sfida tra Parma e Juventus ha caratterizzato gli anni Novanta e i primissimi Duemila: le due squadre si sono affrontate tre volte in finale di Coppa Italia (1992, 1995 e 2002), una volta in finale di Coppa Uefa (1995) e per due volte in Supercoppa Italiana, nel 1995 e nel 2002 (Grazia Neri/Allsport)

La Juventus di Ancelotti – che difese Crespo nella sua prima annata italiana, piena di critiche ferocissime –  aveva già vinto sei volte per 1-0 durante la stagione. Comanda il gioco ma sa che è una partitaccia: Inzaghi finisce spesso in fuorigioco, da fuori ci provano in parecchi ma sbagliano mira, anche Zidane, che predica su un campo in pessime condizioni. Oltre l’uno a zero non si va. Arriva la doppia superiorità numerica e ci si accontenta: il gol segnato in fuorigioco nel finale è il segnale che oltre non si può andare, e invece fa scattare qualcosa in due giocatori del Parma.

La Juventus, sempre fiera da sola contro l’Italia che la detesta, ha creduto che le garantisse la vittoria quel dio che le hanno sempre attribuito gli avversari sconfitti (che non è quello del Milan sacchiano/internazionale né quello irrequieto/fragoroso dell’Inter): dispotico, cattivo, velenoso, mai presente in campo aperto ma sempre nel dettaglio degli episodi, una specie di forza del minimo sforzo, un dio che non deve stupire né coinvolgere, ma vincere e basta. Chi è mai stato sconfitto dalle maglie larghe del sogno bianconero? Nessuno. «Deve esserci un errore, noi qui produciamo biscotti», rispondeva Montgomery Burns agli ispettori della centrale nucleare.

Con il commento originale di un tifoso gialloblu, decisamente ammirato dalla rete del centravanti argentino

E quindi arriva il gol di Crespo, che non segna su mischia o su deviazione, e non tira da fuori. L’epica dura dieci secondi. Buffon appoggia, Walem raccoglie palla e corre dritto per dritto per pochi metri dentro la metà campo gialloblù, vede Crespo dall’altra parte sulla sinistra che scatta braccato da Ferrara e gliela lancia veloce, la palla schizza avanti, rimbalza una volta e si inclina verso sinistra, per cui Crespo si muove per controllarla mentre Ferrara prosegue davanti per posizionarsi da manuale. Al momento del controllo sono tutti e due in area, dietro Ferrara sta Iuliano, poco più in là arriva anche Montero. Crespo ferma la palla e la butta indietro col destro, Ferrara punta il sinistro nella zolla per proteggere l’area, poi l’argentino ci ripensa, sempre col destro ritorna verso l’area di rigore, ha già preso del tempo ai difensori, ma non gli basta, potrebbe allungarsi la palla ma non lo fa. Crespo ha un fisico importante, lo mette sulle punte, oscilla su se stesso e fa piccoli passi in avanti, come quando sposti un armadio vuoto, sembra che si dia un ritmo, uno due, dà a Ferrara l’illusione di rispettare l’oscillazione, tre quattro, e invece anticipa tutti: il quinto passo diventa un tiro, un pallone che come parte finisce in porta, Ferrara e Iuliano recitano un copione inutile, Van der Sar è battuto.

La Lazio batte il Bologna con un supergol di Nedved e ribalta la classifica del 9 gennaio: Lazio 34, Juventus 33, Parma 31. Un macigno per i bianconeri, punti rimpianti a Perugia quando lo scudetto finirà alla Lazio. Malesani perderà invece lo spareggio Champions contro l’Inter. Ma è il giorno del “gol definitivo”, con cui il Parma, ormai lontano dalla favola degli inizi, rimonta soprattutto se stesso, e vende carissima la pelle al suo avversario di sempre.