L’Inter su misura per Antonio Conte

Dopo una prima stagione positiva con il tecnico salentino, i nerazzurri hanno l'obbligo di fare il salto di qualità definitivo.

Gli acquisti di Kolarov e Hakimi, più quello non ancora concluso di Vidal, sono un segnale chiaro rispetto al percorso che l’Inter ha scelto di seguire per la nuova stagione. Il club nerazzurro sta facendo il possibile per rendere la sua rosa sempre più adatta al calcio di Antonio Conte, l’ha ritagliata sulle sue caratteristiche. È una scelta di campo netta da parte della dirigenza, che sta seguendo le indicazioni dell’allenatore per avvicinare la squadra al suo modello ideale e metterlo nelle condizioni migliori per portare la squadra al livello successivo.

Il difensore ex Roma era forse la miglior opzione, a prezzi contenuti, per migliorare l’uscita del pallone dalla difesa attraverso le catene laterali; Achraf Hakimi negli ultimi due anni è stato uno dei migliori interpreti d’Europa in un ruolo difficile – se non altro perché è un giocatore raro, per certi versi – e non c’erano molte alternative che potessero garantire il livello di prestazione richiesto dall’Inter con lo stesso grado di affidabilità e qualità. L’inserimento in rosa di Vidal, invece, si spiegherebbe da sé: arriverebbe a parametro zero, ha già lavorato con Conte alla Juventus, conosce i movimenti e i meccanismi del sistema, non ha bisogno di nessun apprendistato né di rodaggio, insomma è già pronto per giocare. E si tratta di un giocatore molto forte, ovviamente.

La società nerazzurra sta facendo un all-in su Antonio Conte: l’approccio è quello di chi ha in programma una vittoria nel breve termine, valorizzando quanto di buono fatto nella scorsa stagione, intesa come vero e proprio punto di partenza su cui edificare il 2020/21. Del resto il bilancio del primo anno di Conte è stato tutto sommato positivo: l’Inter è cresciuta nel rendimento e nei risultati, è arrivata seconda in campionato facendo 13 punti in più rispetto alla stagione precedente, ha segnato 111 gol in tutte le competizioni – record assoluto per il club su base stagionale.

Adesso però viene la parte più difficile. L’Inter deve dimostrare sul campo che un miglioramento, seguendo questa strada, è possibile. Uno dei grandi problemi della scorsa stagione è stata proprio la difficoltà di adattamento, cioè di cambiare e migliorare nel corso del tempo: l’Inter vista all’inizio della scorsa stagione era molto simile – per non dire identica – a quella che avrebbe giocato la finale di Europa League contro il Siviglia, dodici mesi dopo. La rosa si era dimostrata subito adattata a rispettare le consegne del suo allenatore, e parliamo dei giocatori già presenti – Lautaro e De Vrij sono ottimi esempi – come di quelli arrivati la scorsa estate – Lukaku e Barella su tutti. Ma quel gruppo non è mai stato realmente in corsa per lo scudetto, se non fino a dicembre o al massimo a gennaio. Anche nelle coppe internazionali la stagione si è risollevata dopo il lockdown con un percorso molto positivo in Europa League, che però era ed è ancora un’opzione residuale dopo l’eliminazione dalla Champions ai gironi.

Resta da capire quante e quali siano i margini di miglioramento e le possibilità di portare questa Inter a un livello superiore al secondo anno di gestione Conte. Un primo step nel percorso di crescita passa sicuramente dai giocatori, dalla loro capacità di mantenere una maggior costanza di rendimento e di raggiungere picchi più alti, soprattutto nelle partite chiave della stagione. L’upgrade non può passare solo dalla somma di nuovo talento in arrivo dal calciomercato: i nuovi acquisti saranno certamente un valore aggiunto, ma da soli non possono risolvere i limiti della squadra. Anzi, paradossalmente trovare nel mercato tutte le risposte ai propri interrogativi potrebbe non essere una soluzione sostenibile, per l’Inter e per Conte, con quest’ultimo che invece deve dimostrare di poter fare di più con il materiale umano a disposizione.

Romelu Lukaku è stato il miglior marcatore nerazzurro della stagione 2019/20: 34 gol in 51 partite ufficiali di tutte le competizioni (Friedemann Vogel/Pool via Getty Images)

Proprio da Conte passeranno molte delle sliding doors di questa squadra, di questo gruppo. Per il tecnico la stagione che sta iniziando è un banco di prova: deve dimostrare di saper e poter andare oltre se stesso, oltre l’evidenza, ovvero oltre la certezza che si tratta dell’allenatore perfetto per risollevare club nel breve periodo pur dovendo raccogliere cocci (come a Torino o a Londra); deve dimostrare che le sue qualità come tecnico – già visibili e già riconosciute più o meno a tutte le latitudini – possono superare quel che abbiamo già visto alla Juventus, al Chelsea, in Nazionale. Perciò la sua Inter non potrà più essere solo uguale a se stessa, deve andare oltre i meccanismi mandati a memoria, gli automatismi che abbiamo imparato a conoscere. In più Conte deve dare risposte a una società che gli ha fornito gli strumenti più adatti che potesse dargli, ma qualche volta anche l’ha anche invitato in maniera esplicita a cercare una variazione sul tema. Come successo con Eriksen.

Il danese è stato acquistato a gennaio e doveva servire proprio a spezzare la monotonia, doveva rendere l’Inter meno prevedibile. Offriva e offre ancora adesso una soluzione alternativa sulla trequarti, crea linee di passaggio alle spalle del centrocampo avversario, è un riferimento offensivo per la manovra che va oltre l’appoggio semplice, diretto, verticale sulle due punte. Il 2020 però finora ha detto altro: Eriksen è stato usato soprattutto come risorsa dalla panchina, non è mai stato un elemento centrale per lo sviluppo della manovra, e al momento somiglia tanto a una grande occasione persa. Ma lo stesso discorso vale per Skriniar, che all’Inter c’era già prima di Conte e che con l’allenatore pugliese si è lentamente trasformato da perno difensivo in comprimario di cui si può anche fare a meno.

Da quando è arrivato in nerazzurro, Eriksen ha accumulato poco più di mille minuti di gioco in 26 presenze ufficiali; il suo score è di quattro gol realizzati (Filippo Monteforte/AFP via Getty Images)

Eriksen e Skriniar sono due casi manifesto della gestione polarizzante di Conte, che non ha mai avuto problemi a sacrificare il talento sull’altare del sistema e del piano gara preimpostato. E che nell’ultima stagione ha fatto bene, ma che proprio in virtù di questo suo approccio sembra aver svalutato alcuni asset – economici e tecnici – di grande importanza per il club. La nuova Inter, invece, dovrà vivere anche delle letture estemporanee dei suoi giocatori migliori, dovrà dimostrare di poter crescere a livello individuale e di squadra, e di saper interpretare anche i contesti di gioco più complessi, contro gli avversari migliori. Per farlo, Conte potrebbe pensare di allentare la presa su alcuni principi cardine del sistema, così da lasciare campo libero all’interpretazione dei singoli. E la sensazione è che siano i giocatori come Skriniar, ma soprattutto come Eriksen, a poter offrire una prima via d’uscita dall’impasse.

Quest’anno l’Inter dovrà mostrare una nuova competitività, la capacità di giocarsi il campionato dall’inizio alla fine, sfruttando ogni minima possibilità di vincere: lo scudetto non può essere obiettivo minimo, certo, ma è un risultato a cui tendere da oggi fino a maggio. La crescita di Conte e della sua squadra, però, passa necessariamente anche da un percorso migliore in tutte le competizioni: una squadra con l’ambizione di competere la Juventus, di diventare la migliore d’Italia è chiamata a un percorso costante su 38 partite di campionato, ma servirà un ruolo da protagonista anche in Champions League. Il club sta facendo quel che può per assecondare il suo allenatore, sta costruendo la rosa più adatta alle sue idee. Adesso Conte, insieme ai suoi giocatori, deve dimostrare di valere questa fiducia incondizionata, questa coerenza progettuale diventata estrema e raggiunta in extremis, per provare a capitalizzare il buon lavoro fatto nella scorsa stagione.