Tre cose sulla 28esima giornata di Serie A

La Juve di Dybala e Ronaldo, la forza e i limiti dell'Inter, il Napoli ritrovato.

La Juventus di Dybala e di Ronaldo

Quando a gennaio, dopo una buona prestazione in Coppa Italia contro l’Udinese, un giornalista chiese a Sarri se la Juventus stava iniziando a praticare un gioco più vicino alle sua idee, la risposta del tecnico bianconero fu molto significativa: «Il sarrismo dovreste spiegarmelo voi, questa è la Juventus di Cristiano, Dybala, Higuain, giocatori che hanno fatto la fortuna di tutti coloro che li hanno allenati. Il mio compito è anche rispettare la caratteristiche dei calciatori». È un concetto su cui l’ex tecnico del Napoli ha insistito spesso, e che ora è tornato prepotentemente sotto gli occhi di tutti: per uscire dal momento negativo vissuto nelle prime gare dopo il lockdown, in Coppa Italia, la squadra bianconera ha avuto – e ha – bisogno dei suoi campioni, dei loro guizzi di classe, dei loro gol. Anche una partita teoricamente semplice come quella finita 4-0 contro il Lecce è stata sbloccata da una prodezza dell’attaccante argentino; non che prima del suo tiro da fuori area la Juve non meritasse il vantaggio, ma le sensazioni e il dominio nel possesso non fanno “punti” come nella boxe, nel calcio servono sempre e comunque i gol. E in questo momento la Juventus, per segnare, sembra dover passare per forza dal genio dei suoi uomini migliori: anche la partita contro il Bologna è stata indirizzata da Dybala e poi da Ronaldo, ma questa è un’evidenza che si è manifestata anche prima del lockdown, e basta consultare le cifre per rendersene conto – il portoghese e l’argentino hanno messo insieme 42 gol in tutte le competizioni, più della metà di quelle realizzate dai bianconeri. La Juventus di Sarri è una squadra molto forte, che merita di essere in testa al campionato e di avere quattro punti di vantaggio sulla Lazio, ma forse non è (ancora) riuscita a raggiungere il livello di qualità del gioco che ci si aspettava all’inizio di questa stagione. Mancano fluidità e continuità nella manovra offensiva, obiettivi che si possono raggiungere con il tempo e il lavoro, soprattutto dopo l’inizio di una rivoluzione tattica e culturale come quella avviata da Sarri. Nel mentre, l’anima dei bianconeri è rimasta simile a quella degli anni scorsi, con i grandi campioni che vengono esaltati e si esaltano, decidono le partite e, alla lunga, il campionato. La crescita del progetto-Sarri passa dal miglioramento di alcuni meccanismi di gioco, ma intanto ci sono uno scudetto da conquistare e una Champions da onorare: per questi obiettivi, la Juventus di Dybala e Ronaldo sembra poter bastare, in attesa che si manifesti (più compiutamente) quella di Sarri.

A Parma l’Inter ha fatto i conti con i suoi limiti, e con la sua forza

Non si sbaglia probabilmente nel definire quella dell’Inter a Parma la prova peggiore dei nerazzurri in questa stagione. Una squadra lenta, che ha perso i suoi tratti distintivi di ferocia e intensità, prevedibile, scarica, va sotto di un gol – la difesa non fa certo un bel figurone nell’azione che porta alla rete di Gervinho – e poi è incapace, per buona parte del match, di imbastire una reazione di qualche tipo. Poi, quando tutto sembra finito, l’Inter nel finale segna due gol in rapida successione, per giunta con due difensori, ribaltando quella che era una serataccia in tre punti d’oro, per la classifica e soprattutto per il morale. C’è molto della stagione dell’Inter nella gara di Parma – a parte la prova incolore, diremmo. C’è la sensazione di essere arrivati lì, a giocarsi un pezzo di scudetto, e subito dopo quella di non essere ancora pronti. L’imprevedibilità dei nerazzurri, che anche nella stessa partita, molte volte, hanno cambiato faccia da un tempo all’altro – resta scolpita in questo senso la gara di Dortmund, quella che a conti fatti ha retrocesso la squadra di Conte in Europa League – è stata perlopiù uno svantaggio in questa stagione. E invece a Parma diventa una risorsa, ma anche dopo una vittoria che Stellini considera positiva – «Non è solo il bel gioco o la non sofferenza a farti vincere» – l’interrogativo sull’Inter finisce per essere sempre lo stesso: ma allora, questa squadra quanto vale? L’Inter ha investito, speso, costruito un progetto credibile, assunto un allenatore formidabile – il migliore che c’è, in quest’ottica – ha fatto bene per gran parte della stagione ma ha dato l’impressione di eclissarsi nei momenti cruciali – abbiamo parlato di Dortmund, ma potremmo benissimo parlare della trasferta contro la Juventus o di qualche punto di troppo perso per strada. In generale, la classifica conferma quello che i nerazzurri sono: una squadra di vertice ma non sufficientemente tale per stare in vetta. Allora è qui che si consuma il senso della restante stagione nerazzurra: fermo restando che solo il più ottimista degli ottimisti può pensare a una rimonta scudetto, l’Inter ha bisogno di certezze e continuità, di crescita collettiva e individuale, di spirito di unione per cercare di stare al primo posto, forse, tra un anno. E certe vittorie, come questa di Parma, aiutano, anche quando arrivano nella serata più buia di tutte.

La sintesi del match del Tardini

Gattuso ha trovato la quadra per il suo Napoli

La quinta vittoria consecutiva del Napoli in campionato, a cui va aggiunto il trionfo in Coppa Italia, ha molti significati importanti: il primo va ricercato nella (buona) prestazione della squadra azzurra nonostante il turnover di Gattuso, che rispetto al match contro il Verona ha sostituito sette elementi della formazione titolare. Nonostante questi cambiamenti, il Napoli non ha sofferto scompensi, anzi grazie ad alcuni inserimenti – per esempio quello di Lobotka, più creativo e cerebrale nell’interpretazione del ruolo di regista davanti alla difesa rispetto a Demme – è sembrato maggiormente spigliato in fase offensiva. Certo, magari la Spal di Di Biagio non rappresentava l’avversario più duro da battere, ma anche in questo senso la prestazione del Napoli è incoraggiante: proprio le partite contro squadre di qualità inferiore, soprattutto quelle al San Paolo, avevano fatto la differenza in negativo nell’arco di questa stagione a dir poco contraddittoria. Ieri, invece, la squadra di Gattuso non ha sbandato neanche dopo il pareggio (casuale) di Petagna, anzi ha subito ripreso il controllo della gara e avrebbe pure meritato un risultato più ampio. Buoni anche gli ingressi di Younes e Lozano nella ripresa. Insomma, la sensazione è che Gattuso abbia trovato le chiavi per riportare il Napoli ai suoi livelli, o quantomeno per infilare una striscia di risultati in linea con il valore (alto) della rosa. La classifica dice che l’Atalanta – prossima avversaria degli azzurri – è lontana dodici lunghezze, ma questo ampio distacco va fatto risalire ai disastri di inizio anno, agli equivoci tra società, allenatore e giocatori. Tutte situazioni risolte da Gattuso attraverso un lavoro intelligente, che è partito dal campo ma ha finito per rendere di nuovo unito l’ambiente partenopeo, dentro e intorno alla squadra, alla società. Il miglior viatico per progettare il futuro.

Gli highlights di Napoli-Spal