Tre cose sulla quarta giornata di Serie A

Il dominio di Ibra, la Juve in costruzione, la forza del Sassuolo.

Il dominio di Ibra, oltre la Serie A

Il dubbio che circondava il ritorno di Zlatan Ibrahimovic in Italia, e che ha continuato ad aleggiare anche intorno ai 10 gol in 18 partite della scorsa stagione, riguardava la qualità della Serie A come palcoscenico: il livello del campionato italiano, si diceva, è basso, per questo Zlatan segna. È un esercizio che lascia il tempo che trova, figlio di un’esterofilia tipicamente italiana, schizofrenica, poi, se mischiata con la tipica permalosità che si attiva, invece, quando uno straniero si permette di criticare l’ex campionato più bello del mondo. Insomma, siamo di nuovo qui a chiederci: uno Sheffield United, un Southampton o un Wolverhampton, sono più forti di Roma, Sassuolo o Verona? Probabilmente no, e se sì, non così tanto. Ibrahimovic, nella partita contro l’Inter, ha dimostrato di essere in grado, forse non per dieci partite di fila, ma ancora in grado, sì, di tenere testa a una delle migliori squadre d’Europa. Di saper giocare il gioco che deve giocare oggi, a 39 anni: controllare e difendere il pallone come pochi altri al mondo – Lukaku, appunto – e distribuirlo, grazie a una precisione di tocco ancora deliziosa, sulle giovanissime fasce laterali. Ha tenuto a bada D’Ambrosio, De Vrij, Vidal, Perisic, stoppato palloni di petto e addomesticato lanci lunghi addirittura con il collo del piede. Questo lavoro è quello che può fare oggi per il Milan, ancora più utile delle sortite propriamente offensive, quelle sì fondamentali – è con i gol che si vince – ma anche frutto di una labirintite di Kolarov, lui sì invecchiato non benissimo, apparentemente. E queste cose Ibra può probabilmente farle ancora contro chiunque, o quasi, in Serie A e non soltanto.

La Juventus in costruzione

Lo dice Andrea Pirlo, ed è evidente: la nuova Juventus è una squadra non ancora formata, che sta cercando di trovare, anzi di darsi una nuova identità tattica. E che sta portando avanti questo ambizioso processo facendo lo slalom tra le assenze, il conseguente utilizzo di giocatori giovani, l’inserimento dei nuovi arrivi dal mercato. A Crotone, i bianconeri sono scesi in campo con una disposizione futuribile, nel senso che potrebbe rappresentare un riferimento credibile per il resto della stagione: tre difensori in fase di costruzione, Chiesa a destra e un esterno a tutta fascia sull’altra corsia, due centrocampisti centrali, tre uomini offensivi; in fase difensiva, lo schema “scivola” e diventa velocemente un 4-4-2. Certo, magari un ipotetico tridente Dybala-Ronaldo-Morata – al posto di Kulusevski-Portanova-Morata – e l’utilizzo di Alex Sandro a sinistra cambierebbero le prospettive, la qualità della manovra e l’efficacia della finalizzazione si alzerebbe in maniera esponenziale, in attesa di altri rientri importanti (su tutti quello di De Ligt). Nella gara contro la squadra di Stroppa, però, la Juventus ha mostrato di non essere ancora pronta a sostenere davvero il sistema tattico che ha in mente Pirlo: il pressing è ancora disordinato e un po’ sterile, i meccanismi di scalate e coperture preventive non sono ancora automatici, le azioni offensive – soprattutto quelle in verticale – sono estemporanee. Tutto è collegato, ovviamente: una fase difensiva non ancora puntuale rende meno pericolose le manovre d’attacco, che però a loro volta risentono della mancanza di qualità in fase di rifinitura e conclusione, e magari questo può essere ricondotto alle assenze. Resta il fatto che i due punti persi non potranno essere mai restituiti ai bianconeri: evidentemente Pirlo e i componenti del suo staff stanno lavorando a lungo termine, di concerto con la società, e quindi certi passi falsi erano già messi in conto. D’altro canto, però, un pareggio in casa del Crotone potrebbe essere un segnale rispetto a un avanzamento troppo lento dei lavori in corso, considerando il valore dell’avversario, il calendario che attende la Juve (sei partite in venti giorni prima della sosta, tra cui quella in casa con il Barça), uno status di favorita per lo scudetto che in realtà non può ammettere pause, nemmeno se sei una squadra in costruzione.

Gli highlights di Crotone-Juventus 1-1

Questo è il Sassuolo (ed è una squadra molto forte)

Quando Manuel Locatelli – uno dei giocatori più forti e maturi del Sassuolo – ha perso palla al limite della sua area di rigore e ha praticamente regalato il gol del 3-1 al Bologna, non ha commesso un errore. O meglio: ha sbagliato la misura di un passaggio apparentemente semplice, ma non ha forzato la sua azione rispetto alle indicazioni di Roberto De Zerbi, il suo allenatore. Perché il Sassuolo è questo, è una squadra ambiziosa in ogni aspetto del suo gioco, in tutte le azioni, in tutte le zone del campo. Dopo due stagioni, De Zerbi sa che può permetterselo ancora di più rispetto al passato, e infatti la sua squadra ha segnato tre gol in pochissimi minuti dopo averne concesso uno in maniera gratuita. Certo, in partite del genere ci vuole anche una dose di fortuna – il gol di Caputo è arrivato su uno sfortunato errore difensivo di Palacio, la rete del 3-4 è scaturita da un autogol – ma alla fine la qualità e la sofisticatezza del gioco del Sassuolo hanno pagato i loro dividendi, tra l’altro contro il Bologna, un avversario pieno di giocatori giovani, che pratica un calcio fresco, rapido, quindi pericoloso per tutti. Il Sassuolo al secondo posto è il frutto (meritato) di tutto questo lavoro, di questo processo di miglioramento che è iniziato due anni fa e che continua ancora oggi, che ha portato Locatelli, Caputo, Berardi – e tanti altri calciatori – a livelli mai toccati in carriera, che non ha subito grossi cambiamenti in estate e quindi sta crescendo a un ritmo più vertiginoso rispetto agli anni scorsi, al punto che in questo momento non possiamo capire il perimetro dentro cui il Sassuolo si muoverà, nel senso che non sappiamo dove potrà arrivare, forse anche a lottare per la Champions League, chissà, ed è proprio questo il bello.

Una sintesi bella da vedere, per merito di entrambe le squadre