Le nove donne che fondarono il tennis femminile

Cinquanta anni fa, nove giocatrici firmarono un accordo per far nascere la WTA

I cambiamenti sociali, la lotta per la parità di genere e contro le disuguaglianze si intrecciano sempre nei vari ambiti della società, e ovviamente anche nello sport. Il mondo del tennis, oggi, celebra un anniversario importante in questo senso: esattamente cinquanta anni fa, il 23 settembre 1970, un gruppo di nove giocatrici – le Original 9 – si sono rese protagoniste di una svolta epocale, stipulando il primo accordo con un circuito professionistico solo femminile: l’immagine che passò alla storia fu la firma sul contratto dal valore – simbolico – di un solo dollaro che le nove giocatrici apposero per ufficializzare la nascita della nuova istituzione. Erano Billie Jean King, Peaches Bartkowicz, Rosie Casals, Judy Dalton, Julie Heldman, Kerry Melville Reid, Kristy Pigeon, Nancy Richey e Valerie Ziegenfuss. La svolta fu avviata con l’aiuto di Gladys Heldman, fondatrice della famosa rivista World Tennis: insieme all’editrice, le Original 9 decisero di boicottare l’edizione 1970 del torneo Pacific SouthWest di Los Angeles, per il quale l’organizzatore Jack Kramer aveva confermato l’intenzione di pagare gli uomini 12 volte in più rispetto alle donne.

Un po’ di contesto, giusto per capire cos’era quel tennis, come si viveva una carriera tennistica: solo due anni prima, il 22 aprile del 1968 era iniziata l’era Open, che diede finalmente la possibilità a professionisti e dilettanti di poter competere all’interno degli stessi eventi – prima, infatti, i due circuiti erano separati. Questa svolta però non contemplò minimamente le donne, che erano state praticamente escluse dalle riforme, o comunque continuavano ad avere un trattamento economico diverso rispetto agli uomini. Infatti, proprio in quel periodo storico, le disparità tra i tennisti e le tenniste aumentarono in maniera esponenziale, in quanto tornei prevedevano montepremi differenziati per sesso. E il torneo di Los Angeles non faceva eccezione, evidentemente.

Come detto, nove tenniste decisero di ribellarsi: oltre ad annunciare la loro mancata iscrizione al torneo in California, manifestarono l’intenzione di creare un circuito parallelo nel quale finalmente le donne potessero ottenere gli stessi diritti degli uomini e nel quale le tenniste del futuro potessero sentirsi più tutelate, non solo economicamente. Certo, boicottare un torneo poteva mettere seriamente in pericolo la loro carriera e nessuno sarebbe stato in grado di aiutarle in caso di controversie. Questa paura non riuscì comunque a fermare Billie Jean King, Rosie Casals e Nancy Richey che decisero di contattare Gladys per un aiuto; in seguito, grazie alla conoscenza e all’interessamento del chairman dell’azienda Philip Morris, Joseph Cullmann, riuscirono ad ottenere una sponsorizzazione per il lancio del loro primo progetto, un torneo femminile al di fuori della Federazione degli Stati Uniti. La sede scelta fu lo Houston Racquet Club, l’evento prese il nome di Virginia Slims e le tenniste che presero parte a questa “rivolta” furono nove – si aggiunsero quindi Bartkowicz, Dalton, Hedman Reid, Pigeon e Ziegenfuss.

Queste tenniste avevano molto da perdere, ma decisero di unire le loro forze in un movimento di protesta per accelerare l’emancipazione delle donne nello sport. La firma del 23 settembre 1970 sancì la loro partecipazione al torneo di Houston. Non sapevano quanti soldi in più avrebbero guadagnato rispetto al dollaro “simbolico” segnato nel contratto con la nuova associazione, ma la speranza era quella di ottenere lo stesso riconoscimento di cui godevano gli uomini. Quello che le Original 9 non potevano immaginare era che il Virginia Slims Circuit sarebbe diventato da lì a tre anni la Women’s Tennis Association, ovvero la moderna WTA.

Quel gesto costò parecchio alle tenniste: molti contratti di sponsorizzazione firmati in precedenza furono annullati, e i loro nomi vennero cancellati da numerosi tornei. «Il 23 settembre 1970 avvertii un senso di paura ed euforia allo stesso tempo», racconta King. «sapevamo che stavamo scrivendo la storia e avevamo una grande consapevolezza del nostro scopo: volevamo che ogni ragazza del mondo potesse avere la possibilità di giocare e, se abbastanza brava, di vivere di tennis»

Billie Jean King (a sinistra) e Judy Dalton dopo la finale del torneo singolare femminile di WImbledon 1968; la vittoria andò a King con il punteggio di 9-7 7-5 (Central Press/Getty Images)

La stessa King, decise di scendere in campo nel 1973 contro il controverso tennista americano Bobby Rings che, per provocazione, vista la sua contrarietà alle azioni delle Original 9, decise di sfidarla. Questo match passò alla storia come “la battaglia dei sessi” e la vittoria della King attribuì un valore simbolico ancora più forte alle azioni che aveva deciso di intraprendere insieme alle sue colleghe. Da quel momento, per tutto il mondo fu chiaro che le donne potevano competere con gli uomini e avevano tutto il diritto di ottenere gli stessi compensi dei loro colleghi.

Il processo intrapreso nel 1970 fu però abbastanza lento, perciò molte giocatrici, per paura di ripercussioni, continuarono a giocare nei vecchi circuiti accontentandosi di montepremi piuttosto miseri. Non tutte ebbero subito il coraggio delle Original 9, ma va detto che i primi anni Settanta furono un periodo politicamente complesso per il mondo del tennis. La forza e il coraggio di King, e delle sue prime compagne d’avventura, riuscirono però a portare nel 1973 alla creazione della WTA. Con il tempo, la nuova istituzione del tennis femminile riuscì a convincere gli organizzatori dei tornei a parificare i montepremi tra uomini e donne.