Il gaming, una frontiera irrinunciabile

Nel giro di pochi anni il settore delle competizioni virtuali ha fatto passi da gigante sotto ogni punto di vista: interesse, visibilità, investimenti. I club di calcio hanno colto le potenzialità del fenomeno, ma adesso è il momento di sfruttarle appieno.

Che non fosse più un (video)gioco, lo si era capito da molto. Con gli impianti sportivi di tutto il mondo vuoti per via del contagio, la competizione si è spostata lì dove era unicamente possibile: sulle piattaforme virtuali. I campionati nazionali di calcio, Nba, Formula Uno e MotoGp sono solo le principali organizzazioni che hanno patrocinato tornei di esports, spesso coinvolgendo in prima persona atleti professionisti per richiamare la maggior attenzione possibile sull’evento. Il derby milanese tra Sebastiano Esposito e Rafael Leão, giocato su Pes, ha raccolto quasi 400mila visualizzazioni su Youtube.

Il Gran Premio di Bahrein, in modalità virtuale, ha sfiorato la quota di 2 milioni. Sono numeri influenzati dalla spinta derivata dal periodo di lockdown, ma che raccontano un coinvolgimento stabile, diffuso, attorno al mondo degli esports. Anche il calcio italiano ha intercettato questo interesse, con la nascita della eNazionale – che ha appena vinto eEuro 2020, i primi Europei in virtuale – e la creazione della eSerie A, con la quasi totalità dei club del campionato a farne parte. Ancora una volta, la parola d’ordine è diversificare: gli esports sono un ottimo modo per attrarre una platea non necessariamente legata allo stadio o anche alla semplice idea di sport per come lo intendiamo abitualmente, rafforzando così il proprio brand e la propria riconoscibilità a livello internazionale. Il pubblico, contrariamente a quanto recita la vulgata, non è composto solamente da giovanissimi, ma le ricerche di settore hanno evidenziato un interesse molto più esteso. Del resto, con un giro d’affari che ha scavallato il miliardo di euro, non poteva essere altrimenti. E in futuro le cifre saranno destinate ad aumentare ulteriormente. Il calcio italiano ha acceso i motori proprio al momento giusto. Ora arriva la parte più difficile, ma anche più stimolante: quella di non sottovalutare gli esports e chiuderli in un cassettino, ma di metterli al centro del proprio business e di costruirvi attorno un piano di sviluppo programmatico.

Da Undici n° 33