Focus — David Villa

Un attaccante diventato leggenda.

Basterebbe dire che David Villa ha segnato almeno un gol in tutti i continenti ed è il miglior realizzatore di sempre nella storia della Nazionale spagnola (59 gol in 98 presenze), per spiegarne l’essenza di punta letale, in grado di adattarsi a ogni situazione. Ma questi dati quantitativi non restituiscono tutto ciò che era David Villa in campo, ovvero un giocatore di calcio completo, con una tecnica sopraffina e un intuito incredibile, in grado di essere determinante in tutti i contesti tattici – basti pensare che ha vinto la Liga e giocato la finale di Champions League nel Barcellona di Guardiola e nell’Atlético Madrid di Simeone. È stato un attaccante di sistema e un puro finalizzatore, è stato parte fondamentale di grandi collettivi – per esempio la Spagna campione del mondo e d’Europa nel 2008, 2010 e 2012 – ma ha saputo esaltarsi anche come solista, come trascinatore assoluto, per esempio al Valencia, prima di approdare al Barcellona, e poi nelle ultime fasi della sua carriera.

Baterebbe dire che ha vinto tutto, di solito il giudizio su ciò che resta di un calciatore viene liquidato con questa frase qui, che contiene tutto, solo che nel caso di Villa queste parole sono limitanti: l’attaccante asturiano è ancora oggi uno degli uomini-simbolo della sua era, un giocatore in grado di imparar e di crescere e di essere determinante e di fino a che non ha lasciato il grande calcio, poche settimane prima di lasciare l’Atlético Madrid e di iniziare il suo giro del secondo mondo calcistico – Australia, Stati Uniti, Giappone – aveva fatto in vincere una Liga da protagonista con i Colchoneros, a sfiorare la vittoria in Champions League contro il Real Madrid, a segnare un gol nella terribile esperienza della Nazionale spagnola al Mondiale brasiliano. C’è tutto e c’è anche molto altro negli articoli e nelle immagini che abbiamo scelto per celebrare David Villa, che si è ritirato un anno fa e ora ha già iniziato una nuova avventura come dirigente, come comproprietario di un nuovo club newyorchese, il Queensboro FC.

The endless evolution of David VillaThese Football Times
Un longform che ripercorre l’intera carriera di Villa, e che evidenzia il suo costante miglioramento, la sua capacità di comprendere cosa serviva alle squadre e agli allenatori che decidevano di puntare su di lui. Come Guardiola ai tempi del Barcellona, per cui David Villa «fu una punta perfetta, per la sua capacità di lavorare con e senza palla, di mantenere un altissimo standard tecnico senza rinunciare alla velocità».

El gran fichajeEcos del Balón
Il suo passaggio all’Atlético Madrid avviene nel 2013, dopo che il Barça annuncia l’arrivo di Neymar, e per il 32enne Villa sembra l’inizio di un inevitabile declino. In realtà, El Guaje risulterà un grande acquisto per Simeone, come spiega questo pezzo di Ecos del Balón: «Spesso è sembrato fuori forma, spesso ci ci siamo chiesti perché giocasse ancora all’inizio. Eppure ha giocato 30 partite, ha segnato 13 gol in campionato, eppure è andato anche oltre ai gol, risultando decisivo con le sue giocate tra le righe. Una bella fetta della Liga vinta dall’Atlético appartiene a David Villa».

David Villa: ‘I could never have foreseen such amazing things’CNN
In questa intervista rilasciata alla CNN, Villa spiega come per lui il calcio sia stato molto buono con lui, perché gli ha dato «molto più di quello che speravo». Allo stesso tempo, però, l’attaccante spagnolo riconosce di aver «lavorato e lottato per essere dove sono, per aver conquistato così tanto nel corso della carriera».

Il movimento che serviva in quel momento, magari non quello dell’attaccante classico; la capacità di scegliere in un centesimo di secondo la miglior soluzione per battere a rete; la sensibilità tattica necessaria per colpire il pallone con forza ma anche con delicatezza, così da dargli un effetto arcuato, una traiettoria sinuosa e avvolgente che termina la sua corsa proprio nel sette, dove il portiere non può arrivare. Il gol segnato al Manchester United nella finale di Champions Lague del 2011 è la sequenza che restituisce David Villa meglio di ogni altra, che spiega e racconta il suo gioco in maniera accurata, e inoltre mostra come sia stato un perfetto complemento per Messi e per il Barcellona di Guardiola. Dopotutto aveva la qualità per esserlo, un giocatore riesce a fare giocate del genere è destinato ad affiancarsi ai più grandi, a vincere, a essere protagonista accanto a loro.

David Villa at the 2010 World Cup: the goalscorer who became a legendThese Football Times
Probabilmente il miglior David Villa di sempre è quello che ha vinto da protagonista assoluto la Coppa del Mondo 2010, in Sudafrica: in questo articolo, TFT ripercorre quel mese magico, in cui «Villa si è trasformato da attaccante in leggenda». 

No sé si lo sabes, DavidPanenka
Nel giorno del suo ritiro, Panenka dedica a David Villa una vera e propria lettera d’amore: «Non so se lo sai, David, ma con te c’è stato un tempo in cui non importava se la palla cadeva sul piede destro o sul sinistro, in cui malizia, astuzia e dedizione si trovavano nello stesso corpo, il tuo».

Pura qualità

Nel Barcellona, David Villa è stato anche un grande centravanti puro. Magari non sempre, magari quando Messi e/o il gioco sofisticato di Guardiola gli permettevano di esserlo, però quando succedeva era magnifico. Come nel 2011 in casa dello Sporting Gijón, la squadra che nei primi anni Duemila l’ha lanciato nel grande calcio: solita azione travolgente di Messi, palla perfetta in verticale per Villa che attacca lo spazio. Da centravanti puro, appunto. Solo che Villa era anche altro, era pura qualità: un tocco per controllare il pallone, quello dopo è un meraviglioso pallonetto che toglie la terra sotto i piedi del portiere avversario.

Un giocatore travolgente

La meta di David Villa era il gol, sempre, ma questo non gli ha quasi mai impedito di trovare il modo più bello per arrivarci. Per lui, efficacia e bellezza e necessità coesistevano perfettamente. Nella terza gara della fase a gironi del Mondiale 2010, contro l’Honduras, alla Spagna serviva vincere per passare il turno. Dopo un quarto d’ora ci pensa lui, con una serpentina travolgente, con una pura dimostrazione di superiorità tecnica e atletica, cominciata sulla fascia sinistra, proseguita con un doppio dribbling nello stretto e poi conclusa con un destro a giro sul palo lungo, in caduta, come se nulla fosse.