Beder Caicedo, terzino sinistro, conduce sulla trequarti. Prova a premiare l’inserimento della mezzala Moisés Caicedo, che attraversa fisicamente la giocata con un velo; la palla finisce tra i piedi della punta, Gabriel Torres, che a sua volta serve Moisés Caicedo. Il diciottenne, cresciuto nel settore giovanile, riceve solo davanti al portiere del Flamengo e calcia angolatissimo. Palo e gol. È un’azione automatica, rapida, pensata con l’istinto; quel gol sarebbe stato il primo di una partita dominata senza tregua, vinta 5-0 contro i campioni d’America in carica. È un risultato sorprendente soltanto sulla carta, al netto delle difficoltà di inizio stagione del Flamengo, perché l’Indepediente del Valle ha giocato la sua solita partita, con l’unica differenza di aver travolto una delle squadre più ricche e forti del Continente. Attualmente, l’Indepediente del Valle è primo nel suo girone di Copa Libertadores, è una delle squadre più competitive del torneo e, cosa ancor più interessante, è costruita per non porsi limiti.
Quando l’imprenditore Michell Deller e i suoi soci rilevarono l’Independiente del Valle, quindici anni fa, il club aveva un altro nome, un altro stemma, altri colori sociali rispetto ad oggi, e cinquant’anni di storia alle spalle, trascorsi silenziosamente nella periferia del calcio nazionale. La squadra di Sangolqui – centro di circa 75mila abitanti a venti chilometri da Quito, di cui è una sorta di città dormitorio – era una piccola e sconosciuta, a galla tra le divisoni amatioriali e la terza serie del calcio ecuadoriano. Il primo aspetto su cui i nuovi proprietari del club avevano deciso di costruire il loro Independiente del Valle era la logica imprenditoriale: le somme più grosse non sarebbero state spese su giocatori in grado di stravolgere immediatamente le ambizioni del club, ma investite su un centro di reclutamento e sviluppo del talento che attualmente non ha eguali in Sudamerica, e che sarebbe diventato subito la fucina su cui ancora oggi si regge la squadra.
Fin dall’inizio intrapresero una linea chiara, privilegiando idee di gioco definite e, soprattutto, l’impiego di giovani. Invece che indebitarsi, come capita a squadre di maggior caratura costrette a inseguire ossessivamente la vittoria, il club scelse la strada dell’autosostentamento, producendo e lanciando giovani calciatori, rivenduti presto al miglior offerente per finanziare la crescita del club, in un circolo virtuoso che portò l’Independiente del Valle a rafforzarsi, consolidarsi e superarsi: nel giro di tre anni, passarono dalla terza serie del calcio ecuadoriano alla prima divisone, e da lì al suo vertice. Ha toccato picchi inimmaginabili, dalla finale di Copa Libertadores del 2016, persa da una formazione formata per la maggior parte da talenti del settore giovanile, dopo aver eliminato River Plate e Boca Juniors, alla vittoria della Copa Sudamericana dello scorso anno contro il Colon di Santa Fe.
Lo scorso novembre, per la finale, riuscirono a portare in Paraguay soltanto trecento tifosi, praticamente impossibili da distinguere nella nuvola di rumore che circondava la Nueva Olla di Asuncion e incitava gli argentini nella finale di Copa Sudamericana. Probabilmente, parte della forza dell’Independiente del Valle è proprio la sua tifoseria praticamente inesistente – ma, visti i risultati, destinata fisiologicamente a crescere o una storia che si esaurisce nello scorso decennio, se non contiamo le lunghe e trascurabili annate all’estrema periferia del calcio nazionale. Senza dover trascinare con sé il peso di una luccicante ma gravosa nobiltà, l’Independiente del Valle ha vissuto un’ascesa immaginabile solo su Football Manager, o in un mondo in cui le scelte e le idee non devono misurarsi con gli ostacoli esterni. Come un corpo che vola senza incontrare attrito, il club rayado non ha mai interrotto il proprio processo di crescita, perfezionando anno dopo anno il valore tecnico a disposizione, la qualità del gioco espresso e i risultati.
L’Independiente del Valle, ad oggi, è senza dubbio il club più moderno del Sudamerica. Per tanti motivi, ma principalmente perché ha saputo comprendere meglio degli altri il requisito indispensabile per crescere nel calcio di oggi: lasciarsi alle spalle ogni residuo di autoreferenzialità ed essere disposti a farsi contaminare. Da qualche anno, sono aumentate le figure provenienti dal calcio europeo, a partire dall’ex allenatore, lo spagnolo Ismael Rescalvo e dal suo successore, il connazionale Miguel Ángel Ramirez. Il tecnico 35enne è l’uomo che ha condotto il club alla vittoria della Sudamericana proponendo un calcio estremamente proattivo, basato su un pressing altissimo e sui principi del gioco di posizione. Lo stesso calcio che sta permettendo agli ecuadoriani di guidare il loro girone di Copa Libetadores. Ramirez è un allenatore formatosi all’Aspire Academy, l’accademia che ha dato alla luce il Qatar campione d’Asia: l’altro grande esempio che Deller ha in mente, nella costruzione di un club che somigli più a un laboratorio di calcio, che alle sue rivali più potenti.
Anche il settore giovanile è sotto il controllo di un tecnico spagnolo, il coordinatore Iván Vázquez: «Quando sono arrivato (quasi un anno e mezzo fa, nda) ho trovato una struttura e degli strumenti per lavorare migliori rispetto a quanto avessi immaginato», racconta a Undici, «qui crediamo molto in quello che facciamo, nell’idea di lavoro e nella formazione dei ragazzi. Oggi è difficile trovare progetti che credano nel medio-lungo termine, viviamo nell’era del breve termine e della fretta per ottenere tutto subito, in ogni ambito». Il settore giovanile dell’Independiente del Valle poggia su una struttura eccezionale, su un gran lavoro di scouting e su una pianificazione organica: «Le nostre squadre», spiega spiega Vazquez, «cercano di giocare un calcio attrattivo e coraggioso, con e senza palla, e di dominare entrambe le fasi. Quando abbiamo il possesso, cerchiamo il protagonismo nel costruire le azioni, quando non ce l’abbiamo, siamo coraggiosi nel cercare di recuperarla. Proponiamo questi contenuti tecnico-tattici in tutte le categorie, ma al di là di questo, ognuna ha i propri automatismi, che dipendono dai giocatori e da ogni generazione. Vogliamo calciatori responsabili, autonomi e creativi, che sappiamo capire il gioco e il motivo delle cose che fanno».
Il settore giovanile è il vero terreno di contaminazione tra i metodi usati nelle esperienze europee e la realtà in cui vengono impiegati. L’obiettivo della formativa dei Rayados è svolgere un ruolo sociale, oltre a quello tecnico: «Cerchiamo di tenere sotto controllo tutto il territorio ecuadoriano con il nostro dipartimento di scouting, per scegliere i migliori talenti del paese», racconta ancora Vázquez, «se i ragazzi hanno difficoltà economiche, diamo loro un importante sostegno. Inoltre, cerchiamo di fare un buon lavoro nelle nostre scuole, che svolgono un ruolo molto importante. Bisogna stimolarli molto, perché tendono a rilassarsi, ma quando lo si pretende, il livello del lavoro giornaliero è alto, ed è gratificante. Tutti hanno una loro motivazione per riuscire a diventare calciatori d’élite e questo dobbiamo tenerlo a mente». Per questo, la formazione va sempre oltre il campo: «Come in ogni ambito, diventare professionisti è molto complicato. Anche se l’Independiente è diverso da altri club e dà ai ragazzi molte opportunità per riuscirci, dobbiamo rivolgere il nostro lavoro quotidiano oltre questo aspetto. Formiamo le persone tanto quanto i calciatori, li prepariamo alla vita e trasmettiamo loro valori ed educazione e situazioni che incontreranno al di là del calcio, sia che non ce la facciano – che purtroppo è la cosa più è probabile – sia che ce la facciano, che è comunque un fatto effimero».
Per comprendere la portata del lavoro svolto dal club, basta leggere una qualsiasi rosa di una selezione giovanile ecuadoriana: i giocatori cresciuti nel club rayado sono spesso la maggioranza. In una, in particolare: la sub-20 del 2019, che ha vinto il Sudamericano e si è classificata terza al Mondiale. Di quella squadra quasi tutti i migliori sono passati nel centro di formazione dell’Independiente del Valle: Plata (oggi allo Sporting Lisbona, in Portogallo), Rezabala, Alvarado, Espinoza, Ramirez, Porozo. Un altro buon indicatore è la razzia di titoli giovanili negli ultimi dieci anni: l’ultimo è la Copa Libertadores Sub-20 vinta in finale contro il River Plate, torneo in cui è esploso proprio Moisés Caicedo. «Non possiamo vivere di rendita per questi risultati», conclude Vazquez, «sono una parte importante, ma dobbiamo misurarci con l’Estero, dove ci sono i migliori, e capire a che livello siamo. Molti dei nostri ragazzi possono già competere ad alti livelli grazie alla Nazionale, ma dobbiamo cercare sempre di andare oltre e migliorare. L’unico modo per farlo è continuare il nostro lavoro quotidiano coi ragazzi, vederne arrivare in alto sempre di più e sempre meglio, cercando di raggiungere i migliori risultati, sempre attraverso le nostre idee e i nostri valori».