Focus — Edgar Davids

Un grande centrocampista, un'icona della sua era.

Qualsiasi appassionato di calcio poteva innamorarsi di Edgar Davids, e la sua forza era proprio questa: era un giocatore tecnicamente trasversale, era un fenomeno nel controllo della palla, un incontrista durissimo, era dinamico, intelligente, trascinatore. In virtù di tutto questo, è stato un simbolo del calcio tra gli anni Novanta e i Duemila, un’era in cui i giocatori-brand iniziavano a essere tanti, e lui è stato anche questo: oltre ad avere un fisico riconoscibile già di suo, grazie alle treccine, a un baricentro basso, a muscoli esplosivi, un problema di salute accusato nell’estate del 1999 – un glaucoma all’occhio destro – diede il tocco finale al disegno del suo personaggio: gli occhiali che ha indossato da quel giorno l’hanno reso ancora più iconico, ancora più unico e indimenticabile per un’intera generazione di tifosi, ma anche di avversari.

Oltre a essere uno dei migliori giocatori della sua era, un atleta che ha portato al livello successivo l’idea stessa del centrocampista, Davids è stato anche un professionista abbastanza controverso, non sempre semplice da gestire dal punto di vista emotivo e disciplinare. Anche questo, se vogliamo, ha alimentato il suo mito, ed è proprio partendo da questa sua completezza – formale e sostanziale – che abbiamo deciso di raccontarlo, prendendo un po’ di articoli da internet. La sua carriera ha avuto molte vite, abbiamo provato a ripercorrerle tutte, o quasi, partendo dai trionfi vissuti all’Ajax fino al passaggio in Italia, con le maglie di Milan, Juventus (soprattutto) e Inter, poi l’esperienza al Barcellona, quella al Tottenham, la Nazionale olandese e infine il ritiro, quando il gioco era ormai pronto ad accogliere i suoi eredi. Ovvero i centrocampisti del presente, quelli che sanno fare tutto e lo fanno benissimo, proprio come faceva Davids.

The boy Davids is now a GoliathThe Guardian
Simon Kuper racconta tutta la prima parte di carriera di Davids, parlando soprattutto della sua redenzione, di «una rabbia interiore e primordiale che è svanita col tempo, che l’ha condizionato all’Ajax e al Milan, che l’ha fatto litigare con tutti ma gli ha anche consentito di diventare un grande centrocampista».

Remembering Edgar Davids’ Importance to Juventus’ European DominanceBleacher Report
L’affermazione definitiva di Davids avviene nella Juventus di Lippi, a cavallo tra gli anni Novanta e gli anni Duemila. È una squadra che domina il calcio italiano e poi quello europeo anche grazie «alla sua resistenza, alla sua energia, al suo lavoro instancabile sempre imbevuto di consapevolezza tattica, tutte doti che l’hanno reso il perfetto contraltare di Zinédine Zidane».

Edgar Davids: the Barcelona diariesThese Football Times
Secondo questo articolo di TFT, l’era dorata del Barcellona di Xavi, Iniesta e poi di Messi è iniziata (anche) grazie all’esempio di Edgar Davids, che nei suoi quattro mesi al Camp Nou «ha mostrato quale possa essere l’impatto con e senza palla di un centrocampista, ha mostrato quanto possa essere importante pressare subito dopo aver perso il possesso, ma soprattutto ha mostrato l’approccio mentale e famelico che sarebbe stato alla base delle vittorie degli anni successivi». 

Edgar Davids era un giocatore in grado di fare tutto, di farlo benissimo, e questo l’abbiamo già detto. La cosa più sorprendente, però, era che questa capacità poteva manifestarsi – e si manifestava spesso – nella stessa azione, che poteva essere sempre come “Bohemian Rhapsody”, la celeberrima canzone dei Queen in cui Freddie Mercury si è divertito a mischiare registri, generi, stili di musica e di canto. In questo gol al Belgio, come in “Bohemina Rhapsody”, c’è tutto: la velocità, ovviamente il dribbling, il controllo di palla negli spazi stretti, manca la resistenza ai contrasti solo perché gli avversari non riescono a prenderlo; e poi c’è il tiro che non è un tiro, ma un tocco velenoso d’esterno sinistro – il suo sinistro che non aveva bisogno di essere veloce e potente e infatti viaggia lentamente verso l’angolino lontano. Edgar Davids faceva cose così a tutto campo, e allo stesso modo riusciva ad alternare vorticosamente tutti gli aspetti della della sua personalità, a volte venivano fuori anche quelli meno simpatici per gli avversari, gli arbitri e i detrattori, ma erano attimi destinati a scolorire di fronte alla sua grandezza calcistica.

Davids: Así se despide un ‘Bad Boy’ – Panenka
Dopo le esperienze poco significative con Inter e Tottenham, e il ritorno in Olanda, Davids si concede un’appendice di carriera nelle serie minori inglesi, con il Barnet. Nell’ultima stagione da giocatore (ma anche allenatore) della squadra londinese, disputa otto partite e viene espulso tre volte. Un finale che conferma la sua fama di giocatore sempre aggressivo, di «bad boy che voleva chiudere la carriera così, a modo suo, a muso duro».

Edgar Davids: One-on-One – FourFourTwo
Una lunga intervista piena di aneddoti: le sue difficoltà di ambientamento al Milan, le semifinali perse con l’Olanda ai Mondiali 1998 e agli Europei 2000, la connessione mentale con Zidane, il freestyle, insomma tutto Edgar Davids in purezza, senza filtri.

Controllo assoluto

Il rapporto di Davids col pallone era di governo e controllo, in tutte le situazioni. È stato uno dei primi grandi calciatori famoso anche per le sue doti da freestyler, ma la sua padronanza assoluta andava oltre la palla, riguardava anche il suo corpo, come si vede chiaramente in questo video di giocate in cui riesce sempre a trovare la miglior soluzione per non perdere il possesso, perché la manovra della sua squadra possa progredire, o quantomeno non retroceda.

Il calciatore completo

Il controllo di cui abbiamo parlato sopra era anche tattico, mentale: Davids sapeva contrastare gli avversari in maniera perfetta, spesso diventava duro e aggressivo per indole, non perché sbagliasse il tempo e lo spazio dell’intervento. Questa sua capacità di chiudere gli avversari – considerando pure le sue doti fisiche fuori dal comune – lo ha reso un calciatore completo, centrocampista spendibile in ogni posizione, in ogni condizione, in ogni situazione di gioco, per ogni compito, sempre con la garanzia di un rendimento altissimo.