Perché Jay-Z e Roc Nation vogliono prendersi il calcio europeo

Lukaku, Bernardeschi, Mings: l'obiettivo è legare l’agenzia a degli atleti che generano un grande impatto in campo, ma anche in termini economici e sociali.

Una finestra di vetri istoriati si apre sul cortile interno di un palazzo antico, mani che impastano la pizza, la pasta fresca, poi la telecamera stacca sulla panoramica di un paesaggio della Toscana. Le tonalità in bianco e nero rimandano a un’Italia di molti decenni fa, forse un vecchio film con Mastroianni. Poi l’immagine va sul gol al volo di Bernardeschi contro la Spal, nel 2017, mentre in sottofondo parte Clean Edit di Belly. «Tuscany born, Italian made. Welcome to the family», il claim del video con cui la Roc Nation Sports ha annunciato la partnership con Bernardeschi, sul suo canale Instagram, esalta le eccellenze italiane nel mondo.

Con il giocatore della Juventus la Roc Nation amplia la sua rete di assistiti nel mondo del calcio. L’agenzia fondata da Jay-Z rappresenta atleti e artisti in tutto il globo, curandone non solo gli interessi lavorativi e la carriera, ma provando anche a far crescere la loro immagine e il loro impegno sociale fuori dal campo. Il rapper, produttore discografico e imprenditore nativo di Brooklyn ha fondato la Roc Nation nel 2008 e cinque anni più tardi ha aperto la divisione sportiva firmando un contratto con Robinson Canó, giocatore di baseball dei New York Yankees.

Nel calcio europeo è entrato solo nel 2018, intravedendo un enorme margine di crescita: i calciatori a differenza di tanti altri atleti sono spesso distanti da qualsiasi argomento che non riguardi il loro lavoro sul campo, e incontrano diversi ostacoli quando invece scelgono di prendere una posizione su questioni sociali.

Investendo nel calcio, la Roc Nation sta provando a creare una breccia nel mercato. Il gioco è radicato nel tessuto sociale dei Paesi europei, e tutti conoscono i calciatori: deve esserci un modo per valorizzare la loro immagine e farli assomigliare sempre più a delle icone globali e trasversali, more than an athlete, dicono negli States. Lo ha spiegato Michael R. Yormark, presidente di Roc Nation Sports International: «Guardate il potere delle celebrità negli Stati Uniti, che si tratti di atleti o artisti o star del cinema, ora pensate ai calciatori, alla loro popolarità, all’impatto dei social media, e ci rendiamo conto che meriterebbero più opportunità extracampo. Sono le figure più ‘commercializzabili’ in Europa». La Nba può essere un buon esempio: sono i giocatori, le grandi star a influenzare la popolarità del brand del basket Usa, e da lì un effetto domino anche sulle squadre e sul gioco stesso. Alcuni di loro riescono ad avere visibilità anche dopo la carriera sportiva, è per questo che Roc Nation ha accordi anche con giocatori già ritirati: come gli ex cestisti Nba Jalen Rose e Tony Allen.

Bernardeschi ha dimostrato di poter e voler avere un impatto anche fuori dal campo. Lo abbiamo visto negli ultimi giorni, è stato in prima linea nel momento più duro dell’emergenza Coronavirus con diverse iniziative. Con una raccolta fondi ha acquistato otto ventilatori portatili e altri strumenti che hanno permesso all’Ospedale Humanitas Gradenigo di Torino di avere otto nuovi posti di terapia subintensiva; ha preso parte alla campagna #Leregoledelgioco promossa dalla Figc per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla pandemia e sulle regole comportamentali da seguire per contenere i contagi.

Federico Bernardeschi gioca con la Juventus dal 2017; con la Nazionale italiana conta 24 presenze e quattro gol (Claudio Villa/Getty Images)

«Per me ogni personaggio pubblico che ha una grande influenza su altre persone dovrebbe spendersi in questo modo, perché solo così puoi dare il miglior esempio e cambiare le cose che non funzionano, o non sono giuste. Da sempre mi sento molto legato alle questioni sociali perché anch’io sono partito dal basso, e la mia famiglia ha dovuto fare moltissimi sforzi per farmi arrivare dove sono adesso», ha detto pochi giorni fa all’Associated Press. Insomma, nelle ultime settimane il trequartista ex Fiorentina ha dimostrato di essere profilo giusto per la Roc Nation.

Bernardeschi entra in un roster che già poteva contare su Jerome Boateng, Axel Witsel, Eric Bailly, Kevin De Bruyne, Samu Chukwueze. E Romelu Lukaku, la vera star della label in questo momento, quantomeno il giocatore più rappresentativo dei valori dell’azienda. Abbiamo imparato a conoscerlo meglio negli ultimi mesi, da quando si è trasferito a Milano: il suo impegno non viene fuori solo quando viene coinvolto in prima persona, come accaduto a Cagliari. Lo scorso gennaio, ad esempio, in un’intervista a Sky Sports Uk ha parlato del ruolo dell’istruzione nella lotta al razzismo: «L’educazione è la chiave, io sono fortunato a essere andato a scuola, avevamo più di 50 nazionalità diverse e non ho mai cercato di discriminare qualcuno. Questa è una lezione che insegnerò a mio figlio, nessuno è diverso, tutti sono uguali».

Romelu Lukaku è stato il primo calciatore di Premier League a firmare un accordo di rappresentanza con Roc Nation, nel 2018 (Alessandro Sabattini/Getty Images)

Nella nostra Serie A l’attaccante nerazzurro è probabilmente il giocatore che più di tutti riesce a ricalcare l’immagine di sportivo engagée tipico della cultura americana e con una storia di riscatto personale alle spalle – proprio come il fondatore della Roc Nation. Se Jay-Z, quando ancora era solo Shawn Carter, è cresciuto nel project di Marcy, zona di case popolari nel quartiere di Bed-Stuy a Brooklyn, Lukaku è nato nei sobborghi poveri di Anversa, cresciuto in una famiglia che non aveva soldi: niente tv via cavo, nessuna partita da vedere in poltrona, a volte nemmeno la corrente elettrica, e la madre costretta ad annacquare il latte, l’unica cosa che c’era in frigo, l’unica opzione sul menù di tutti i giorni insieme al pane, per arrivare alla fine del mese.

Una storia che ha diversi punti di contatto anche con quella dell’ultimo arrivato nella scuderia della Roc Nation, Tyrone Mings. Il difensore dell’Aston Villa è stato selezionato tra i più importanti sportivi Under 30 di Forbes: l’articolo con cui lo presenta la rivista inizia così: «Tyrone Mings si prepara per la vita dopo il calcio da tutta la vita». Un giocatore arrivato relativamente tardi ai massimi livelli, di sicuro con un percorso atipico: ha esordito in Premier League a 22 anni dopo una gavetta non troppo promettente nella non-league inglese – i campionati al di sotto della quarta divisione –  in cui si è dovuto guadagnare lo stipendio con lavori part-time. Oggi è uno dei migliori difensori del campionato più ricco del mondo ed è nel giro della Nazionale inglese. Ma ha attirato l’attenzione della Roc Nation soprattutto per il suo impegno fuori dal campo: sia per gli investimenti nel design e nel fashion, sia per una vocazione solidale verso il prossimo. Due anni fa, infatti, ha fondato la Tyrone Mings Academy, aperta a ragazzi e ragazze di età compresa tra i 5 e i 16 anni, da cui non trae alcun profitto economico.

Tyronne Mings – a sinistra della foto, con la maglia dell’Aston Villa, ha esordito lo scorso 14 ottobre con la Nazionale inglese (Dan Istitene/Getty Images)

Attenzione però a considerare la Roc Nation come una società che guarda solo l’impatto sociale dei suoi assistiti e il loro impegno extrasportivo. Non lavora per beneficenza o per trasmettere un messaggio di solidarietà, non è certo una onlus. È un’azienda che fa profitto, è l’azienda del più grande imprenditore venuto dal mondo dell’hip hop, il primo rapper nella storia con un patrimonio personale di un miliardo di dollari. E la Roc Nation ha contribuito a espandere l’impero di Jay-Z, o Hova – slang che sta per Jehovah, in pratica il dio del rap, come si autodefinisce –, anche attraverso accordi apparentemente contrastanti con la mission dell’azienda.

L’ultimo, quello della scorsa estate con la Nfl: dopo aver criticato per anni la lega di football americano – accusata di aver soppresso la protesta di Colin Kaepernick, di avere un board amministrativo fatto di vecchi bianchi miliardari conservatori, di poggiare su una cultura sostanzialmente razzista – ha firmato un contratto con cui ha preso in gestione il board strategico per gli intrattenimenti di musica live della Nfl. Insomma, la Roc Nation è diventata il nuovo direttore artistico dell’entertainment di tutto il brand, incluso l’Halftime Show del Super Bowl. Alla sua anima di artista impegnato, uomo che non dimentica le sue origini e il passato a Bed-Stuy, come spiega nelle sue canzoni, Jay-Z affianca anche quella del businessman coinvolto in affari multimilionari. E il suo ruolo nel calcio, quello che sta provando a ritagliarsi con Bernardeschi, Lukaku e gli altri, non deve essere poi tanto diverso. C’è l’attivismo politico, c’è l’impegno sociale. Ci sono gli affari.