La finale di Copa del Rey in cui il Real Madrid affrontò il Castilla, la squadra filiale del Real Madrid

Quarant'anni fa, un evento unico nella storia del calcio spagnolo ed europeo.

Solo di recente, in Italia, siamo entrati in contatto con il concetto di “squadra B”, o “squadra riserve”. In altri Paesi, invece, esiste da sempre un sistema calcistico piramidale che si compone di varie entità, ovviamente legate tra loro, che però giocano in campionati separati. In Spagna, soprattutto, c’è una grande cultura degli equipos filiales, letteralmente squadre filiali, che disputano i campionati di livello inferiore rispetto alle squadre senior e rappresentano uno sbocco per i giovani quando non sono ancora pronti per affrontare le partite della Liga, ma magari sono troppo forti – o troppo vecchi – per continuare a misurarsi nei tornei giovanili. Oggi, quarant’anni fa, si manifestò uno dei possibili bug di questo sistema: un club presentò due squadre in una finale di Coppa. Si tratta del Real Madrid, che sfidò il Castilla – denominazione ufficiale della seconda squadra del Real Madrid dal 1972 – nell’ultimo atto della Copa del Rey

Otto anni prima, il Castilla era nato per volontà di Santiago Bernabéu, che decise di acquistare il titolo sportivo di una squadra di Tercera División già affiliata col Madrid – il Plus Ultra – e di trasformarlo in una succursale da controllare in maniera diretta. Nel 1980, questa nuova entità gioca il campionato di seconda serie per il secondo anno consecutivo, e lo gioca anche bene, considerando i due settimi posti consecutivi arrivati nonostante i club da affrontare siano prestigiose: il Deportivo La Coruña, il Betis Siviglia, il Levante, il Valladolid.

L’avventura in Copa del Rey, però, è un’altra cosa: il Castilla elimina, una dopo l’altra, squadre come Racing Santander, Hércules de Alicante, Athletic Bilbao, Real Sociedad e Sporting Gijón. Sono tutte società di Liga, eppure vengono puntualmente battute dai ragazzi allenati da Juanjo, ex giocatore del Real senza grossa fortuna: il successo contro l’Herculés arriva dopo un’incredibile rimonta, il 4-1 subito ad Alicante viene ribaltato con un 4-0 a Madrid; il Bilbao e la Real Sociedad – che si sarebbero spartiti i titoli nazionali dal 1981 al 1984 – vengono superati con risultati meno clamorosi, forse perché il Castilla prepara i fuochi d’artificio per la semifinale col Gijón: all’andata nelle Asturie finisce 2-0 per lo Sporting, ma al ritorno i giovani del Real si impongono per 4-1, davanti a 80mila tifosi sugli spalti del Santiago Bernabéu.

La finale si gioca proprio nello stadio di casa, e su Youtube è disponibile la versione estesa della gara. Ancora oggi, come si vede dai commenti al tweet sopra, i tifosi merengue ricordano quella notte di calcio come «l’unica vissuta con il cuore diviso a metà». Il Real domina e vince per 6-1, il Castilla sembra essere di un altro livello ed è effettivamente così, come avrebbe spiegato Goyo Benito, difensore del Real, dopo la partita: «Questa può essere una lezione per loro. Dovevano e devono rendersi conto di quanto sia difficile arrivare in prima squadra, serve soffrire, lavorare, sacrificarsi». In effetti, non tanti protagonisti di quella stagione riuscirono a imporsi nel calcio dei grandi, ancora meno ci riuscirono nel Real Madrid: il portiere Augustín Rodríguez sarebbe diventato portiere della prima squadra, insieme a lui anche il regista Gallego riuscì a diventare titolare delle Merengues e della Nazionale spagnola.

Tutti gli altri non andarono oltre una carriera abbastanza mediocre, considerando anche la breve avventura europea dell’anno successivo. Sì, quel Castilla si anche qualificò alla Coppa delle Coppe, perché il Real Madrid del 1980 centrò il doblete Liga-Copa del Rey, e ovviamente disputò la Coppa dei Campioni dell’anno successivo. Un solo turno, contro il West Ham: vittoria per 3-1 al Bernabéu e sconfitta per 5-1 ad Upton Park, in quello che può essere considerato crudele contrappasso per le rimonte riuscite un anno prima in Copa del Rey.