Tre cose sulla 15esima giornata di Serie A

L'importanza enorme di Lukaku, il Milan che cancella i dubbi, una nuova Atalanta.

La perfetta identificazione tra Lukaku e l’Inter

La prima tripletta di Lautaro Martínez, i sei gol al Crotone, l’ottava vittoria consecutiva in campionato. Ci sarebbero e ci sono tanti temi inerenti all’Inter di Conte, eppure basta riguardare gli highlights della prima gara del 2021 per rendersi conto che tutto il mondo nerazzurro, sempre di più, gira intorno a Romelu Lukaku. È difficile trovare, nel nostro campionato, un giocatore più influente del centravanti belga: certo, ci sono Cristiano Ronaldo e Ibrahimovic, leader tecnici e carismatici della Juve e del Milan, solo che le squadre di Pirlo e Pioli hanno dimostrato di possedere sistemi tattici che possono prescindere, almeno per un po’, dai loro uomini-simbolo. L’Inter, invece, gioca al ritmo di Lukaku, in base alle sue qualità. Potrebbe essere un problema e invece è una risorsa enorme, perché l’ex attaccante di Everton e Manchester United sa fare tantissime cose, con il suo fisico, con la tecnica, con un mix di qualità uniche che lo rende straripante, anzi incontenibile, soprattutto nell’arco lungo di una gara intera, per la stragrande maggioranza delle difese italiane – e non solo italiane, considerando i quattro gol realizzati in cinque gare di Champions League. Gli highlights di Inter-Crotone, si diceva: ecco, basta riguardarli e vedrete che tutti i gol significativi dell’Inter – cioè quelli segnati dai nerazzurri prima che la partita fosse decisa – nascono da una giocata di Lukaku, dalla sua forza, da una sua intuizione, dalla sua intelligenza. Il punto è che prestazioni totali come quella contro la squadra di Stroppa non sono un’eccezione, piuttosto sono una consuetudine: in 19 gare stagionali, il belga ha messo insieme 16 gol e tre assist, in totale con l’Inter fanno 50 marcature e nove passaggi decisivi in 70 presenze ufficiali. Numeri spaventosi, anche in senso negativo: l’infortunio rimediato nel finale della gara di ieri non dovrebbe essere grave, ma di certo lo terrà fuori almeno per la partita dell’Epifania contro la Sampdoria. L’Inter di Conte senza Lukaku è una squadra che non abbiamo mai visto, che forse non esiste ma dovrebbe imparare a farlo, se vuole mantenere il posto nella lista delle favorite allo scudetto. Quello status, con Romelu in campo, le spetta di diritto.

Eccoli qui, gli highlights

Non ci sono più dubbi, sul Milan

La vittoria del Milan a Benevento, date le premesse e la disparità potenziale dei valori in campo, poteva sembrare scontata. Oggi, invece, i rossoneri celebrano un successo dal significato enorme, perché arrivato al termine di una partita dall’andamento completamente diverso dalle attese. Un dato su tutti: la squadra di Inzaghi, al fischio finale, risulta aver tentato 25 volte la conclusione verso la porta di Donnarumma. Certo, su questa cifra sproporzionata incidono l’espulsione di Tonali, i 60 minuti di gioco con un uomo in meno, la fortuna avuta in alcuni frangenti del match, che si è manifestata anche quando Caprari ha sbagliato il rigore del possibile 1-2. Ma il punto è proprio questo: la squadra di Pioli è riuscita a venire a capo di una gara strana e condizionata dagli episodi grazie alle sue risorse storiche, ma anche grazie a a una tenacia e a un’abnegazione che stridono un po’ con la narrazione di banda felice, di ragazzi alla riscossa in grado di prendersi il primato grazie alla loro freschezza, al loro gioco veloce, diretto, verticale. Il Milan visto a Benevento ha saputo soffrire, è uscito indenne da una partita iniziata ad handicap – erano assenti, tutti insieme, Ibrahimovic, Bennacer, Theo Hernández e Saelemaekers – e proseguita su questa falsariga, dopo il rosso diretto a Tonali. Certo, i rossoneri erano già passati in vantaggio grazie al rigore di Kessié, ma poi il Benevento ha iniziato a sfruttare la superiorità numerica, ha schiacciato il Milan con la forza del suo gioco e avrebbe meritato di segnare almeno un gol. Non sarebbe bastato, perché poi Leão ha segnato una delle reti più belle della stagione, l’ennesima certificazione del suo valore e delle qualità non banali a disposizione di Pioli. Ecco, questa è la chiave: il Milan ha dissolto tutti i dubbi sulla sua consistenza, sul suo status, vincendo tante partite in modo diverso, crescendo sempre un po’. Il primato dei rossoneri non è un caso, non può più esserlo, ed è bello e significativo che lo stress-test della sfida contro la Juve arrivi proprio in questo momento, quando è giusto parlare della squadra rossonera come di un’autorevole candidata allo scudetto, non di un’outsider alla ricerca di una legittimazione.

Le immagini di una vittoria davvero significativa

L’Atalanta è cambiata ed è tornata

Tre gol alla Fiorentina, quattro alla Roma, cinque al Sassuolo nelle tre ultime gare giocare in casa. Un crescendo che spazza via le incertezze, che cancella i legittimi dubbi, che certifica il ritorno della vera Atalanta, solo in una versione diversa rispetto a quella che ci ricordavamo. La forza inesauribile del progetto di Gasperini si è manifestata per l’ennesima volta in quello che era un vero e proprio scontro diretto per la zona-Europa, considerando che il Sassuolo aveva quattro punti di vantaggio sull’Atalanta  – ora i bergamaschi sono a -1 dalla squadra di De Zerbi, con una partita da recuperare. E il discorso non si esaurisce nella semplice e scontata cesura pre-Gómez e post-Gómez, quanto nel modo di affrontare una transizione dall’impatto potenziale così elevato sugli equilibri tattici ed emotivi della squadra bergamasca: Pessina non è un giocatore simile al Papu e non lo sarà mai, eppure il suo contributo è già prezioso nel gioco ad alta intensità del suo allenatore; anche la personalità e la leadership dell’argentino, ormai ex capitano, sono state redistribuite, diluite per tutti i suoi compagni: il primo pensiero va inevitabilmente al peso di Ilicic – non è un caso che l’Atalanta abbia avuto un rendimento meno brillante, più zoppicante, in sua assenza – ma anche alla crescita ormai esponenziale di Freuler, che da tempo ormai va oltre il lavoro oscuro da mediano davanti alla difesa, e ha anche ereditato la fascia da Gómez. Insomma, mentre dava vita una delle squadre più divertenti e peculiari d’Europa, Gasperini pensava già al futuro, un futuro che forse è arrivato più presto – e in maniera più traumatica – del previsto. Se oggi l’Atalanta può pensare di qualificarsi ancora, di nuovo, per la Champions League, e – perché no? – di mettere in difficoltà il Real Madrid negli ottavi di finale, lo deve al lavoro di un allenatore che non fa compromessi con il tempo e con le persone, che mette la squadra e la sua identità davanti a tutto e a tutti, e che ora sta iniziando a raccogliere i frutti dell’ennesima ricostruzione preparata un po’ di nascosto, sul campo d’allenamento e nelle stanze in cui ha costruito un rapporto perfetti con la dirigenza, ovvero i luoghi dove nascono i progetti in grado di rinnovarsi, quelli più solidi, più duraturi.

Atalanta-Sassuolo 5-1

L’importanza enorme di Lukaku, il Milan che cancella i dubbi, una nuova Atalanta.