Con Big Picture, il Liverpool e il Manchester United vogliono cambiare per sempre il calcio inglese

Il progetto prevede un pacchetto di aiuti per i club minori in cambio di maggior potere decisionale per i club più importanti.

Il calcio inglese è alle prese con uno dei momenti più delicati della sua storia recente, e non solo recente. La pandemia ha minato le certezze economiche di molte società, e la crisi derivata ha colpito tutti i 92 club che compongono la piramide calcistica. Ovviamente, però, le stratificazioni finanziarie di partenza hanno fatto sì che l’impatto fosse diverso a seconda dei casi: le 20 squadre della Premier, infatti, vivono in un mondo diverso rispetto alle 72 che si affrontano nelle tre divisioni della English Football League (EFL), ovvero Championship, League One e League Two. Molte di queste società minori sono a rischio fallimento, e perciò alcuni club di Premier League hanno proposto un nuovo modello organizzativo che potesse contenere la crisi.

Pochi giorni fa, il Telegraph ha rivelato un piano chiamato “Project Big Picture” che pare sia stato ideato e portato avanti dalle proprietà americane di Liverpool e Manchester United, con l’appoggio dell’attuale presidente della EFL, Rick Parry. Il progetto prevede una “revitalisation”, ovvero una nuova strategia per la ridistribuzione delle risorse finanziarie ai club che possa rivitalizzare le serie inferiori attraverso gli “aiuti” dei club di Premier League: la prima misura sarebbe l’istituzione di un pacchetto di salvataggio di 250 milioni di sterline, a cui andrebbe aggiunto il 25% dei futuri accordi televisivi sottoscritti per la trasmissione delle gare del massimo campionato e il 5% dei ricavi lordi annui della Premier per sostenere cause a fine benefico. Inoltre, Big Picture introdurrebbe anche un rigido tetto salariale dentro i paletti del Fair Play finanziario per i club della EFL, che, però, potrebbero contare sull’aiuto da parte delle squadre di Premier per il mercato: fino a quindici giocatori contemporaneamente potrebbero essere ceduti in prestito nelle serie inferiori, con un tetto massimo di quattro per ogni singolo club.

Questo progetto non modificherebbe radicalmente solo l’aspetto economico e tecnico del calcio inglese, ma propone anche riforme strutturali di grande peso, come la riduzione del numero dei club di Premier – che da 20 passerebbero a 18 – e la cancellazione della Coppa di Lega e del Community Shield. Cambierebbe anche il sistema delle retrocessioni: le ultime due squadre nella classifica di Premier League retrocederebbero automaticamente, e al loro posto sarebbero promosse le prime due della Championship; la squadra terzultima classificata in Premier, invece, parteciperebbe ai playoff/playout salvezza contro la terza e la quarta classificata della seconda divisione.

L’obiettivo è quello di riformulare e ripensare totalmente il calcio inglese, riducendo un calendario già molto fitto. La EFL, attraverso le parole del presidente Rick Parry, si è mostrata entusiasta di questa riforma, che ha cercato delle “sponde” anche nella Football Association e nelle tifoserie: tra i vari punti di Big Picture, c’è anche quello relativo alla creazione di un campionato professionistico femminile indipendente dalla Premier e dalla federazione inglese; poi sarebbero previste delle sovvenzioni (circa 111 milioni di euro) per la federazione calcistica d’Inghilterra, per coprire le sue perdite causate dalla pandemia, per il calcio di base e per quello femminile, erogati attraverso prestiti garantiti dai club; inoltre sarebbero destinati dei sussidi per le infrastrutture, circa il 6% dei ricavi lordi della Premier potrebbe sostenere i progetti volti a migliorare gli stadi nelle prime quattro leghe; infine, sarebbero istituiti degli aiuti per i fan, che consisterebbero nell’istituzione di un tetto massimo per i biglietti del settore ospiti nelle gare di Premier League (26 euro), nell’introduzione di un carta del tifoso, che coprirebbe parte delle spese di viaggio per le gare in trasferte; infine, almeno l’8% della capienza degli stadi sarebbe riservata per i tifosi ospiti.

Ovviamente, tutto questo deve generare un tornaconto per le grandi squadre di Premier. Liverpool e Manchester United si sono fatte promotrici di questo progetto perché la sua approvazione permetterebbe loro – e alle altre grandi storiche d’Inghilterra: Arsenal, Chelsea, Tottenham e Manchester City – di accrescere il loro potere decisionale. Come? Attraverso una modifica al sistema di votazione che oggi determina le decisioni relative al futuro della Premier. Attualmente l’assemblea prevede che ogni club abbia diritto di voto, e la maggioranza richiesta per ratificare un provvedimento è di 14 voti favorevoli su 20. Il nuovo sistema assicurerebbe il diritto di voto solo alle Big Six e ad altre tre società “storiche” (Everton, Southampton e West Ham), ma soprattutto basterebbero sei voti favorevoli per poter raggiungere la maggioranza. Proprio i voti delle Big Six. Nonostante sia stato inserito nel gruppo d’élite, il West Ham si è già detto contrario alla riforma.

Il titolo conquistato nel 2020, il primo dal 1990, è stato il 19esimo nella storia del Liverpool; solo il Manchester United ne ha vinti di più, 20 (Laurence Griffiths/Getty Images)

La nascita stessa della Premier League è frutto di contrasti e disparità tra le varie leghe inglesi: nel 1992, le 22 squadre affiliate della First Division, che in seguito vennero ridotte a 20, si separarono dalla EFL con l’obiettivo di raggiungere la totale autonomia nella stipulazione degli accordi commerciali e televisivi. Ora si è di nuovo davanti a un probabile cambiamento epocale del calcio inglese, che ancora una volta, in seguito a una crisi di sistema, non si è dimostrato unito nel trovare una soluzione. La cosa non è piaciuta nemmeno al primo ministro britannico, Boris Johnson: «È proprio questo tipo di trattativa che avviene dietro le quinte che mina la fiducia nel governo del calcio», ha dichiarato una sua portavoce.

Altri club minori, per esempio il Leicester, sarebbero tagliati fuori da questa riforma, che di fatto accentrerebbe il potere nelle mani delle società più potenti: molte decisioni importanti – tra cui come l’approvazione dei contratti collettivi e commerciali, le modifiche ai regolamenti e addirittura i veti su eventuali nuove proprietà o nuovi investitori – farebbero capo solo a un ristretto gruppo di dirigenti. Questo sarebbe il prezzo da pagare in cambio di una pioggia di aiuti economici per i club delle leghe più basse. La Premier si è già espressa sul tema e tramite una nota ha dichiarato: «Il calcio inglese è il più seguito al mondo e ha un sistema competitivo, dinamico e vibrante che interessa a tutti. Molte delle proposte che sono state pubblicate potrebbero avere un impatto negativo ed è deludente che Rick Parry abbia dato il suo sostegno». Parry dal canto suo, in un’intervista al Telegraph, ha spiegato che «la cosa che più importante che deve trasparire è la passione che il Liverpool e il Manchester United hanno dimostrato per la l’importanza della Championship e delle altre leghe inferiori. Questo è l’aspetto più gratificante di tutto questa situazione».