L’importanza discreta degli steward

Negli stadi italiani c’è una grande squadra di persone che assistono i tifosi perché ogni partita sia un momento indimenticabile, accessibile per ogni spettatore, organizzato e soprattutto sicuro.

Tutta l’attenzione deve essere sul campo. È normale, è per questo che siamo allo stadio. Pensando al campo abbiamo scelto i biglietti comprati qualche settimana prima, o l’abbonamento a inizio stagione. Come il palco di un teatro, come il piatto di un ristorante. Eppure, per far sì che la concentrazione sia massima, e quindi indisturbata, è fondamentale tutto un contorno che ci risulta spesso invisibile, ed è invece importantissimo: come il servizio di un ristorante, come l’ospitalità di un teatro. Allo stadio è il lavoro di steward, hostess, addetti alla sicurezza e ai parcheggi, insieme a chi li coordina, persone esperte e competenti pronte ad affrontare e risolvere ogni criticità. Lo sa bene Giuseppe Carlucci, Sport Business Line Manager che per Manpower da 10 anni segue le squadre di calcio nelle loro necessità di ospitalità e sicurezza: «Siamo stati tra le prime Agenzie per il Lavoro a offrire questo servizio, che integra una soluzione come l’outsourcing nello sport, adatta per assicurare la flessibilità e il servizio “chiavi in mano” perché le squadre possano dedicarsi ai loro servizi core, con la tutela per i lavoratori grazie a contratti regolari e formazione gratuita».

Una struttura che Manpower segue con una divisione dedicata: Manpower TBO (Task Based Outsourcing). Un servizio che ha al centro la figura dello steward: «La loro presenza non viene quasi mai notata, è una figura ombra», dice Jacopo Musciolà, Business Development Manager di Manpower TBO e presidente Associazione SIA — Stewarding Italiani Associati. «Ce ne accorgiamo sempre nel momento peggiore, nelle situazioni in cui è mancata una gestione strutturata di servizi di stewarding e sicurezza». È uno dei mestieri nascosti del calcio. È nel sommerso di un’organizzazione gigantesca, un ingranaggio della lunga filiera di produzione di una partita. Senza steward non c’è lo stadio: non c’è pubblico, non ci sono tifosi, striscioni, cori, famiglie con bambini né esultanze ai gol o insulti all’arbitro che assegna un rigore – ma quest’ultima parte sarebbe meglio dimenticarla.

Non li si nota perché gli steward hanno una funzione silenziosa, che si muove su due principi cardine: safety e accoglienza. Secondo l’ultimo decreto ministeriale, datato 13 agosto 2019, l’attività dello steward si divide in quattro punti: controllo dei biglietti, accoglienza e instradamento degli spettatori, verifica del rispetto del regolamento d’uso degli impianti, svolgimento di servizi ausiliari dell’attività di polizia. In Italia ci sono tra i 15mila e i 30mila steward: è un range molto ampio. «Non lo sappiamo con certezza perché non c’è un albo o un documento che lo certifichi», spiega Musciolà, «nonostante la prima regolamentazione risalga al 2007, quando è stata istituita la figura dello steward». Certo, c’erano anche prima: erano chiamati in altro modo, in alcuni casi erano maschere, come al teatro. «Lo steward è un incaricato di pubblico servizio», dice Musciolà, «una figura paragonabile a un funzionario di pubblica sicurezza, uno status necessario per tutelarli in caso di problematiche durante il servizio». Nell’immaginario collettivo, lo steward è associato ai disordini sugli spalti, quasi mai alle vite salvate da infarti o da cadute sulle scale, che pure ci sono. «Di sicuro gli steward rischiano. Il tifoso non ama essere controllato, ma per rendere gli eventi sportivi reali momenti di intrattenimento e spettacolo è fondamentale che ci siano ruoli preposti che si interfacciano con i tifosi, all’inizio erano le forze dell’ordine che svolgevano anche questo ruolo.».

Fare lo steward non è ancora un lavoro a tempo pieno. I club si affidano a servizi in outsourcing, come Manpower TBO. «Seguiamo principalmente le piazze di Verona, Milano (Inter), Napoli, Roma e Cagliari, più altre squadre in Serie B e LegaPro», interviene Carlucci. «Manpower TBO ha l’appalto di tutto il servizio di stewarding, quindi ci occupiamo di ricerca, selezione, formazione e gestione amministrativa e operativa del lavoro all’interno dello stadio, compresa la distribuzione degli strumenti: radiotrasmittenti, metal-detector, pettorine». Per l’inserimento al lavoro bisogna superare una selezione: c’è un corso di formazione in aula di 32 ore, e un periodo di pratica e affiancamento sul campo. Negli ultimi anni c’è un’attenzione maggiore da parte di chi gestisce la formazione degli steward per conto delle squadre di calcio, e anche le singole società hanno avuto modo di capire l’importanza di queste figure che stanno dietro le quinte: «Non è un caso che siano diminuiti gli scontri all’interno degli stadi», prosegue Musciolà.

Una formazione che ora consente a steward e alle altre figure di assistenza e sicurezza di spendere le competenze acquisite in altri ambiti che nel periodo attuale sono non solo utili ma spesso obbligatori, come le attività di misurazione delle temperature all’ingresso di locali pubblici. Ci sono miglioramenti, ma c’è ancora un grande margine per rendere il servizio più efficiente, e conveniente per chi lo svolge. Difficile fare paragoni con realtà molto diverse: nelle arene del basket, o negli impianti del tennis, il contesto è troppo diverso per poter immaginare di mutuare da lì alcuni accorgimenti. Ma potrebbe essere utile guardare i servizi offerti in altre realtà del calcio europeo. La Premier League inglese – modello di riferimento a ogni livello, in quanto campionato nazionale più importante del mondo – ha responsabilizzato le società sportive spingendole ad avere i propri steward, che lavorano nel loro stadio (più facile quando quasi tutti i club hanno lo stadio di proprietà). Inoltre in caso di partite particolarmente tese la polizia può scortare parte delle tifoserie direttamente sugli spalti. In Spagna, invece, è lo Stato ad assumersi la responsabilità della sicurezza e dei controlli, con il ministero dell’Interno che nomina i coordinatori alla sicurezza: sono loro a predisporre le misure specifiche, a mantenere le relazioni con il CdA del club di casa e a coordinare le attività di tutte le componenti che partecipano all’evento sportivo.

Per la ripresa dei campionati, in tutta Europa, sono previsti cambiamenti sostanziali. Oggi il protocollo della Figc prevede un massimo di venticinque steward a partita, per contenere il numero di presenze in ogni impianto come misura di sicurezza. «Pur non essendo prevedibili gli sviluppi nelle modalità di svolgimento delle partite, di sicuro l’approccio civile, ospitale, strutturato di un’organizzazione come quella del personale di assistenza e sicurezza negli stadi è uno dei punti di forza per la ripartenza in sicurezza anche dello spettacolo del calcio», conclude Anna Gionfriddo, Operations Director di Manpower che guida anche la divisione Manpower TBO.

Undici X ManpowerGroup Italia, dal n° 33 della rivista