In soli sei anni, le carriere di Schürrle e Götze non sono andate come ci aspettavamo

Uno si è ritirato, l'altro è svincolato.

La foto che vedete in apertura fa parte della storia del calcio, ma non è molto lontana nel tempo: sei anni fa, per la precisione il 13 luglio del 2014, la Nazionale tedesca ha battuto l’Argentina per 1-0 nella finale dei Mondiali. Il gol decisivo, arrivato nei tempi supplementari, è realizzato da Mario Gõtze su assist di André Schürrle. L’azione che porta a questa marcatura ha un alto valore simbolico, spiega – forse meglio di ogni altra cosa – il progetto vincente della Germania: nella partita più importante che ci sia al mondo, un giocatore di 23 e uno di 22 anni confezionano il gol decisivo dopo essere stati lanciati da titolari nei propri club, dopo aver conquistato il posto da titolare in Nazionale, fino alla vittoria in Coppa del Mondo da protagonisti. La squadra che solleva la Coppa del Mondo a Rio de Janeiro, a parte alcuni elementi d’esperienza, è dunque molto giovane. Quella vittoria non suggella un ciclo, piuttosto sembra destinata ad aprire un dominio simile a quello della Spagna a cavallo tra gli anni Duemila e Duemiladieci. Non è andata proprio così: la Mannschaft di Joachim Löw è arrivata in semifinale agli Europei del 2016, ma soprattutto è stata eliminata al primo turno della successiva Coppa del Mondo in Russia. Ancora peggio è andata ai due protagonisti del gol iridato del 2014, Schürrle e Götze.

Schürrle ha annunciato oggi il suo ritiro, mentre Götze si è svincolato qualche settimana fa dal Borussia Dortmund e ora starebbe cercando una nuova squadra. Un destino incredibile, considerando che parliamo di due giocatori di primo piano che hanno solo 29 e 28 anni. In realtà, per loro tutto è iniziato ad andare male subito dopo il Mondiale: Schürrle ha vissuto una storia ai limiti dell’incredibile al Chelsea, dove era titolare con Mourinho e poi finì fuori squadra dopo aver subito un’intossicazione alimentare e aver contratto la salmonella. Pochi mesi dopo la Coppa del Mondo, viene ceduto al Wolfsburg per provare a ritrovare la forma, gioca due buone stagioni e torna in Nazionale per gli Europei del 2016; dopo, sceglie di passare al Borussia Dortmund, ma da lì inizia un lungo calvario di infortuni che lo porterà a giocare pochissimo e a incidere ancora meno, poi a due cessioni in prestito, al Fulham e allo Spartak Mosca, e infine al ritiro. Ha raccontato la sua storia allo Spiegel, spiegando che stava valutando l’idea di chiudere la carriera da molto tempo, perché non riusciva più a dare il massimo in campo, «una cosa necessaria per sopravvivere nel business calcistico, altrimenti perderai il lavoro e non ne otterrai uno nuovo».

Mario Götze è stato compagno di Schürrle al Borussia Dortmund, il club in cui è cresciuto e si è affermato prima di passare al Bayern Monaco – nel 2013, un anno prima del Mondiale. Dopo una prima stagione positiva con i bavaresi, la sua crescita si è però arenata, così nel 2016, dopo un Europeo deludente, decide di compiere il percorso inverso, di tornare al BvB per provare a rilanciarsi. La scelta non si rivela azzeccata, a causa di tantissimi infortuni che limitano il suo impatto in campo e finiscono col togliergli il posto in Nazionale. L’ultima presenza con la Germania risale al 14 novembre 2017. Nella stagione appena conclusa, appena 21 presenze totali in tutte le competizioni, di cui solo sei da titolare, per un minutaggio totale di 514′ di gioco. Troppo poco per convincere il club a rinnovargli il contratto in scadenza. Oggi è un giocatore libero di accasarsi dove vuole a parametro zero, si è parlato di un suo possibile approdo in Serie A, alla Roma o alla Fiorentina, ma queste sono solo ipotesi, supposizioni. I fatti, sei anni dopo la notte di Rio de Janiero, dicono che essere decisivi nella finale dei Mondiali non è un lasciapassare eterno per la felicità calcistica, proprio no.