In Serie A, non sono mai stati assegnati tanti rigori come in questa stagione

Sono 142 in 288 partite.
di Redazione Undici 02 Luglio 2020 alle 17:00

Mancano ancora due partite – Atalanta-Napoli e Roma-Udinese – al termine della 29esima giornata della Serie A 2019/20, eppure questa edizione del campionato ha già infranto un record storico: gli arbitri italiani hanno già assegnato 142 rigori in 288 partite, praticamente un penalty ogni 180′ di gioco. Secondo le rilevazioni di Opta, che raccoglie i dati sui rigori dalla stagione 1995/96, il primato assoluto risaliva alla stagione 2016/17: allora furono fischiati 137 penalty, però in 380 partite. Dunque, la Serie A dimostra di essere una lega in cui i contatti in area di rigore e i falli di mano sono punti con grande severità. Abbiamo visto che si tratta di un’evidenza statistica rispetto al passato, ma anche rispetto ad altri campionati: poche settimane fa, da un rapporto del CIES è emerso che nelle ultime tre stagioni (2017/18, 2018/19 e 2019/20, almeno fino al lockdown), gli arbitri comandano un calcio di rigore ogni 249 minuti di gioco. Un rapporto temporale molto più basso rispetto a quello di tutti gli altri grandi tornei continentali: in Ligue 1 viene fischiato un rigore ogni 262 minuti, in Liga uno ogni 268; in Germania e Inghilterra la media è ancora più bassa, in Bundesliga c’è un penalty ogni 321′ di gioco, mentre in Premier ogni 389′.

È interessante provare a capire come e dove si origina questa maggiore severità da parte degli arbitri di Serie A. In primis, va tenuto conto delle nuove direttive per la regola sui falli di mano in area di rigore, in vigore dalla stagione 2019/20: in precedenza, il criterio primario per l’assegnazione di un rigore riguardava la volontarietà dell’intervento con la mano o con il braccio, un parametro la cui valutazione – molto discrezionale e opinabile – veniva demandata all’arbitro, ai suoi collaboratori e al supporto del Var; da quest’anno, invece, ha assunto maggiore rilevanza la posizione delle braccia. La locuzione che dovrebbe chiarire il tutto è “posizione naturale e innaturale”: quando le braccia sono posizionate in modo innaturale, cioè aumentano il volume occupato dal corpo, oppure sono al di sopra dell’altezza delle spalle, o ancora sono estese lateralmente o in verticale, lontane dal corpo, quando un giocatore va a terra, il tocco è sempre sanzionabile. Ci sono delle eccezioni – per esempio quando il pallone tocca un’altra parte del corpo prima di sbattere su mano o braccio, oppure quando mani o braccia non aumentano il volume del corpo – ma la nuova regola ha finito per penalizzare molto i giocatori difendenti in area di rigore. Un esempio lampante riguarda il penalty assegnato al Torino, durante la partita contro la Lazio, per tocco di mano di Immobile: l’attaccante della Lazio viene colpito sul braccio dal tiro di Nkoulou, la distanza tra i due giocatori è molto ravvicinata, ma Immobile tiene il braccio largo, devia il pallone e quindi il penalty andava effettivamente assegnato.

L’altra cosa di cui tener conto è la giurisdizione del Var, che non può intervenire in caso di rigore assegnato dall’arbitro dopo la valutazione di un contatto in area: il protocollo della videoassistenza, infatti, prevede che il direttore di gara possa essere chiamato all’On Field Review e/o possa essere “corretto” dal Var solo in caso di evidente errore, per esempio una svista assoluta o uno scambio di persona. Quando si tratta di interventi leggeri, visti e giudicati dall’arbitro, fanno fede solo la visione e l’interpretazione dell’episodio dal campo, quindi non c’è possibilità di modifica da parte del Var. In questo modo, anche falli poco netti, ma che a velocità naturale – e dal campo – sembrano essere più duri, si trasformano in rigori, e la decisione non può essere modificata.

 

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