Come il Lipsia è diventata una delle squadre più temute in Europa

La miglior squadra Red Bull è già oltre il modello Red Bull?

La vittoria per 2-0 sul Werder Brema di sabato aveva messo momentaneamente il Red Bull Lipsia da solo in vetta alla Bundesliga. Un primato che è durato pochissimo, fino alll’1-1 del Bayern Monaco a Berlino che ha permesso ai bavaersi di agganciare la squadra di Nagelsmann; poi domenica il Bayer Leverkusen si è preso la testa della classifica, battendo per 4-1 l’Hoffenheim. Al netto di questi sorpassi e controsorpassi, è evidente come l’ennesima partecipazione alla lotta per il titolo tedesco – una battaglia che quest’anno sembra davvero poter essere più serrata – stia certificando la crescita inarrestabile del Lipsia, ormai pronto per abbandonare lo status di outsider e competere stabilmente ai massimi livelli, non solo in patria. I risultati di questo campionato si sommano infatti alla prima semifinale di Champions League, conquistata ad agosto, e pochi giorni fa è arrivata anche una nuova qualificazione agli ottavi di finale. Tra l’altro, il successo è arrivato direttamente ai danni del Manchester United, una delle grandi storiche del calcio continentale. Non poteva esserci vittoria più significativa, probabilmente.

Il Lipsia è sempre stata una squadra con un’identità particolarmente marcata, riconoscibile, ritagliata sul modello scelto da Ralf Rangnick quando ha preso il controllo delle operazioni delle squadre Red Bull: un calcio rapidissimo, verticale, in costante movimento. Ma l’arrivo di Nagelsmann ha dimostrato che i bullen possono crescere ancora, possono andare oltre il loro creatore: a quei principi solidissimi stanno aggiungendo elementi nuovi, per portare la squadra in un’altra dimensione, dove non era mai stata prima.

Il Lipsia di oggi è una commistione tra il suo breve passato e uno sguardo al futuro. Il gioco è ancora fortemente identitario, e l’intensità è l’elemento primordiale che sottende tutto: la sfida a cui il Lipsia sottopone i suoi avversari è una battaglia atletica ai limiti dell’insostenibile. Il pressing è uno dei cardini del gioco che aveva importato Rangnick, rimasto durante la gestione di Ralph Hasenhüttl (dal 2016 al 2018), e voluto anche da Nagelsmann. Non è solo uno strumento difensivo: il pressing infatti è il primo regista e creatore di gioco, nonché ciò che aiuta a determinare il contesto della partita. Nella prima clip del video qui sotto si nota in un gol segnato contro l’Augsburg: il pressing affoga la costruzione bassa degli avversari, li induce all’errore, porta al recupero del pallone a pochi metri dall’area di rigore. Poi il gol.

È il primo punto di forza del Lipsia: il commentatore lo definisce relentless, implacabile

Nel racconto, si inseriscono poi altri due elementi chiave per capire il gioco dei bullen: dopo il recupero c’è un passaggio diretto, verticale e piuttosto lungo, che mette subito in difficoltà la difesa avversaria; poi la rapidità d’esecuzione, con tocchi di prima e giocate ad alto coefficiente di difficoltà, come la conclusione di Poulsen che con il sinistro indovina l’angolo lontano e può esultare. Nelle azioni del Lipsia c’è spesso una giocata rischiosa ma altamente remunerativa. Non solo a livello individuale, nei dribbling, negli assist o nelle conclusioni. È un approccio collettivo.

Il lavoro di Nagelsmann si nota anche nella flessibilità tattica, un altro elemento impiantato da Rangnick e rimodulato dall’attuale allenatore. «Non mi piace avere una formazione, sono solo numeri», ha detto l’allenatore a Espn. «È la cosa più facile da riconoscere e vedere in campo, ma quando inizia la partita le cose iniziano a farsi strane». È per questo, evidentemente, che Nagelsmann cambia più volte modulo tra una gara e l’altra, ma anche nei novanta minuti e ovviamente nelle diverse fasi di gioco: alterna quasi indifferentemente il 3-4-2-1, il 5-3-2, il 4-2-3-1 e il 3-1-5-1. E ogni volta, nonostante cambino le spaziature, il Lipsia riesce a muoversi come un blocco unico, compatto.

L’intensità, il pressing, la flessibilità tattica, sono tutti elementi presenti da tempo a Lipsia e portati a livelli più alti nelle ultime due stagioni. Hanno contribuito a costruire una squadra solida difensivamente – al momento è la miglior difesa della Bundesliga, con nove gol subiti – che concede poco: solo nove gol attesi concessi agli avversari (xGA), il miglior dato del campionato (dati Understat). E anche una potenza offensiva non indifferente: con 23 reti messe a segno, il Lipsia ha il terzo miglior attacco del campionato tedesco, perfettamente in linea con le occasioni create (e infatti la produzione è di 23,6 gol attesi).

L’arrivo di Dani Olmo dalla Dinamo Zagabria è stato il grande colpo di mercato del Lipsia negli ultimi anni: 21 milioni al club croato, battuta la concorrenza di tante grandi società europee (Maja Hitij/Getty Images)

Nagelsmann è andato oltre il lavoro di Rangnick (e Hasenhüttl), ha dovuto aggiungere qualcosa di nuovo per accedere al livello successivo e trasformare il Lipsia in una squadra in grado di competere – non solo su singola partita – con le migliori del continente. Una delle nuove armi del Lipsia doveva essere il possesso, perché tutte le grandi squadre nel calcio degli anni Venti controllano il gioco a partire dal controllo del pallone. Negli ultimi due anni Nageslmann ha lavorato perché la sua squadra potesse uniformarsi a questa tendenza: il numero di passaggi per partita è salito da 392 a partita a 552, e il dato bruto del possesso palla è salito dal 49,5% al 56%. Gestire direttamente il pallone, per Nagelsmann, ha ancora un valore in più quest’anno: «Giochiamo ogni tre giorni, non puoi lavorare sempre a quel livello di intensità, quindi abbiamo bisogno di tempo quando la palla l’abbiamo noi, creando occasioni attraverso il possesso. Voglio trovare un buon equilibrio cercando anche di sviluppare cose nuove».

Nagelsmann, appunto, sta sviluppando qualcosa di nuovo, sta costruendo altri piani su un palazzo con fondamenta solidissime. Ma nonostante un processo in costante evoluzione, la sensazione è che i giocatori in campo siano perfettamente calati nella loro parte, sappiano sempre cosa fare. È qui che si capisce il valore dell’integrazione, della connessione profondissima tra squadra e dirigenza, che hanno sviluppato un legame in cui ogni singolo elemento è al posto giusto. Gli addetti allo scouting, per fare un esempio, sono sempre istruiti in modo da sapere esattamente cosa cercare, con un’idea chiara del tipo di caratteristiche richieste per ogni potenziale acquisto. «Abbiamo un profilo concreto del tipo di giocatore che vogliamo per ogni posizione in campo. Se sai esattamente di cosa hai bisogno, diventa tutto più semplice», una vecchia frase di Rangnick che spiega abbastanza bene il concetto.

Nagelsmann ha compiuto 33 anni il 23 luglio 2020. È il più giovane allenatore ad aver guidato una squadra di Champions League e di Bundesliga, primati entrambi raggiunti quando era sulla panchina dell’Hoffenheim (Alexander Hassenstein/Getty Images)

Da quando l’imprenditore Dietrich Mateschitz ha iscritto il club al campionato di quinta divisione – era il 2009 – la crescita è stata costante e lineare, ma anche sostenibile, organica: merito anche della capacità di valorizzare i giocatori. Se uno scouting di primissimo livello è la chiave per individuare il talento prima che diventi irraggiungibile sul mercato, la tappa successiva è lo sviluppo sotto il profilo umano e calcistico, con il lavoro sul campo. La gestione della partenza di Timo Werner in estate aiuta a spiegare il concetto partendo proprio dal lavoro congiunto di staff tecnico e dirigenza: il club, teoricamente, lo ha sostituito con Alexander Sørloth, ma era evidente che il norvegese da solo non avrebbe potuto rimpiazzarlo. Allora sono arrivati anche Hee-chan Hwang dai cugini di Salisburgo e Kluivert in prestito dalla Roma (c’era da rimpiazzare anche Schick).

Poi però la palla è passata al campo, laddove allenatore e collaboratori hanno dovuto ridisegnare parte dell’impianto tattico e costruire nuovi meccanismi – compreso il possesso palla più ragionato. Così si prova a far emergere sviluppare altre qualità dei giocatori già in rosa: è il caso di Angeliño – di proprietà del Manchester City – autore già di sette gol e cinque assist in 17 presenze nella veste di esterno a tutta fascia con compito di attaccare l’area (ma mascherato da laterale di difesa); o Emil Forsberg, impiegato anche da centravanti atipico e autore già di tre gol e tre assist in tutte le competizioni.

Lo scouting e la valorizzazione del talento sono un segmento che aiuta a spiegare l’integrazione verticale tra tutti i soggetti che operano all’interno della società. Tutti guidati da un meticoloso approccio analitico. Sul New York Times Rory Smith ha raccontato la metodologia di lavoro del Red Bull Lipsia partendo da un’immagine: «Da quando era arrivato Rangnick, i giocatori dovevano arrivare alla struttura di allenamento 90 minuti prima dell’inizio di una sessione in modo che potessero sottoporsi a esami della saliva e del sangue; entro 30 minuti, Rangnick e il suo staff avrebbero saputo quanto si sarebbero allenati i giocatori quel giorno e quanto duramente. Hanno fatto test per le allergie – glutine e lattosio – e hanno modificato la dieta dei giocatori. Poi hanno consultato un esperto per dire loro come regolarizzare il sonno». L’intera impalcatura societaria si basa su informazioni scientifiche che aiutano il club a crescere, tanto quanto i risultati sul campo.

Amadou Haidara è un perfetto esempio di calciatore allevato nell’universo Red Bull: la divisione calcio della multinazionale austriaca l’ha scovato in Mali, suo Paese d’origine, poi l’ha fatto passare attraverso tutti gli step, dal Liefering (club satellite del RB Salisburgo) al Salisburgo e poi al Lipsia (Maja Hitij/Getty Images)

Nel lavoro del Lipsia c’è anche il vantaggio di poter operare all’interno di un network che connette New York, Salisburgo e Lipsia (e in misura minore Campinas, in Brasile), creando economie, conoscenze e competenze di scala. Ma adesso il Lipsia sta andando oltre la galassia delle squadre Red Bull: viaggia su altri ritmi, altri livelli, altri valori. Competere per i risultati più importanti in Bundesliga e avere un ruolo in Champions League comporta esigenze e parametri incompatibili con una squadra di MLS o della Bundesliga austriaca.

Pur in un contesto di alto livello come il campionato tedesco, la squadra di Nagelsmann non ha ancora urtato il soffitto: fatta eccezione per l’impossibilità di mettere a bilancio l’acquisto di un cartellino da 150 milioni, la crescita tecnica, tattica e mentale della squadra non sembra incontrare ostacoli. Al punto che oggi il Red Bull Lipsia, forse la squadra più odiata del calcio tedesco, sembra essere destinato a costruire una rivalità duratura e di altissimo livello con il Bayern Monaco. Ne scriveva una settimana fa il Guardian, ipotizzando un’altra sfida epica, destinata a entrare nella storia del calcio tedesco, proprio come il Der Klassiker tra i bavaresi e il Borussia Dortmund. L’immagine dei bullen come outsider non esiste più, ormai da un po’.